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Il legame tra split brain e “coscienza divisa”: un’evidenza smentita?

E' stato dimostrato che lo split brain derivante dalla resezione del corpo calloso non implica due percezioni coscienti indipendenti in un solo cervello.

Di Marianna Bottiglieri

Pubblicato il 07 Feb. 2017

Un nuovo studio contraddice l’evidenza consolidata che il cosiddetto “split brain” produca nei pazienti una “coscienza divisa”. Invece, i ricercatori dello studio, condotto da Yair Pinto, psicologo dell’Università di Amsterdam, hanno rilevato forti evidenze che mostrano che, nonostante questa operazione produca da una scarsa a un’assente comunicazione tra l’emisfero destro e sinistro, lo split brain non provoca due percezioni coscienti indipendenti in un solo cervello.

 

Split brain: il cervello diviso dopo la resezione del corpo calloso

Split brain” è un termine utilizzato per descrivere il risultato di una resezione del corpo calloso, una procedura chirurgica che è stata eseguita per la prima volta negli anni ’40 per alleviare le forme di epilessia gravi nei pazienti. Durante questa procedura, il corpo calloso, un fascio di fibre neurali che connette gli emisferi destro e sinistro, viene sezionato per prevenire il diffondersi dell’attività epilettica tra le due metà. Se da un lato questa procedura è nella maggioranza dei casi utile ad alleviare l’epilessia, dall’altro lato essa elimina anche la possibilità che i due emisferi cerebrali comunichino, così da avere come risultato un “cervello diviso” (da qui “split brain“).

Questa condizione è stata resa celebre dal lavoro del premio Nobel Roger Sperry e di Michael Gazzaniga. Nello svolgimento del proprio lavoro, Sperry e Gazzaniga hanno scoperto che i pazienti con “split brain“, potevano rispondere solo con la mano destra a stimoli all’interno del campo visivo destro e viceversa. Questo fatto è stato utilizzato come prova per affermare che la resezione del corpo calloso causasse una consapevolezza separata per ciascun emisfero.

Per la propria ricerca, Pinto e altri ricercatori hanno condotto una serie di test su due pazienti che erano stati sottoposti ad una resezione del corpo calloso. In uno dei test, i pazienti erano posti di fronte ad uno schermo e gli erano mostrati vari oggetti disposti in diverse posizioni. Ai pazienti quindi veniva chiesto di confermare se un oggetto comparisse e di indicare la sua posizione. In un altro test, essi dovevano denominare correttamente l’oggetto che avevano visto, un compito di nota difficoltà per i pazienti in condizione di split brain.

 

Ma lo split brain implica davvero una coscienza divisa?

[blockquote style=”1″]Il nostro obiettivo principale era di determinare se i pazienti avrebbero avuto performances migliori rispondendo con la mano sinistra, rispetto alla mano destra, a stimoli nel loro campo visivo sinistro e viceversa[/blockquote] afferma Pinto, professore di Psicologia Cognitiva.

[blockquote style=”1″]Questa domanda era basata sulla nozione da manuale che esistano due agenti coscienti e indipendenti: uno che processa il campo visivo sinistro e controlla la mano sinistra, l’altro che processa il campo visivo destro e controlla la mano destra.[/blockquote]

Con stupore dei ricercatori, i pazienti riuscivano a rispondere agli stimoli in tutto il campo visivo con tutti i tipi di risposta: mano destra, mano sinistra e verbalmente.

Pinto afferma: [blockquote style=”1″]I pazienti potevano indicare accuratamente se un oggetto fosse presente nel campo visivo sinistro e definire con precisione la sua posizione, anche quando rispondevano con la mano destra o a livello verbale. Questo a dispetto del fatto che i loro emisferi cerebrali potessero comunicare difficilmente tra loro e farlo alla velocità di trasmissione di circa 1 bit al secondo, che è meno di una normale conversazione. Ero così sorpreso che ho deciso di ripetere gli esperimenti diverse altre volte con tutti i tipi di controllo.[/blockquote]

Secondo Pinto, i risultati evidenziano chiaramente l’unità della consapevolezza nei pazienti con “split-brain“.

[blockquote style=”1”]L’opinione affermata dei pazienti con split-brain, implica che le connessioni che trasmettono un’enorme quantità di informazioni siano indispensabili per una “coscienza unificata cioé, un agente consapevole in un solo cervello. I nostri risultati, tuttavia, svelano che anche quando i due emisferi sono completamente isolati l’uno dall’altro, l’intero cervello è ancora capace di produrre un solo agente conscio.[/blockquote]

Nell’immediato futuro Pinto condurrà delle ricerche su altri pazienti con resezione del corpo calloso, per appurare se questi risultati potranno essere replicati. Il fenomeno, infatti, è sempre più raro ma rappresenta l’unico modo per comprendere cosa accada quando dei sistemi cerebrali importanti non comunicano più gli uni con gli altri.

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