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Obesità genitoriale e ritardi nello sviluppo della prole

E' stato dimostrato che l'obesità di uno o entrambi i genitori può generare dei ritardi nello sviluppo motorio o sociale dei bambini.

Di Ilaria Loi

Pubblicato il 20 Gen. 2017

Essere in forma e normopeso non solo per la propria salute, ma anche, e soprattutto, per quella dei propri figli. I figli di genitori obesi potrebbero essere a rischio di ritardi nello sviluppo, almeno secondo quanto rilevato da uno studio svolto dai ricercatori del National Institutes of Health a Bethesda, nel Maryland.

 

Gli effetti dell’obesità dei genitori sullo sviluppo dei figli

Gli autori hanno messo in luce come figli di madri obese sembrino presentare una maggior tendenza a fallire prove per le abilità motorie fini, ovvero quelle abilità motorie che implicano il movimento di piccoli distretti muscolari, come le dita o la mano. Inoltre, bambini con padri obesi sembrerebbero essere più inclini a fallire test che riguardano le competenze sociali. Infine, bambini con entrambi i genitori con gravi problemi di obesità sembrerebbero mostrare compromissioni a livello delle abilità di problem solving.

Lo studio, pubblicato dalla rivista Pediatrics, è stato svolto da ricercatori del Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development, uno degli Istituti Nazionali di Sanità del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti d’America, con il compito di svolgere ricerche per salvaguardare e migliorare la salute di bambini, adulti, famiglie e comunità.

I precedenti studi sul tema sembrano aver prevalentemente indagato la relazione tra la salute del neonato e il peso della madre prima e dopo la gravidanza. Ad esempio, in una review del 2010, Van Leshout e collaboratori hanno evidenziato l’esistenza di una correlazione tra l’obesità materna durante la gravidanza e lo sviluppo di problemi al sistema nervoso centrale del feto. Inoltre, figli di madri obese sembrerebbero essere maggiormente propensi allo sviluppo di problematiche cognitive e di sintomi legati al disturbo da deficit di attenzione e iperattività durante l’infanzia, di disturbi dell’alimentazione durante l’adolescenza e disturbi psicotici nell’età adulta.

Al contrario, lo studio di Yeung e collaboratori ha incluso, in modo analogo a qualche altra ricerca sporadica, anche informazioni riguardanti il padre, suggerendo che anche il peso della figura paterna sia di sostanziale importanza per uno sviluppo normotipico dei figli. A tal proposito, già Whitaker e collaboratori nel 1997 avevano infatti messo in luce come l’obesità di entrambi i genitori sembri quantomeno duplicare la probabilità che i figli divengano a loro volta obesi durante l’età adulta.

Quanto rilevato dagli autori risulta essere estremamente importante se si considera l’ormai vasta diffusione dell’obesità genitoriale, infatti, ad esempio negli Stati Uniti è stato evidenziato come circa 1 donna incinta su 5 sia obesa o in sovrappeso.

Per poter correlare l’importanza del peso genitoriale all’adeguatezza dello sviluppo psicosociale dei figli, Yeung et al. hanno esaminato i dati provenienti da uno studio precedente, l’Upstate KIDS study (Louis et al., 2014), che aveva lo scopo di indagare se i trattamenti per la fertilità potessero influire in qualche modo sullo sviluppo dei bambini. All’interno di questo primo studio erano state reclutate, tra il 2008 e il 2010, un totale di più di 5000 donne tra i 2 e i 4 mesi post-partum. Per quanto riguarda la misurazione del grado di sviluppo dei bambini, ai genitori veniva chiesto di svolgere una serie di attività con i propri figli e di completare l’Ages and Staged Questionnaire, un test che, per quanto non venga utilizzato per diagnosticare disabilità specifiche, risulta essere un valido strumento di screening che permette di identificare possibili ritardi inerenti cinque diversi domini dello sviluppo (abilità grosso e fino motorie, comunicazione, funzionamento socio-personale e abilità di problem solving).

I bambini sono così stati testati una prima volta a 4 mesi di vita e successivamente per altre 6 volte, fino al compimento dei 3 anni. Durante la selezione iniziale, inoltre, era stato chiesto alle madri di fornire informazioni circa la propria salute e peso, sia prima sia dopo la gravidanza, e anche circa salute e peso del proprio partner, rendendo così possibile l’utilizzo degli stessi dati anche per lo studio di Yeung e collaboratori.

