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La sindrome metabolica e gli effetti del PTSD a livello neuroanatomico

La sindrome metabolica potrebbe essere essere un meccanismo biologico di mediazione con gli effetti del PTSD a livello cerebrale. 

Di Claudio Nuzzo

Pubblicato il 12 Ott. 2016

La sindrome metabolica, una situazione clinica ad alto rischio cardiovascolare, secondo quanto riportato da uno studio pubblicato su Biological Psychiatry, potrebbe essere un meccanismo biologico collegante il disturbo post traumatico da stress (PTSD) ad anomalie strutturali del cervello.

La sindrome metabolica

Si caratterizza per tre o più delle seguenti condizioni: obesità, pressione alta, insulina-resistenza, dislipidemia (elevati trigliceridi o bassa densità di lipoproteine). Si ritiene, inoltre, che lo stress giochi un ruolo chiave nella patogenesi e nel decorso della sindrome metabolica e sono state varie le ipotesi avanzate a riguardo, ad esempio quella della disregolazione autonomica, della reattività cardiovascolare, della disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e della disfunzione del sistema immunitario.

Alcune caratteristiche della sindrome, inoltre, inficiano l’integrità strutturale del cervello. Ad esempio, un ridotto afflusso di sangue condurrebbe ad una peggiore perfusione e ad una riduzione dello spessore corticale (per lo più nelle zone temporali, frontali e parietali), un indicatore dell’integrità della materia grigia.

Il PTSD come fattore di rischio della sindrome metabolica

Secondo Erika Wolf, autrice dello studio, queste conclusioni sarebbero fondamentali per strutturare programmi di intervento destinati ai veterani di guerra rientranti da Iraq e Afghanistan, programmi che considererebbero il PTSD come fattore di rischio per la sindrome metabolica e che permetterebbero screening adeguati sui soldati.

Stando alle statistiche, infatti, la sindrome metabolica compare circa due volte più spesso in pazienti con PTSD rispetto alla popolazione generale; tali dati sottolineano quindi il ruolo chiave dello stress in questa relazione. Inoltre, la sindrome metabolica contribuirebbe ad aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2, la neurodegenerazione e altre condizioni mediche avverse che di sovente accompagnano la sintomatologia del PTSD.

Lo studio

Lo studio in questione ha esaminato 346 veterani militari dispiegati in Iraq e Afghanistan. In linea con le precedenti evidenze scientifiche, la prevalenza della sindrome metabolica tra i veterani con PTSD era quasi due volte superiore a quelli senza PTSD. In aggiunta, i risultati delle tecniche di neuroimaging impiegate hanno rivelato un’associazione tra gravità della sindrome metabolica e il ridotto spessore corticale (lobi temporali e frontali). Questo risultato sarebbe particolarmente grave, data la giovane età media del campione (entro i 30 anni). Infatti, la maggiore preoccupazione connessa a questo risultato è che questa popolazione potrebbe andare incontro ad un declino neurocognitivo più marcato e più repentino.

E’ bene sottolineare, tuttavia, che i meccanismi che conducono alla riduzione dello spessore corticale sono ancora sconosciuti e che deve essere ancora esclusa la possibilità che tale riduzione sia in realtà un fattore di rischio, più che una conseguenza, del PTSD e della sindrome metabolica.
Concludendo questa è la prima evidenza scientifica a sostegno della relazione tra la gravità dei sintomi del PTSD, gravità della sindrome metabolica e ridotto spessore corticale nei lobi temporali e frontali.

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