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Le variabili individuali nell’apprezzamento dell’umorismo

L'apprezzamento dell' umorismo può dipendere da numerose variabili tra cui la personalità, il contesto sociale, il genere e da altre variabili psicologiche.

Di Guest

Pubblicato il 16 Gen. 2017

Aggiornato il 08 Dic. 2017 15:47

Da un punto di vista psicologico, l’ umorismo può essere definito come quella particolare disposizione mentale che fa cogliere di ogni situazione, anche la più drammatica, il risvolto comico (ma che non si esaurisce completamente nella comicità) e che si esprime con il riso. Il senso dell’ umorismo può riferirsi ad un tratto di personalità stabile, così come a una caratteristica individuale variabile (Ruch, 1998). 

Silvia Busti Ceccarelli, OPEN SCHOOL PTCR MILANO

 

Si tratta di un costrutto multidimensionale, in cui aspetti emotivi, cognitivi, comportamentali e relazionali interagiscono in maniera dinamica; talvolta i diversi aspetti che caratterizzano l’umorismo sono integrati e legati fra loro, altre volte sono indipendenti e possono essere presenti gli uni senza gli altri (Martin et al, 2003).

Teorie cognitive sull’ umorismo

La psicologia cognitiva, per quanto riguarda la ricerca sull’ umorismo, si pone come interrogativo quale sia il modo in cui un soggetto elabora cognitivamente uno stimolo umoristico: concetto chiave per rispondere a questa domanda è l’incongruità. È possibile definire l’incongruità come una [blockquote style=”1″]caratteristica che risulta nell’interazione stimolo-soggetto quando lo stimolo è difforme dal modello cognitivo di riferimento del soggetto[/blockquote] (Forabosco, 1992). È soggettiva ed elastica in quanto i modelli cognitivi possono differire da soggetto a soggetto e possono modificarsi attraverso l’esperienza.

A partire dagli anni ‘70, il concetto di incongruenza, applicato allo studio dell’umorismo, è stato ripreso in una prospettiva informazionale, ovvero in termini di elaborazione delle informazioni. Secondo Suls (1972), nell’elaborazione di uno stimolo umoristico vi è una prima fase in cui il soggetto percepisce un’incongruità, e una seconda fase di problem solving in cui cerca di risolverla attraverso una regola cognitiva. Ad esempio, si consideri la seguente barzelletta:
“Papà, ti piace la frutta secca?”
“Perché?”
“Oh niente, sta andando a fuoco il frutteto …”

Nella prima fase il soggetto percepisce che c’è incongruità tra la prima domanda e l’ultima risposta del bambino, in quanto il fatto che stia andando a fuoco il frutteto è qualcosa di negativo che apparentemente non è coerente con il significato della domanda iniziale. Tuttavia esiste una regola cognitiva per spiegare l’apparente incongruità: il doppio senso della parola “secca” può aiutare a spiegare la coerenza tra la domanda e il fatto che il frutteto stia bruciando.

L’aspetto forse più interessante di tale teoria, però, riguarda l’ambiguità dell’ incongruità: da una parte viene risolta, ma mai completamente, per cui, dall’altra parte, rimane sempre un qualche elemento illogico nella conclusione. In altre situazioni, come ad esempio nella curiosità, o nella perplessità, l’ambiguità deve essere risolta completamente per arrivare ad una coerenza cognitiva. È invece caratteristico del processo umoristico il fatto che alla fine permanga una certa percezione di incongruità, pur essendo stata contemporaneamente eliminata. Nell’ esempio sopra citato, infatti, anche risolta l’incongruenza, la situazione non appare comunque totalmente logica e lineare.

Se l’incongruità è ritenuta dalla maggior parte dei ricercatori elemento necessario (ma non sufficiente) affinché si generi un’esperienza umoristica, secondo alcuni studiosi non è necessario che vi sia la risoluzione di tale incongruenza: questo è il caso di una persona che scivola su una buccia di banana, oppure dello scherzo della torta in faccia, o degli scherzi dei clown (Gulotta, 2001).
Per fare chiarezza tra il primo modello a due fasi (incongruenza più risoluzione) e il secondo modello a una fase (incongruenza senza risoluzione), un modello informazionale integrato propone che il fattore di base sia sempre la percezione di incongruità e che, anche qualora sia possibile generare umorismo in assenza di risoluzione della stessa, sia necessaria una forma di padronanza cognitiva che gestisca tale incongruità (Gulotta, 2001). Sarà quindi necessario che il soggetto almeno comprenda completamente l’incongruità presente.

I correlati neurali nell’apprezzamento dell’umorismo

Samson (2008) ha misurato i correlati neurali dell’apprezzamento umoristico, così da ampliare le conoscenze rispetto ai processi umoristici cognitivi. Lo strumento di misura principale utilizzato è stata la Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI), oltre a diverse misure comportamentali e self-report.

