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Come il ritmo respiratorio influenza emozione e cognizione

E' stato dimostrato che il ritmo del respiro crea un’attività elettrica nel cervello che influenza il giudizio emotivo, la memoria e la risposta.

Di Maria Aricò

Pubblicato il 27 Gen. 2017

Un recentissimo studio, pubblicato su Journal of Neuroscience, ha mostrato per la prima volta come il respiro influenzi memoria ed emozioni. In particolare, il ritmo del respiro crea un’attività elettrica nel cervello che influenza positivamente il giudizio emotivo e il richiamo alla memoria.

 

La connessione tra la respirazione e le aree cerebrali coinvolte nella memoria e nelle emozioni

La scoperta, ad opera di un gruppo di ricercatori della Northwestern University, è stata fatta grazie ad uno studio condotto su 7 pazienti con epilessia, in attesa di intervento neurochirurgico; per individuare l’origine delle loro crisi convulsive è stata condotta un’indagine con EEG intracranica. Ciò ha consentito di osservare che i segnali elettrici registrati mostravano delle oscillazioni dell’attività cerebrale legati alla respirazione. In particolare, quest’attività veniva rilevata nelle aree cerebrali coinvolte nella memoria, nelle emozioni e nell’elaborazione degli stimoli olfattivi.

Una delle principali scoperte dello studio, afferma l’autore principale dello studio Christina Zelano, riguarda la forte differenza individuata nell’attività cerebrale dell’amigdala e dell’ippocampo durante la fase inspiratoria rispetto a quella espiratoria. Durante l’inspirazione vengono stimolati i neuroni della corteccia olfattiva, dell’amigdala e dell’ippocampo.

Questa scoperta ha portato gli scienziati a chiedersi se le funzioni cognitive in genere associate a queste aree del cervello – in particolare le aree deputate al ricordo e all’elaborazione della paura – potrebbero anche essere influenzate dalla respirazione. L’amigdala è strettamente legata ai processi di elaborazione emotiva, in particolare all’emozione di paura. I ricercatori hanno chiesto a 60 soggetti di prendere rapide decisioni su delle espressioni emotive, registrando nel frattempo il ritmo respiratorio. Alla presentazione di immagini di volti che esprimevano paura o sorpresa, i soggetti dovevano indicare, nel minor tempo possibile, l’emozione espressa dai volti. Quando le espressioni facciali venivano osservate durante l’inspirazione, i soggetti riconoscevano le espressioni di paura più in fretta rispetto a quando incontravano le stesse espressioni durante l’espirazione. Questo non avveniva per le espressioni di sorpresa.

In una fase dell’esperimento volto ad indagare la funzione della memoria, ai soggetti venivano mostrate sullo schermo di un computer delle immagini raffiguranti diversi oggetti. Successivamente veniva chiesto loro di ricordarle. I ricercatori hanno osservato che il richiamo è migliore se le immagini venivano incontrate durante l’inspirazione.
Gli effetti osservati sembrano però essere specifici della respirazione nasale.

 

La connessione tra respirazione, paura e risposta al pericolo

Tali scoperte hanno importanti implicazioni in quanto una respirazione rapida conferisce un vantaggio nel momento in cui ci si trova in condizioni di pericolo. Nelle situazioni di panico il ritmo del respiro diventa più rapido; ciò consente all’individuo di avere proporzionalmente più momenti di inspirazione di quelli che si avrebbero in uno stato di calma. La risposta innata del nostro corpo alla paura con la respirazione veloce potrebbe avere un impatto positivo sulla funzione cerebrale e tradursi in tempi di risposta più rapidi a segnali di pericolo dell’ambiente.

Inoltre, la respirazione può essere attivamente usata per promuovere la sincronia oscillatoria e ottimizzare i processi di elaborazione delle informazioni e mediare i comportamenti goal-directed.

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