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La statistica in psicologia – Introduzione alla psicologia

La statistica in psicologia è una disciplina che permette di studiare e misurare con metodi scientifici comportamenti, atteggiamenti e fenomeni psichici.

Di Francesca Fiore

Pubblicato il 01 Feb. 2017

La statistica in psicologia è una disciplina che permette di studiare e misurare comportamenti, atteggiamenti e i fenomeni psichici oggetto di studio della psicologia.

Realizzato in collaborazione con la Sigmund Freud University, Università di Psicologia a Milano

 

La statistica in psicologia

La statistica in psicologia consente di trarre conclusioni e prendere decisioni partendo da dati ricavati da un gruppo di soggetti di dimensioni limitate, accomunati tutti dalle stesse caratteristiche. Le diverse procedure di calcolo utilizzate permettono di generalizzare i risultati osservati sui gruppi, alla popolazione generale, individuando caratteristiche nuove rispetto a quelle già esistenti. La statistica è uno strumento molto potente che consente di aggiungere nuova conoscenza alla conoscenza esistente ed è alla base della ricerca.

 

L’utilizzo della statistica in psicologia, breve storia

La statistica approda in psicologia alla fine dell’800 con l’arrivo della psicologia sperimentale. In questo periodo nasceva l’esigenza di misurare e quantificare tutto ciò che era osservabile allo scopo di renderlo scientifico. Scaturisce un filone di ricerca quantitativa ovvero dati, numeri, riguardanti i fenomeni psichici oggetto di studio, cui era possibile applicare procedure statistiche di inferenza e di verifica delle ipotesi.

La psicologia, però, era costituita anche da manifestazioni non sempre rappresentabili solo ed esclusivamente da un numero e, di conseguenza, quasi contemporaneamente si stava sviluppando lo studio delle qualità presentate da questi elementi, che permettesse di far emergere una maggiore variabilità, tipica caratteristica di ogni essere umano.

Alla fine di ogni misurazione si otteneva un numero o un’etichetta che poteva essere elaborata attraverso delle procedure di calcolo statistiche da cui si inferivano conclusioni nuove rispetto a quelle già esistenti. Lo scopo era sempre giungere a una maggiore comprensione del fenomeno psichico oggetto di studio.

 

A cosa serve la statistica in psicologia

La statistica ha sempre svolto un ruolo importante nelle scienze, e di conseguenza anche nella psicologia, fin da quando è nato il metodo sperimentale. Con l’avvento del metodo sperimentale si è iniziato a voler misurare e quantificare i diversi fenomeni psichici. Grazie a una serie di procedure di calcolo era possibile valutare il sintomo individuandone presenza o assenza o confrontarlo con altre patologie. In questo modo, nasceva la psicometria ovvero l’uso della statistica applicata alla psicologia.

Si dava origine, dunque, al concetto di misurazione dei fenomeni psichici che dovevano essere quantificati tramite delle scale che permettevano di rilevarne le caratteristiche e le peculiarità. La misurazione, ovvero ciò che va aldilà del semplice conteggio, non sempre risulta essere una procedura esatta perché soggetta a errore. Per ovviare a questo problema gli scienziati hanno messo a punto dei metodi di misurazione in grado di raggiungere elevati livelli di precisione e applicabili a variabili con caratteristiche diverse. La precisione raggiungibile dipende dagli scopi che si intende perseguire, da ciò che si vuole misurare e dallo strumento utilizzato. Misurazioni effettuate ripetutamente su uno stesso oggetto con lo stesso strumento o misurazioni simultanee effettuate con diversi strumenti dello stesso tipo producono dei risultati estremamente simili, grazie alla estrema oggettività dovuta allo strumento utilizzato.

Le diverse scale di misurazione, dunque, contengono indici numerici aventi le caratteristiche del sistema numerico, come la presenza dello zero e le eguali distanze interposte tra i numeri presenti sulla scala.

I primi studi sistematici di misurazione in ambito psicologico riguardarono l’intelligenza, e hanno permesso di far evincere le caratteristiche della stessa e di far emergere le diverse componenti di cui è costituita. Dall’intelligenza, si passa alla memoria e più tardi si era cercato di misurare la personalità, gli atteggiamenti e i comportamenti delle persone. Non tutti questi fenomeni psicologici possono essere direttamente misurati, per questo il più delle volte ci si focalizza sui loro effetti o comportamenti.

In psicologia, dunque, attraverso l’applicazione di apposite tecniche di misurazione è possibile rilevare le diverse caratteristiche psichiche quantificando le proprie manifestazioni. Grazie alle scale di misurazione i numeri ottenuti possono essere successivamente elaborati attraverso l’applicazione di particolari calcoli statistici.

