expand_lessAPRI WIDGET

Psicoterapia e brain injury: la terapia per pazienti con danni cerebrali

Con pazienti vittime di danni cerebrali è possibile proporre un percorso riabilitativo e psicoterapeutico di diverso orientamento a seconda delle necessità

Di Roberta Carugati

Pubblicato il 19 Gen. 2017

Aggiornato il 13 Mar. 2019 12:14

Lo scopo di questo articolo è quello di considerare il ruolo della psicoterapia in ambito neuroriabilitativo, analizzando i benefici e le eventuali controindicazioni di un trattamento psicoterapeutico in pazienti con Danni cerebrali. Danni cerebrali acquisiti (acquired brain injury) possono insorgere a seguito di un trauma alla testa (Traumatic brain injury) a seguito di incidenti stradali o cadute, oppure possono essere presenti sin dalla nascita, o essere provocati da tumori, ictus o emorragie.

Roberta Carugati, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI MILANO

 

La psicoterapia per pazienti con danni cerebrali

Per molti anni il trattamento psicoterapeutico in ambito neuroriabilitativo è stato considerato un trattamento non particolarmente indicato nei pazienti con Danni cerebrali conseguenti a trauma o acquisiti (Traumatic brain injuries e Acquired brain injuries) poichè considerati privi di capacità metacognitive, difficoltà mnestiche e attentive e anche difficoltà di regolazione emotiva (Coetzer, 2007; Prigatano et al., 1986). Negli ultimi vent’anni tuttavia, numerosi ricercatori hanno evidenziato i notevoli benefici che la psicoterapia può apportare nella vita di questi pazienti e dei loro familiari, migliorando il senso di auto-efficacia, auto-accettazione, ma anche aiutandoli a ritrovare uno scopo nelle loro vite (Klonoff, Lage, & Chiapello, 1993).

 

Caratteristiche del paziente e dello psicoterapeuta

Lo psicoterapeuta che lavora con pazienti brain-injured necessita di alcune essenziali qualità, come una spiccata empatia, una infinita pazienza, gentilezza e capacità di supporto. Forti capacità esecutive, di programmazione e capacità organizzative sono altresì essenziali. Inoltre è la capacità del terapeuta di essere un po’ visionario ed entusiasta, speranzoso ed ottimista che saranno da esempio per i pazienti e per i familiari, rendendo anche loro più consapevoli che un miglior futuro è possibile. (Aniskiewicz, 2007; Ben-Yishay et al., 1985; Strozier, 2001). Deficit comunicativi, di memoria, o pensiero logico, possono ostacolare i benefici della tradizionale psicoterapia. La psicoterapia si affida alla capacità dell’individuo di comprendere, ricordare e accettare il bisogno di cambiamento nella vita quotidiana. In pazienti con ABI o TBI (acquired or traumatic brain injury) possono presentarsi notevoli difficoltà cognitive e comportamentali, che possono ostacolare il successo della psicoterapia.

 

Afasia globale

L’ Afasia globale e’ una condizione nella quale sia la comprensione che la produzione verbale sono altamente compromesse. Per questo, pazienti con questa diagnosi difficilmente potranno beneficiare di un simile trattamento. Tuttavia, in pazienti con afasia di Broca (in cui la comprensione è intatta ma ciò che è compromessa è la produzione del linguaggio) è possibile evidenziare dei miglioramenti, ma solo se il terapeuta sarà in grado di identificare modi alternativi di comunicare (ad esempio il paziente potrà comunicare di aver capito scuotendo la testa o muovendo le mani in un determinato modo). In pazienti con deficit di comprensione invece (ES afasia di Wernicke) il trattamento psicoterapeutico non è consigliato, dal momento che non saranno in grado di comprendere ed esprimere i propri stati emotivi.

 

Anosognosia

L’anosognosia può essere spiegata come deficit neuropsicologico che impedisce al soggetto che ne ne è affetto di riconoscere di avere un problema. La persona quindi non è assolutamente consapevole di avere un disturbo o una malattia e manifesta la convinzione di essere del tutto funzionante (Goldberg, 1991). La psicoterapia si configura come trattamento psicologico indicato nelle persone che mostrano un significativo grado di consapevolezza, tale per cui non è raccomandata in questo caso.

 

Scarsa motivazione

Dal momento che la psicoterapia è un percorso che richiede fatica, tempo e serio impegno, non dovrebbe essere iniziata con pazienti che non mostrano motivazione.