Dalle analisi dei dati è emerso che, in confronto con i bambini con madri normopeso, i bambini con madri obese presentano il 70% in più di probabilità di sviluppare problemi che li porterebbero, all’età di 3 anni, a fallire test riguardanti le abilità motorie fini. Inoltre, bambini con padri obesi sembrano presentare il 75% in più di probabilità, rispetto a quelli con padri normopeso, di sviluppare problemi a livello socio-personale a 3 anni, così come mostrato dal fallimento di test inerenti le abilità di relazione e interazione con gli altri. Inoltre, bambini con entrambi i genitori obesi sembrano avere il triplo delle probabilità di sviluppare problemi legati al dominio del problem solving.

Come già evidenziato anche da altri autori (ad es. McPherson et al, 2015), avere entrambi i genitori obesi porta ad un effetto additivo, andando a sommare ed amplificare le influenze negative del peso di entrambi i genitori sullo sviluppo embrionale e fetale, provocando così molti più deficit sulla prole di quanti non ne provocherebbero separatamente.

 

Considerazioni: perché il peso genitoriale inciderebbe sullo sviluppo dei figli?

Attualmente ancora poco si sa sul perché il peso genitoriale influisca in tal modo sullo sviluppo psicosociale dei figli. Una delle spiegazioni attualmente più accreditate sembrerebbe essere quella delle infiammazioni a livello fetale, che modererebbero la relazione tra obesità materna e ritardi a lungo termine nello sviluppo infantile. Da studi etologici è infatti emerso come l’obesità materna durante la gravidanza sembri causare in modo sistematico lo sviluppo di infiammazioni, che vanno ad impattare sullo sviluppo cerebrale del feto. Più nello specifico, le infiammazioni, date da stimoli ambientali quali, ad esempio, una non corretta alimentazione materna, andrebbero ad influenzare la predisposizione di quei tessuti sensibili all’insulina, portando a disfunzioni per quanto riguarda l’organogenesi, lo sviluppo tissutale e anche il metabolismo stesso della prole, rendendola anche maggiormente predisposta a futuri problemi metabolici e cardiovascolari, obesità inclusa (Segovia et al., 2014).

A tal proposito, secondo uno studio presentato al 75esimo convegno dell’American Diabetes Association, così come ben evidenziato in un articolo pubblicato nel Giugno del 2015 sulla rivista dell’associazione, i figli di madri obese sembrerebbero essere maggiormente predisposti ad essere essi stessi obesi in futuro a causa di mutazioni verificatesi all’interno dell’utero durante la gravidanza che porterebbero le cellule del feto ad accumulare grasso in eccesso o a sviluppare alterazioni metaboliche, fino ad arrivare ad una vera e propria resistenza insulinica.

Ancora meno si sa sui potenziali effetti dell’obesità paterna sullo sviluppo psicosociale dei figli, per quanto Yeung e collaboratori abbiano messo in luce una possibile influenza soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo socio-personale. Una delle possibili spiegazioni prese in considerazione riguarda, così come emerso da modelli animali, l’alterazione dell’espressione genica all’interno dello sperma di padri obesi, che, causando alterazioni genetiche ed epigenetiche all’interno degli spermatozoi, può portare ad alterazioni fenotipiche nella prole (McPherson et al., 2014).

L’utilizzo di integratori alimentari anti-infiammatori, come acidi grassi (ad es. Omega3), resveratrolo, curcumina e taurina, può essere considerata una valida strategia d’intervento per migliorare la predisposizione a deficit creata dall’obesità materna (Segovia et al., 2014). Inoltre, anche operazioni basate su nutrizione controllata ed esercizio fisico indirizzate ai padri obesi prima del concepimento potrebbero portare a miglioramenti nella salute della prole, riuscendo ad agire sull’integrità del DNA degli spermatozoi (McPherson et al., 2014).

Per quanto siano necessarie ulteriori conferme circa il legame tra obesità genitoriale e ritardi nello sviluppo infantile, potrebbe risultare estremamente utile considerare anche il peso dei genitori all’interno delle valutazioni iniziali riguardanti i ritardi nello sviluppo psicosociale di bambini piccoli, anche nell’ottica di interventi preventivi ed informativi sulle famiglie.

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