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Oblio e blackout mnemonici, quando lo stress gioca brutti scherzi alla memoria: il caso dei bambini dimenticati in auto

Spesso è lo stress la causa di oblio o black out mnemonici:il tristissimo fenomeno dei bambini dimenticati in auto rientra in questa particolare situazione

Di Grazia Migliuolo

Pubblicato il 31 Gen. 2017

Aggiornato il 01 Lug. 2019 13:57

Sembra essere lo stress il maggiore imputato del fenomeno del vuoto di memoria (oblio o black out): piccole dimenticanze ma anche grandi che possono portare a conseguenze gravissime.

 

La memoria non contiene solo quello che siamo in grado di ricordare coscientemente ma l’insieme di processi cognitivi automatici ed impliciti. Facendo una macro distinzione è possibile suddividere una memoria a breve termine/a lungo termine, memoria semantica/episodica, memoria esplicita/implicita.

 

Memoria a breve termine e memoria a lungo termine

La distinzione tra memoria a breve termine (MBT) e memoria a lungo termine (MLT) è oramai classica negli studi in quest’ambito, le due aree fanno riferimento una alle informazioni recepite nell’immediato e che sono destinate a decadere velocemente se non si effettuano delle operazioni cognitive per favorire il passaggio alla memoria a lungo termine che rappresenta il “grande archivio” dove si trovano le informazioni che negli anni si sono consolidate.

Questa funzione della memoria ci consente di mantenere nel tempo tantissime informazioni e rievocarle; permette inoltre di conservare esperienze di vario tipo, ricordi personali e le procedure che abbiamo acquisito nel tempo.

Nella memoria a lungo termine si hanno strette relazioni tra codifica, immagazzinamento e recupero. Il codice preferenziale è quello verbale ma possono essere usati altri codici.  Con gli studi di Baddley (1986) iniziano a delinearsi aspetti nuovi della memoria a breve termine, la memoria di lavoro che fa riferimento all’immagazzinamento temporaneo e alla contemporanea manipolazione dell’informazione durante lo svolgimento di attività cognitive come la comprensione, il ragionamento e l’apprendimento.

 

Memoria esplicita e memoria implicita

La distinzione tra memoria esplicita e memoria implicita si deve agli studi di Tulving (1972) che descrive la prima funzione come “l’esperienza soggettiva interna di stare ricordando qualcosa”; può essere a sua volta suddivisa in memoria semantica e memoria episodica: la prima riguarda tutte le conoscenze possedute (senza connotazione spazio-temporale), la seconda  riguarda eventi singoli e specifici che sono avvenuti in un tempo e luogo precisi, quindi si caratterizza per il riferimento autobiografico.

La memoria implicita è mediata da regioni celebrali che non richiedono un coinvolgimento della coscienza rispetto ai processi di registrazione e recupero, quindi non è associata all’esperienza di stare ricordando qualcosa, rientrano in quest’area tutte le operazioni cognitive che una volta apprese diventano automatiche, come guidare l’auto.

 

Automatismi e oblio

Riprendendo questa organizzazione concettuale della memoria, abbiamo visto che vi sono tracce mnestiche implicite all’interno del quale troviamo gli automatismi: è questa la parola chiave per spiegare le amnesie che possono aprire la strada a conseguenze terribili.

Mentre si compiono gesti ripetitivi o si guida lungo gli stessi tragitti lo stato di coscienza si abbassa, si è meno vigili, meno presenti, può capitare di non essere per nulla concentrati su quello che si sta facendo. È come affidarsi ad un pilota automatico ritenuto infallibile: da qui si origina la possibilità di distrarsi dalle tappe che scandiscono i percorsi della consuetudine, fino a saltarne una, magari la più importante.

Per oblio s’intende l’incapacità totale o parziale di ricordare ciò che si è appreso; i primi studi sull’ oblio si devono allo psicologo tedesco Ebbinghaus,  i risultati dei suoi studi dimostrano che l’ oblio inizialmente è rapido ma rallenta gradualmente e i ricordi assumono un assetto stabile. L’ oblio può essere considerato un fenomeno funzionale che risponde a esigenze di economia mentale. I  vari tentativi di spiegare le cause dell’ oblio sono sfociati in tre teorie principali: teoria del decadimento, teoria della rimozione e teoria dell’interferenza.  È su quest’ultima teoria che possiamo concentrarci per dare una prima e parziale spiegazione a questo fenomeno. Gli esperimenti di Jenkins e Dallenbach (1924) dimostrano che informazioni/eventi hanno più possibilità di essere ricordati se non intercorrono agenti esterni ed interni a distrarre. Gli elementi che possono distrarre sono tanti, dalle emozioni ai pensieri.