Il principale punto d’interesse è stato la risoluzione dell’incongruità nello stimolo umoristico. I risultati della ricerca mostrano, nel processo di risoluzione dell’incongruità, l’attivazione del seguente network cerebrale: corteccia prefrontale ventro-mediale, giro frontale inferiore, giunzione temporo-parietale e giro sopramarginale. Nello studio condotto, la zona cingolata anteriore (solitamente coinvolta nel monitoraggio di informazioni erronee e conflittuali), si è attivata solo durante i tentativi di risoluzione dell’incongruità falliti. Inoltre, confrontando l’umorismo che implica risoluzione dell’incongruità con l’umorismo senza senso (illogico, assurdo, che per essere apprezzato non richiede risoluzione di incongruità), è emerso che il primo richiede una maggior attivazione rispetto al secondo, in particolare per quanto riguarda la giunzione temporo-parietale (area implicata nell’integrazione delle informazioni e nella costruzione di coerenza).

Emerge, quindi, che i meccanismi logici con cui si elabora lo stimolo umoristico influenzano i correlati neurali. Inoltre, la ricerca ha messo in evidenza che chi ha un maggior bisogno di esperienze nuove attiva maggiormente l’area prefrontale, le regioni temporali posteriori e l’ippocampo. Questo può essere dovuto al fatto che questi soggetti (experience seeking), poiché alla ricerca di nuovi stimoli mentali, esplorano più intensamente lo stimolo umoristico. È stato verificato anche che gli experience seeking preferiscono l’umorismo assurdo a quello totalmente comprensibile tramite risoluzione di incongruità.

In una ricerca sui correlati neurali dell’ umorismo (Bartolo et al, 2006), su pazienti con lesioni cerebrali, tramite fRMI, è emerso che gli stimoli umoristici, anche se non verbali (in cui quindi non è richiesta l’elaborazione del linguaggio che implicherebbe il coinvolgimento dell’emisfero sinistro), attivano sia l’emisfero sinistro che quello destro. In particolare, le seguenti aree cerebrali: il giro inferiore frontale destro, il giro temporale superiore sinistro, il giro temporale mediale sinistro e il cervelletto sinistro. Siccome le stesse aree si attivano anche durante l’attribuzione di intenzioni nell’osservazione di stimoli non verbali, gli autori ipotizzano che, nel caso degli stimoli umoristici, questo accada durante la risoluzione dell’incongruità. Infine, le analisi della ricerca mostrano che la parte sinistra dell’amigdala si attiva in relazione al divertimento soggettivo; l’amigdala potrebbe quindi giocare un ruolo chiave nel conferire all’umorismo una dimensione emotiva.

Umorismo e differenze individuali

Di fronte a stimoli incongrui che possono generare umorismo, ognuno reagisce in modo diverso e questo può dipendere da numerose variabili quali le caratteristiche di personalità, dal contesto sociale, dal genere e da altre variabili psicologiche.

Gulotta e colleghi (2001) riprendono le ricerche principali che nel corso degli anni hanno studiato le differenze individuali nell’apprezzamento dell’ umorismo, citando un classico schema proposto dallo psicologo israeliano Ziv (1984). Lo schema suddivide i soggetti in base a due dimensioni di personalità: estroversione/introversione e stabilità/instabilità. In questo modo si ottengono quattro differenti tipologie di soggetti: (a) estroverso instabile, che utilizza l’ umorismo come espressione della propria aggressività, non apprezza l’ umorismo intellettuale e l’autoironia e ride anche quando non è opportuno; (b) estroverso stabile, buon fruitore e produttore di umorismo, si sa adeguare bene alle situazioni e usa l’ umorismo come risorsa positiva per il gruppo; (c) introverso instabile, che preferisce l’ umorismo aggressivo e fruibile a livello individuale; (d) introverso stabile: apprezza l’ umorismo intellettuale, i giochi di parole, è affascinato dalle incongruità e dall’ umorismo assurdo.

Inoltre, l’autore introduce una terza dimensione che influenza l’apprezzamento umoristico: la componente intellettiva, che sarebbe direttamente proporzionale all’apprezzamento dell’ umorismo. Secondo Snyder (1974), le persone ad alto monitoraggio (chi sa adattarsi bene a molteplici situazioni sociali), hanno un maggior senso dell’ umorismo. In una ricerca di Overhoser (1992), è stato invece dimostrato che chi usa l’ umorismo come strategia di coping per affrontare situazioni stressanti è meno depresso, meno introverso e ha un livello di autostima più elevato.

Un utilizzo dell’ umorismo in chiave positiva è stato associato a una buona percezione di sé (Kuiper e Martin, 1993) e ad autocontrollo e padronanza della situazione elevati del gestire le sfide che si incontrano nell’arco di vita (Kuiper et al, 2004).
Le ricerche rispetto alle differenze individuali, dalle prime alle più recenti, si muovono in diverse direzioni molto interessanti e quasi tutte sembrano essere unite da un fil rouge che associa l’apprezzamento dell’ umorismo a caratteristiche positive di personalità.