Al contrario la psicoterapia con pazienti ABI e TBI porterà a risultati soddisfacenti se saranno presenti una serie di fattori (Ruff et al, 2014);
– La volontà da parte del paziente di accettare le proprie difficoltà
– Motivazione e desiderio di migliorare
– Stabilire obiettivi che siano realizzabili.

 

Cambiamenti emotivi e comportamentali dopo danni cerebrali

Per molte famiglie i cambiamenti emotivi dopo un ABI sono spesso estremamente difficili da gestire. Molte ricerche hanno evidenziato come familiari di pazienti con danni cerebrali riportano di sentirsi maggiormente in difficoltà di fronte a frequenti cambiamenti emotivi rispetto alle limitazioni fisiche conseguenti alla lesione (Kinsella et al., 1991; Brooks et al. 1986). Cambiamenti di umore e di comportamento sono tuttavia piuttosto comuni dopo un danno cerebrale. E’ possibile che il paziente abbia esplosioni di rabbia emotiva, irritabilità, comportamenti suicidari, ritiro emotivo ma anche impulsività. Molto frequenti sono inoltre sintomi di natura depressiva e ansiosa.

 

Quale orientamento psicoterapeutico scegliere?

Psicoanalisi

Approcci psicoanalitici ricercano nell’infanzia e nella adolescenza le origini del malessere psicologico dell’individuo. Per questo motivo il focus della terapia psicoanalitica si concentrerà sui principali episodi riguardanti l’infanzia. Sono necessarie quindi nel paziente capacità di tipo retrospettivo e introspettivo. Concentrarsi tuttavia su episodi accaduti prima della lesione cerebrale, può far crescere nel paziente l’aspettativa (falsa) che potrà ritornare allo stato in cui era prima. Questo tipo di approccio concentrato sul passato, può tuttavia rivelarsi utile allo psicoterapeuta per identificare le strategie di coping che il paziente utilizzava prima del trauma nell’ affrontare situazioni problematiche.

 

Terapia cognitivo-comportamentale

Questo tipo di approccio mira ad aiutare l’individuo a comprendere il collegamento tra credenze, pensieri emozioni e comportamenti. L’efficacia e il successo di questa terapia con pazienti ABI dipendono dal livello di funzionamento cognitivo del paziente. E’ stato recentemente suggerito un protocollo più flessibile di REBT per questo tipo di pazienti. Manchester e Wood (2001) hanno avanzato l’idea che attraverso l’apprendimento procedurale (struttura e ripetizioni) si raggiunga il successo della terapia.

 

Psicoterapia orientata alla consapevolezza

Questo tipo di psicoterapia può essere spiegata in termini di accrescimento della consapevolezza nel paziente dei propri stati emotivi, pensieri e comportamenti. Parte dall’idea che maggiore sia la consapevolezza su questi processi, maggiore sia la possibilità di poterli cambiare qualora siano disfunzionali (Pologe, 2001). Prigatano (1986) ha suggerito che uno degli obiettivi della psicoterapia con pazienti ABI dovrebbe essere quello di aumentare la loro consapevolezza su ciò che è accaduto, sulle ripercussioni nella loro vita e anche di aiutare la persona a raggiungere un livello di accettazione della situazione e di tutte le sue conseguenze (psicologiche, sociali, relazionali). Questo tipo di psicoterapia è spesso condotto in gruppi all’interno di setting riabilitativi, dal momento che il gruppo può essere una preziosa fonte per accrescere l’insight dei partecipanti.

 

Psicoterapia con familiari

Dal momento che i familiari giocano un ruolo importante nella vita del paziente, è importante che siano coinvolti in un percorso psicoterapeutico. Un modello di intervento efficace coinvolge tecniche cognitivo-comportamentali e sessioni di psico-educazione (Sander et al., 2002). Molto utili sono le tecniche di gestione dello stress, quali esercizi di rilassamento, problem solving e tecniche Abc per la ristrutturazione di pensieri disfunzionali.

 

Psicoterapia e danni cerebrali: conclusioni

In conclusione possiamo affermare che esistono diversi orientamenti psicoterapeutici che fungono da sostegno e da aiuto per pazienti ABI, per aiutarli ad acquisire consapevolezza su ciò che è accaduto e sviluppare nuovi comportamenti adattivi. I dati finora raccolti non permettono di affermare che un particolare metodo psicoterapeutico sia più efficace di un altro. La sfida per gli operatori sanitari che lavorano con pazienti di questo tipo è quella di trovare una combinazione di interventi che funzioni al meglio per ogni singolo paziente e che tenga conto delle loro caratteristiche individuali e delle loro risorse.