Come abbiamo visto dalle varie teorie nell’essere umano si sono sviluppati più sistemi di memoria per svolgere diverse funzioni: da un lato, una memoria che coordina le azioni abitudinarie e quindi viene riattivata in situazioni analoghe, consentendo di reagire rapidamente, anche se queste funzioni sono piuttosto rigide; dall’altro lato un altro sistema di memoria è sviluppata per svolgere le prestazioni della memoria quotidiana di episodi unici, questo è più flessibile ma più lento. Entrambi i sistemi sono coordinati da diverse reti neuroanatomiche (Ness D., Calabrese P., 2016).

 

Oblio e stress: il caso dei bambini dimenticati in auto dai loro genitori

L’interazione tra questi sistemi di memoria è modulato dagli ormoni dello stress: una risposta fisiologica allo stress (Roozendaal B.¸ 2002). Sembra essere lo stress il maggiore imputato del fenomeno del vuoto di memoria (oblio o black out): piccole dimenticanze ma anche grandi che possono portare a conseguenze gravissime.

Il tristissimo fenomeno dei bambini dimenticati in auto rientra in questa particolare situazione. La statistica sulla frequenza di questo fenomeno rileva che la mamma è meno a rischio amnesie riguardo alle funzioni di cura-accudimento del figlio. I ricercatori che studiano i sofisticati meccanismi che regolamentano la memoria, i ricordi, la concentrazione, l’attenzione ritengono meno probabile l’eventualità che a dimenticarsi del figlio sia la madre.

Il cervello delle madri, per una questione puramente biologica, funziona diversamente da quello dei padri e riconosce come priorità assoluta l’accudimento della prole. È cioè più probabile che il padre possa essere distratto dalle necessità del bambino, se si trova alle prese con altre necessità, relative, per esempio, al suo lavoro, invece alla madre è meno probabile che possa accadere. Nei padri questo istinto è meno marcato. Ma stress, la deprivazione del sonno, le preoccupazioni e la stanchezza fisica potrebbero causare un vuoto di memoria anche in una mamma.

Un recente studio longitudinale (Sturge-Apple ML, Jones HR, Suor JH., 2016) ha proprio valutato l’associazione tra stress, funzioni esecutive e “sensibilità materna”. Difficoltà socio-economico sono state considerate come il fattore di rischio che ha ripercussioni patogene nella capacità di caregiving materno. Lo studio ha esaminato un campione di 185 madri ed ha dimostrato  come la “sensibilità materna”  e  la capacità di memoria e di controllo inibitorio possono essere danneggiate in situazioni di stress e rischio socio-economico. Purtroppo poche ricerche hanno documentato quali siano i complessi meccanismi alla base di questa associazione.

Un altro elemento che potenzialmente porta al rischio oblio è costituito dal multitasking, cioè la capacità di svolgere più azioni contemporaneamente: dagli studi emerge che le persone stressate tendono a svolgere più azioni contemporaneamente e ciò può portare a carenze di attenzione crescenti fino ad arrivare a veri e propri buchi nella memoria.

Alcune ricerche scientifiche hanno indagato a fondo il modo in cui il multitasking possa interferire seriamente con la memoria a breve termine e i processi decisionali degli adulti e degli anziani. In un esperimento alcuni soggetti erano invitati ad attraversare un tratto di strada trafficata senza alcuna distrazione oppure parlando a un telefono cellulare. Come risultato, nella seconda situazione gli adulti apparivano più titubanti e impiegavano molto più tempo nello svolgimento del compito. Questo spiega come l’abilità del cervello di far fronte a più stimoli e informazioni di diversa natura abbia un limite, oltre il quale può generarsi una sorta di tilt o, appunto, un black out temporaneo.

Per questo è importante non trascurare mai i sintomi di un forte stress che può produrre piccole o grandi défaillance. Certamente non tutti questi casi portano a blackout totali della memoria, tuttavia rappresentano un’anticamera del disturbo su cui è importante intervenire in maniera preventiva.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Anolli L., Legrenzi P. (2006), Psicologia generale, Bologna, Il Mulino.
  • Baddeley A.D. (1986), Working memory, Oxford, Clarendon.
  • Ness D., Calabrese P. (2016)  Stress Effects on Multiple Memory System Interactions “Neural Plasticity” 2016: 4932128.
  • Roozendaal B., (2002) Stress and memory: opposing effects of glucocorticoids on memory consolidation and memory retrieval, “Neurobiology Learn Mem” Nov;78(3):578-95
  • Tulving, E., (1972). Episodic and semantic memory. In E. Tulving & W. Donaldson (Eds.),Organisation of Memory. New York, Academic Press, pp. 381-403
  • Jenkins J.K., Dallenbach K.M. (1924), Oblivescence during sleep and waking, “American Journal of Psychology”, vol 35, pp.605-612
  • Sturge-Apple ML, Jones HR, Suor JH. (2016) When Stress Gets Into Your Head: Socioeconomic Risk, Executive Functions, and Maternal Sensitivity Across Childrearing Contexts. “Journal Family Psychology” Dec 19.
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