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Qualcuno volò sul nido del cuculo: la rivoluzione psichiatrica di Basaglia – Recensione del film

Qualcuno volò sul nido del cuculo tratta della storia degli ospedali psichiatrici e dell'orrore generato da tecniche disumane utilizzate in quel tempo

Di Manuela Agostini

Pubblicato il 07 Feb. 2017

Qualcuno volò sul nido del cuculo ” è un film del 1975 diretto da Milos Forman e tratto dal romanzo di Ken Kesey in seguito all’esperienza come volontario nell’ospedale Veterans Administration di Palo Alto, California. Con visione poco distaccata descriveva nel romanzo Qualcuno volò sul nido del cuculo l’orrore degli ospedali psichiatrici. Nel film la cruda realtà lancia un messaggio di speranza e libertà, che troverà realizzazione in Italia nel 1978, con la legge 180 di Franco Basaglia.

 

Franco Basaglia: biografia

Franco Basaglia nacque a Venezia, l’11 marzo 1924. Dopo aver conseguito la maturità classica, si iscrisse alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Padova. Laureatosi nel 1949, si specializzò, nel 1953, in malattie nervose e mentali. Lo stesso anno sposò Franca Ongaro, con la quale ebbe due figli e stabilì inoltre una collaborazione anche professionale, soprattutto nella stesura di libri e saggi.

Nel 1958 ottenne la libera docenza in Psichiatria. In quel tempo prestava la sua attività lavorativa a Padova, dove era assistente presso la Clinica di malattie nervose e mentali. Pro-rettore dell’ateneo padovano era all’epoca Massimo Crepet, pioniere della medicina del lavoro ed amico personale di Basaglia, il quale già allora veniva visto, come una ‘testa calda’ .

Nel 1961, questo stato di cose indusse Basaglia a rinunciare alla carriera universitaria e ad andare a Gorizia, dove aveva vinto un concorso per la Direzione dell’Ospedale psichiatrico. L’impatto con la realtà del manicomio fu durissimo. Nel manicomio c’erano cancelli, inferriate, porte e finestre sempre chiuse; catene, lucchetti e serrature ovunque. Le terapie più comuni erano la segregazione nei letti di contenzione, la camicia di forza, il bagno freddo, l’elettroshock, la lobotomia (asportazione dei lobi parietali).

Per Basaglia questo metodo non era rilevante ai fini di guarigione, indipendenza e percorso di ogni singolo malato. Per poter affrontare degnamente la malattia mentale dunque, si convinse che ogni pregiudizio terapeutico doveva essere sospeso. Solo in questo modo il malato poteva cominciare un percorso che portasse ovunque ma non li…in una situazione di immobilità inutile. Sartre, Foucault e Goffman furono la sua ispirazione soprattutto nella critica all’impostazione psichiatrica.

 

L’ARTICOLO CONTINUA DOPO IL TRAILER DI QUALCUNO VOLÒ SUL NIDO DEL CUCULO:

 

La rivoluzione psichiatrica di Basaglia e la denuncia della psichiatria esistente nel film Qualcuno volò sul nido del cuculo

Nel manicomio di Gorizia erano ricoverati circa 650 pazienti: con la direzione Basaglia cominciò, una vera e propria rivoluzione. Vennero eliminati tutti i tipi di contenzione fisica e le terapie di elettroshock, furono aperti i cancelli, facendo si che i malati potessero passeggiare nel parco e consumare i pasti all’aperto ecc. Per i pazienti non dovevano esserci più solo terapie farmacologiche, ma anche rapporti umani rinnovati con il personale della ‘comunità”. I pazienti dovevano essere trattati come uomini.

