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Calo delle nascite: frutto dell’antica modernità

Il calo delle nascite è un fenomeno che ha radici nel passato: la lunga espansione demografica dell’ottocento preparava già l’inverno delle culle di oggi

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 17 Mar. 2017

Il calo delle nascite, che secondo l’ISTAT ha toccato nuove profondità nel 2016, ha un’origine meno recente di quel che si potrebbe credere. Il ritardo del matrimonio e la pianificazione delle gravidanze sono frutti della modernità, ma non della modernità recente e consumistica, ma di quella più antica iniziata già nel seicento in Olanda e poi proseguita nei secoli successivi in Inghilterra, in Europa e nel mondo.

Articolo di Giovanni Maria Ruggiero, una prima versione è stata pubblicata su Linkiesta, 11 marzo 2017

 

Una modernità antica, che precede la rivoluzione industriale e che è stata chiamata la “rivoluzione industriosa” dall’economista olandese Jan De Vries. Già allora si piantarono i semi che oggi diradano le nascite. In quei secoli si diffuse una visione attiva della vita che poneva il lavoro e non la natura al centro della vita dell’uomo e della donna, che proponeva una gestione razionale e calcolata e non istintiva del tempo, che promuoveva un aumento dei consumi e della produzione di beni voluttuari grazie alla invenzione di nuove attività lavorative di tipo artigianale che andavano al di là della produzione agricola di cibo.

Erano soprattutto le donne a intraprendere queste nuove attività lavorative, a trasformare le antiche mansioni del cucito e del ricamo in una prima industrializzazione artigianale e familiare, in una sorta di proto-femminismo della prima modernità. Si diffuse anche una propaganda moralizzatrice –intenzionalmente religiosa ma dagli effetti laici e secolari, come vedremo- contro l’alcolismo e in favore dell’igiene, dell’autocontrollo soprattutto sessuale, della cura dei figli e del risparmio.

L’autocontrollo sessuale della prima modernità fu il primo passo verso l’odierna diminuzione delle nascite. Non fu affatto frutto di una pressione sociale dall’alto, non fu affatto ispirata dalle istituzioni religiose e aristocratiche dell’antico regime. Papi, re e imperatori, preti e funzionari erano stati sempre disinteressati alle abitudini sessuali dei loro sudditi e fedeli e condividevano con loro un libertinismo spontaneo e naturale. Un po’ iniziarono i pastori luterani e calvinisti a esercitare un invito all’autocontrollo che comprese anche l’area sessuale.

Ma fu soprattutto la gente, la gente comune che si astenne sempre di più, iniziando la lunga risacca di quasi quattro secoli di denatalità che oggi raggiunge nuovi abissi. E perché iniziò ad astenersi? Suonerà strano al nostro orecchio sessualmente liberato, ma i primi moderni si astennero proprio per essere più liberi. Liberi dalla schiavitù della prole infinita, liberi di non diventare proletariato schiavo della povertà, liberi di lavorare e di realizzarsi nel lavoro e di produrre i primi beni di consumo, le prime comodità: alcolici, vestiti, mobili, sedie, pipe e sigari, piatti e posate, candele e poi lampade, finestre, infissi e serramenti, modanature, specchi, tovaglie, argenteria varia e varia chincaglieria, tappeti e tende, zuccheriere e caffettiere e tanti, tanti altri oggetti quotidiani che resero la vita più comoda e più industriosa come mai prima, appunto.

Astenersi dal sesso e fare meno figli significava poter pianificare meglio la propria vita, programmare una carriera lavorativa e costruirsi una vita individuale e soprattutto individualistica. Questa prima diminuzione delle nascite passò inosservata. Perché? Perché al tempo stesso migliorano enormemente le condizioni igieniche e quindi crollò la mortalità infantile, cosicché per un paio di secoli la popolazioni occidentali continuarono a crescere, malgrado il diminuire delle nascite. Meno nati, ma anche meno morti tra i bambini.

Nel frattempo le ondate dello sviluppo industriale si susseguivano. Alla rivoluzione industriosa seguì quella industriale vera e propria, poi le successive rivoluzioni tecnologiche e delle comunicazioni: motore a vapore, motore a scoppio, telegrafo, telefono, e il treno e produzione industriale di massa. Cresceva l’alfabetizzazione, l’acculturazione e la consapevolezza individuale di massa.

E a questo punto si aprì una strana parentesi. Quale parentesi? Nel tardo ottocento ci fu un intervallo neo-patriarcale, curiosamente da molti attribuito alla Chiesa Cattolica, che invece c’entrava poco o nulla. C’entrava invece –suona ancora più strano- la modernità borghese sempre più laica e secolarizzata. Dopo l’industriosità artigianale delle donne e dopo lo sfruttamento industriale del lavoro minorile e femminile del primo ottocento esplose una nuova prosperità pre-consumista che risospinse momentaneamente le donne in casa per una cinquantina d’anni, fino alla prima guerra mondiale almeno. Può sembrare una regressione, ma era invece frutto anche di una inaudita prosperità economica che consentiva alla famiglia borghese di vivere –e vivere bene- col solo lavoro del capofamiglia.

Ma non si trattava solo di benessere, ma di una nuova cultura emotiva e psicologica, frutto di una nuova consapevolezza e conoscenza dell’infanzia e delle cure che occorre dare ai bambini. Trascurati e perfino maltrattati per millenni, i bambini furono scoperti nell’ottocento. In quel secolo fu inventata l’infanzia come età debole e vulnerabile da proteggere.