Si parte, dunque, dallo studio dei singoli fenomeni psichici per arrivare a osservare gruppi di individui accomunati dalle stesse caratteristiche che si vuole studiare. Lo scopo è di quantificare le variabili coinvolte in determinati manifestazioni collettive, descrivendole e misurandole. Gli scienziati psicologi solo più tardi cominciarono a interessarsi alle relazioni funzionali esistenti tra le variabili analizzate individuandone le relazioni e le causazioni.

 

La statistica in psicologia: da cosa è costituita

La statistica o psicometria usa i numeri per descrivere le proprietà degli oggetti ed eventi con una precisione di gran lunga superiore alle espressioni verbali. Senza i numeri, la comunicazione sarebbe vana e lo sviluppo della scienza e della tecnologia sarebbe molto limitata.

In psicologia il numero è in grado di rappresentare le caratteristiche e la grandezza di un determinato fenomeno psichico. Spesse volte questo processo è piuttosto arduo perché la variabile oggetto di studio non è immediatamente misurabile e per questo bisogna riferirsi al comportamento manifesto. Rilevare la presenza di un dato fenomeno su una grossa fetta di soggetti rende possibile generalizzare lo stesso alla popolazione generale.

Gli strumenti utilizzati per quantificare un fenomeno psichico sono i test.

I test o più esattamente i reattivi psicometrici sono degli strumenti standardizzati, ovvero con regole uguali per tutti, di indagine psicologica e producono valutazioni quantitative del comportamento osservato. Entrando nel dettaglio, i test psicometrici hanno lo scopo di misurare degli aspetti dell’attività psichica, del comportamento e della personalità.

I test sono stati introdotti in psicologia sperimentale a fine Ottocento, quando nasceva l’esigenza di misurare i comportamenti manifesti, e furono sempre più utilizzati. I test presentano una serie di parametri che li rendono assolutamente validi, ovvero estremamente precisi nel valutare una determinata variabile. Un test è valido quando misura effettivamente quello che dice di misurare. Inoltre, il risultato ottenuto deve essere attendibile, ovvero costante se ripetuto nel tempo o sullo stesso soggetto in tempi diversi.
Ottenuto un valore numerico, indicante la presenza o assenza di un fenomeno psichico, deve essere elaborato attraverso l’applicazione di procedure statistiche che permettono di far evincere relazioni o differenze tra le variabili a seconda dello scopo da perseguire.

Misurare tramite test una variabile su un gruppo di individui produce quasi sempre una gran quantità di valori numerici differenti, che per essere resi comprensibili devono essere ordinati ed elaborati, perché la variabilità che differenzia una persona dall’altra è molto forte, basti pensare alle differenze esistenti tra l’altezza, il peso, la costituzione fisica, gli atteggiamenti e le credenze, le abilità cognitive, i modi di reagire nelle diverse situazioni. A questo punto entra in gioco la statistica, che permette di rendere minime le diversità, grazie a una serie di procedure, atte a far emergere le caratteristiche psichiche oggetto di studio riducendo al minimo l’errore.

Ad esempio se si volesse misurare il grado d’ansia presentato da un gruppo di studenti universitari prima di affrontare un esame si utilizza un test in grado di rilevare la presenza del sintomo. Si ottiene in questo modo un numero medio che corrisponde all’ansia mostrata dall’intero gruppo di individui. Se si volesse verificare se questa ansia è più alta o più bassa rispetto alla popolazione generale si confronta il punteggio ottenuto con quello di un gruppo di controllo, avente la stessa numerosità del precedente, a cui è stata misurata la stessa variabile. Grazie a un test statistico che permette di effettuare un confronto è possibile rilevare una significatività a carico dell’uno o dell’altro gruppo.

Chiaramente è necessario ricordare che gli individui non sono solo dei numeri, ma il numero funge da rilevatore oggettivo di un sintomo che deve essere letto tenendo conto della storia del sintomo presentata dal soggetto stesso.
Quindi, è importante integrare la statistica con l’approccio qualitativo che rende più corposo e più ricco il sintomo stesso dotandolo di significato.

 

Sigmund Freud University - Milano - LOGORUBRICA: INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Watson J.B., La psicologia da un punto di vista comportamentista, 1913 in Arrigo Pedoni, Manuale di Psicologia, Armando, Roma 2003. Ercolani, P., Areni, A., Leone, L. (2001). Statistica per la psicologia. Vol. 1: Fondamenti di psicometria e statistica descrittiva. Il Mulino, Bologna.
  • Pedrabissi, L. & Santinello, M. (1997). I test psicologici. Teorie e tecniche. Il Mulino, Bologna.
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