Nel 1969 lo psichiatra lasciò Gorizia e, dopo due anni passati a Parma alla direzione dell’ospedale di Colorno, nell’agosto del 1971, divenne direttore del manicomio di Trieste, il San Giovanni, dove c’erano quasi milleduecento malati. Basaglia istituì subito, all’interno dell’ospedale psichiatrico, laboratori di pittura e di teatro. Nacque anche la cooperativa dei pazienti, che così cominciavano a svolgere lavori riconosciuti e retribuiti.
Questa volta però Basaglia sentiva il bisogno di andare oltre la trasformazione della vita all’interno dell‘ospedale psichiatrico: il manicomio andava chiuso ed al suo posto andava costruita una rete di servizi esterni, per provvedere all’assistenza della persone affette da disturbi mentali.

La psichiatria, non aveva compreso fino ad allora i problemi del malato mentale, non aveva attuato nessun percorso né riabilitativo né assistenziale o rivolto a guarigione alcuno aveva solo creato un recipiente dove contenere chi soffriva di malattia mentale. Nel 1973 Trieste venne designata “zona pilota” per l’Italia nella ricerca dell’Oms sui servizi di salute mentale. Nello stesso anno Basaglia fondò il movimento Psichiatria Democratica.

Nel gennaio 1977, in una affollatissima conferenza stampa, Franco Basaglia e Michele Zanetti, presidente della Provincia di Trieste, annunciarono la chiusura del San Giovanni entro l’anno e l’anno successivo, il 13 maggio 1978, fu approvata in Parlamento la Legge 180 di riforma psichiatrica.

Nel 79 Basaglia fece un viaggio in Brasile, dove incontrò psichiatri, psicologi, infermieri e studenti, ai quali, attraverso una serie di seminari raccolti poi nel volume “Conferenze brasiliane”, riferì l’esperienza nei manicomi.

La psichiatria democratica doveva allora andare oltre la chiusura dei manicomi ed affrontare quel disagio sociale attraverso il quale miseria, indigenza, tossicodipendenza, emarginazione, delinquenza, conducono alla follia.

Nel novembre del 1979 Basaglia lasciò la direzione di Trieste e si trasferì a Roma, dove assunse l’incarico di coordinatore dei servizi psichiatrici della Regione Lazio. La situazione psichiatrica romana era allora rappresentata da un manicomio enorme e da innumerevoli case di cura private.
Nella primavera del 1980 però un tumore al cervello in pochi mesi lo portò alla morte, avvenuta il 29 agosto 1980.

[blockquote style=”1″]E’ nel silenzio di questi sguardi che egli si sente posseduto, perduto nel suo corpo, alienato, ristretto nelle sue strutture temporali, impedito di ogni coscienza intenzionale. Egli non ha più in sé alcun intervallo: non c’è distanza fra lui e lo sguardo d’altri, egli è oggetto per altri tanto da arrivare ad essere una composizione a più piani di sé, posseduto dall’altro in tutti i piani possibili del suo volto e in tutte le possibili immagini che di volta in volta possono derivare dai vari atteggiamenti che si possono cogliere. Il corpo perché sia vissuto è dunque nella relazione di una particolare distanza dagli altri, distanza che può essere annullata o aumentata a seconda della nostra capacità di opporci. Noi desideriamo che il nostro corpo sia rispettato; tracciamo dei limiti che corrispondono alle nostre esigenze, costruiamo un’abitazione al nostro corpo.[/blockquote]

[blockquote style=”1″]Un malato di mente entra nel manicomio come ‘persona’ per diventare una ‘cosa’. Il malato di mente non è una cosa ma una persona che deve essere aiutata a riprendere in mano la sua vita là dov’è possibile![/blockquote]

Molti film sono stati realizzati sull’argomento ma credo che ancora oggi “ Qualcuno volò sul nido del cuculo ” rimanga il film che meglio racconta una realtà che comunque non si è chiusa nel 1978, ma che continua ad esistere forse trattata con la dignità che merita.

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Manuela Agostini
Manuela Agostini

Dott.ssa in Psicologia della salute clinica e di comunità

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Musatti C., Cinema e psicologia, Cinestudio, Monza 1963
  • Pivetta O., Franco Basaglia, il dottore dei matti. La biografia, Baldini e Castoldi 2014
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