Nei secoli precedenti l’infanzia era stata protetta solo con il numero, il grande numero dei figli fatti di cui pochi raggiungevano l’età adulta. Nell’ottocento –in cui malgrado le apparenze i figli diminuiscono ma riescono finalmente a sopravvivere quasi tutti al massacro della mortalità infantile – i fanciulli per la prima volta sono protetti con la cura e l’amore.

I romanzi di Dickens diffondono una nuova sensibilità verso i bambini e le bambine maltrattate. Mentre nel Satyricon di Petronio si parla con noncuranza dello schiavetto usato dai protagonisti per i loro giochi sessuali (ci avete mai fatto caso, a quel bambino schiavo sballottato come un oggetto per pagine e pagine? Come abbiamo fatto a non commuoverci? Il cuore di pietra del paganesimo ce l’ha fatta sotto il naso?); mentre nel Lazarillo de Tormes un altro ragazzino sopravvive tranquillo a incredibili avventure (e già va meglio, già c’è una nuova attenzione per il bimbo); in Dickens finalmente ci si commuove per le vicissitudini di Oliver Twist, di Davide Copperfield e soprattutto di Amy Dorritt, una bambina, qualcosa di mai visto in letteratura.

La parentesi neo-patriarcale del tardo ottocento potrà pure essere stancamente interpretata come un ritorno al potere maschile dopo il caotico “liberi tutti!” della rivoluzione industriale, oppure no. Oppure è anch’essa un passo avanti: le donne tornano in casa, ma il loro essere casalinghe è una scoperta dei bambini, dei figli, esseri prima mai visti. E questi figli e figlie cominciano a essere amati e curati in una misura mai avvenuta, e diventano un tesoro da proteggere. Si comincia a pensare sempre di più che essere genitori è una responsabilità, una grande responsabilità. Ci si mettono poi anche la psicoanalisi e la psicologia a rendere tutti sempre più consapevoli di quale grave compito sia essere genitori. E l’ansia sale. E la natalità scende.

Passano altri cinquant’anni, passano due guerre mondiali e arrivano altre rivoluzioni sociali e non solo. Rivoluzioni forse in contrasto con le epoche precedenti, ma anche in continuità. Le donne escono di nuovo fuori di casa, ma non è la prima volta che accade, come ci piace credere. Come nel periodo precedente, quando le guerre napoleoniche e la rivoluzione industriale avevano tenuto gli uomini lontano dal focolare consentendo alle donne di accedere all’ambiente del lavoro, anche in questo caso due guerre e il diffondersi di nuove occasioni di lavoro sempre più abbondanti consentono alle donne di liberarsi. Dopo l’incubazione al caldo della crescente prosperità degli anni ’50 del novecento, l’esplosione della ricchezza diffusa degli anni ’60 consente una definitiva liberazione sociale e sessuale. L’incremento di sensibilità verso i bambini raggiunge nuovi traguardi e si unisce –paradossalmente- a un incremento di individualismo e di fame di divertimento che rendono il fare figli un atto sempre più pensato e pianificato.

E poi c’è il sesso. Fino a quel momento temuto e allontanato come una trappola, con la contraccezione il sesso finalmente diventa anch’esso un bene voluttuario, un consumo e un consumismo, in continuità con la produzione industriale di beni voluttuari iniziata in Olanda tre secoli prima. Si può infine abbandonare la repressione sessuale e liberarsi anche in quella dimensione, ricordandoci però che l’autocontrollo repressivo era stato abbracciato trecento anni prima come mezzo di libertà individualistica e borghese. Prima della pillola, il sesso era immediatamente gravidanza e quindi solo un enorme ostacolo per la realizzazione personale. Ora invece ci si può scatenare ed esplode un po’ tutto: la musica esplode, esplodono le anche di Elvis Presley, esplodono le urla delle adolescenti allo Shea Stadium dove cantano i Beatles.

Insomma, i contrari si toccano. La lunga espansione demografica dell’ottocento nascondeva già un calo delle nascite e preparava l’inverno delle culle di oggi, l’astinenza sessuale dell’ottocento era stata il terreno di coltura della liberazione individualistica e sessuale degli anni ’60.

Ciò che non cambiava e non cambia è la nuova, enorme sensibilità verso i bambini. Sesso come bene di consumo e bambini da curare perfettamente senza possibilità di errore rendono ormai la riproduzione un evento sempre più complesso e angosciante per gli aspiranti genitori dello stanco Occidente. Il calo delle nascite colpisce in particolare l’Europa meridionale, ma non risparmia l’Europa nordica e le coste degli Stati Uniti. Solo la Francia è in precario pareggio grazie ai migranti, peraltro rapidissimi a inaridire la loro fertilità appena approdano sulle nostre rive. Le grandi pianure interne degli Stati Uniti per ora continuano a figliare, forse grazie soprattutto agli ispanici. L’Oriente del Giappone e della Corea è anch’esso incapace di prolificare e un po’ dappertutto il rapporto con la maternità ormai è un film horror.

È un paradosso che, mentre la popolazione mondiale non è mai stata così numerosa, ci si debba al tempo stesso preoccupare di un futuro senza bambini con milioni di vecchi letteralmente privi di assistenza, privi di un numero sufficiente di giovani nipoti in grado di averne cura. Basteranno le badanti? O ci faremo fuori tutti, teneri vecchietti, in una festa mondiale dell’eutanasia? La singolare convergenza di attenzione estrema all’infanzia e di desiderio individualistico hanno prodotto questa strana crisi, in cui ci si deve preoccupare di tutto e del contrario di tutto: sovrappopolazione e denatalità. È la modernità, e non puoi farci nulla.

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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