Il senso dell’ umorismo, però, se considerato nella sua globalità, è un costrutto complesso e ben più ampio rispetto al solo concetto di apprezzamento dell’ umorismo. Può essere diviso in due parti: (1) la comprensione dell’ umorismo usato da altri; (2) la produzione di umorismo (Kohler e Ruch, 1996). Questi due aspetti a loro volta contengono diverse componenti: la comprensione di umorismo può essere vista come il prerequisito per l’apprezzamento di stimoli umoristici. A sua volta, anche la produzione umoristica comprende almeno due aspetti: quanto umorismo viene prodotto (fluenza umoristica), e quanto l’ umorismo prodotto viene percepito come divertente (successo umoristico). La relazione tra apprezzamento e produzione umoristica è complessa e studiarla non è un compito semplice.

I dati di Moran e colleghi (2014), in una recente ricerca in cui sono stati usati cartoni animati come materiale umoristico, mostrano come la capacità di produrre umorismo di successo sia negativamente correlata al livello di apprezzamento di umorismo prodotto da altri: all’interno del campione coinvolto, chi faceva più ridere era chi trovava meno divertenti le battute degli altri. Rispetto invece al rapporto tra apprezzamento e produzione umoristica e variabili di personalità, dal loro studio è emerso che il tratto dell’estroversione presenta una correlazione significativamente positiva con l’apprezzamento e significativamente negativa con la produzione umoristica di successo. Gli autori escludono però che questo fattore possa giocare un importante ruolo da mediatore nella relazione negativa tra apprezzamento e produzione umoristica: negli studi futuri sarebbe sicuramente interessante capire quali fattori, insieme a quelli di personalità, possono contribuire a spiegare questa correlazione negativa.

Rispetto al genere, invece, sono stati condotti diversi studi che Sbattella (2008) raccoglie secondo i punti seguenti: (1) l’ umorismo a contenuto sessuale è maggiormente apprezzato dagli uomini, eccetto i casi in cui il bersaglio della battuta è il genere maschile; (2) gli uomini, rispetto alle donne, apprezzano maggiormente l’ umorismo aggressivo.

Una spiegazione possibile a queste due differenze riguarda il timore delle donne di essere mal giudicate a livello sociale, qualora ridano di una battuta aggressiva o a contenuto sessuale.

Nel lavoro di Moran e colleghi (2014) si osserva che le donne presentano livelli più alti degli uomini nell’apprezzamento umoristico, e viceversa per la produzione umoristica di successo. I risultati presentati dagli autori vanno nella stessa direzione di studi precedenti (Thorson e Powell, 1993; Baron-Cohen e Wheelwright, 2004; Samson, 2012), ma senza una significatività statistica. In linea con questi risultati è anche lo studio di Bressler e colleghi (2006) in cui è stata esplorata l’importanza che i soggetti attribuiscono al fatto che il proprio partner sia un buon produttore di umorismo piuttosto che un buon apprezzatore: è emerso che gli uomini preferiscono avere vicino una donna che apprezzi l’ umorismo, mentre le donne un uomo che produca umorismo.

Dalla teoria alla pratica

L’ umorismo studiato in psicologia si rivela come un costrutto multidimensionale non semplice da conoscere a fondo. La sua molteplicità di forme, aspetti, caratteristiche, ne costituisce una ricchezza e anche una debolezza: da un punto di vista della ricerca, non è semplice da operazionalizzare e misurare.

Conoscere l’ umorismo e in quale modo viene fruito può avere diverse ricadute applicative. All’interno della pratica clinica, sapere come e quando utilizzare l’ umorismo con un paziente può essere una risorsa molto utile. Il valore dell’ umorismo, infatti, non si manifesta solo a livello emotivo come possibile induttore di emozioni positive, ma anche su un piano cognitivo, come facilitatore di reappraisal nelle situazioni minacciose e stressanti. Aiutare un paziente a mettere in pratica un buon utilizzo dell’ umorismo può essere per lui non solo benefico del qui ed ora, ma anche adattivo a lungo termine.

Qualunque sia l’intervento terapeutico in cui si inserisce l’utilizzo dell’ umorismo, è importante non perdere di vista il focus della psicologia positiva che, come ricordano Pasinato e Zucchi (2007), consiste nell’individuare le abilità di ciascuna persona e lavorare sul potenziamento di tali competenze. Anche nel lavoro “con e per l’ umorismo” (sia l’ umorismo un semplice strumento, oppure la risorsa ultima che si vuole potenziare) emerge l’importanza di modulare l’utilizzo di uno strumento quale l’ umorismo sulle caratteristiche e le domande che il soggetto porta in terapia.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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