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Alderman, N., Davies, J. A., Jones, C., McDonnel, P. (1999). Reduction of sever behaviour in acquired brain injury: Case studies illustrating clinical use of OAS-MNR in the management of challenging behaviour. Brain Injury, 13(9), 669-704.
  • Aniskiewicz, A. S. (2007). Psychotherapy for neuropsychological challenges . New York: Jason Aronson
  • Ben-Yishay, Y., Rattok, J., Lakin, P., Piasetsky, E. D., Ross, B., Silver, S., Zide, E. and Ezrachi, O. 1985. Neuropsychologic rehabilitation: Quest for a holistic approach. Seminars in Neurology, 5: 252–259.
  • Brooks, D., N., Campsie, L., Symington, C. et al., (1986). The five year outcome of severe blunt head injury: a relative’s view. Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry, 46, 764-770.
  • Coetzer, R. (2007). Psychotherapy following traumatic brain injury: Integrating theory and practice. The Journal of Head Trauma Rehabilitation, 22 (1): 39 - 47.
  • Goldberg, E. & Barr, W.B. (1991). Three possible mechanisms of unawareness of deficit. In: G.P. Prigatano & D.L. Schacter (eds.), Awareness of Deficit After Brain Injury (pp. 152-176). Oxford: Oxford University Press.
  • Kinsella, G., Packer, S. & Oliver J. (1991). Maternal reporting of behaviour following very severe blunt head injury. Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry, 54, 422-426.
  • Klonoff, P. (2010). Effective Psychotherapy for individuals with brain Injury: Principles and Techniques. New York: Guilford press.
  • Klonoff., P. S., Lage, P. A., Chiapello, D. A. (1993). Varieties of the catastrophic reaction to brain injury: A self-psychology perspective. Bulletin of the Menninger Clinic, 57, 227-241.
  • Manchester, D. & Wood, R. L. (2001). Applying cognitive therapy in neuropsychological rehabilitation. In R. L. Wood & T. M. McMillan (Eds.), Neurobehavioral disability and social handicap following traumatic brain injury. Hove, England: Psychology Press.
  • Pologe, B. (2001). About psychotherapy. Retrieved March, 2004, from http://www.aboutpsychotherapy.com
  • Prigatano, G. P. (1986). Psychotherapy after brain injury. In G. P. Prigatano, D. J. Fordyce, H. K. Zeiner, J. R. Roeche, M. Pepping, & B .C. Woods (Eds.), Neuropsychological rehabilitation after brain injury. Baltimore: John Hopkins University Press.
  • Ruff., R., M., Chester, S. (2014). Effective Psychotherapy for Individuals with Brain Injury. New York: Guilford Press.
  • Sander, A. M., Caroselli, J. S., High, W. M., Jr., Becker, C., Neese, L., & Scheibel, R. (2002). Relationship of family functioning to progress in a post-acute rehabilitation programme following traumatic brain injury. Brain Injury, 16(8), 649–657
  • Strozier, C. B. (2001). Heinz Kohut: The making of a psychoanalyst. New York: Farrar, Straus & Giroux Citing Internet Sources
  • http://www.brainline.org/content/2009/06/interventions-for-behavioral-problems-after-brain-injury_pageall.html
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Il funzionamento cognitivo nella sclerosi multipla
Il funzionamento cognitivo nella sclerosi multipla

Tra i sintomi clinici della sclerosi multipla rientra anche la compromissione degli aspetti cognitivi, tra cui attenzione, funzioni esecutive e memoria

ARTICOLI CORRELATI
Pet loss: come affrontiamo la perdita dei nostri animali domestici

La pet loss, la perdita del proprio animale domestico, è riconosciuta come fattore stressante e potenziale rischio per disturbi psicologici

Sindrome di Wernicke-Korsakoff: sintomi, diagnosi e decorso
Il “marinaio perduto”: la sindrome di Wernicke-Korsakoff

La sindrome di Wernicke-Korsakoff è una malattia neurodegenerativa del Sistema Nervoso caratterizzata dalla contemporanea presenza di due disturbi correlati

WordPress Ads
cancel