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Cinque meccanismi comunicativi disfunzionali con cui danneggi la coppia o la famiglia

All’interno della relazione pericolosi sono quei meccanismi comunicativi basati sulla disconferma, ovvero sulla negazione dell’esistenza dell’altro.

Di Marta Di Grado

Pubblicato il 27 Ott. 2016

Aggiornato il 18 Gen. 2017 11:08

Difese transpersonali vengono messe in atto inconsapevolmente all’interno della relazione attraverso meccanismi comunicativi basati sulla disconferma, ovvero sulla negazione dell’esistenza dell’altro, dei suoi autentici stati d’animo e caratteristiche.

 

Tutti, secondo lo psichiatra Laing (1969), utilizzano difese transpersonali per dirigere e controllare la vita psichica altrui al fine di preservare la propria. Ciò avviene specialmente in famiglia, per la necessità di difendersi da angosce di base comuni. In generale, ci serviamo inconsciamente dei meccanismi di difesa per falsificare, negare o deformare la realtà e renderla più accettabile a noi stessi.

Queste difese transpersonali vengono messe in atto inconsapevolmente all’interno della relazione attraverso meccanismi comunicativi basati sulla disconferma, ovvero sulla negazione dell’esistenza dell’altro (Canevelli, 2016), dei suoi autentici stati d’animo e caratteristiche.

Tali meccanismi comunicativi sono stati studiati negli anni ’60 da psichiatri come Laing e Wynne (1969; 1972), pionieri che affrontarono le modalità comunicative disfunzionali all’interno di famiglie con un membro schizofrenico.

Questi modi di comunicare, che ora passeremo in rassegna, non sono però tipici esclusivamente di famiglie con membro psicotico: si tratta di modalità che molti di noi impiegano quotidianamente, ma che compromettono seriamente la vita di coppia o familiare.

 

I cinque meccanismi comunicativi da evitare col partner e con i famigliari

Ecco cinque meccanismi comunicativi da evitare se non vogliamo compromettere le relazioni significative:

1.La collusione. Essa è definita da Laing (1969) un “gioco” ma anche un “inganno”. Avviene quando due o più persone, inconsapevolmente, ingannano se stesse e gli altri incarnando delle fantasie che non corrispondono alla realtà e ricoprendo dei ruoli fissi, da cui restano però intrappolati. Essa subentra specialmente nella coppia, dove ciascuno trova nell’altro la possibilità di veder confermata e avallata una certa nozione di se stesso elaborata in fantasia. La collusione, ad esempio, può avvenire in una famiglia che vive il mito dell’armonia, che nega le ambivalenze e in cui vengono attribuite ad ognuno delle identità immobili che impediscono di evolversi e differenziarsi.

Un esempio può essere costituito da una coppia di questo tipo: l’uno è una persona che è cresciuta con miti positivi su se stessa come “so aiutare bene gli altri” e che non tollererà frustrazioni su questa aspettativa grandiosa. L’altro è un individuo che vive di miti opposti, di autosvalutazione e bisogno di essere salvato, dunque grato e adorante verso chi è disposto a valorizzarlo. Questi saranno i partner perfetti nel rispondere l’uno ai bisogni dell’altro: nell’alimentare i miti e le fantasie di entrambi, l’autenticità di ciascuno viene costantemente elusa in favore di una continua simulazione. In questo tipo di coppia ciascun partner è accettato dall’altro solo in base a quello che l’altro si aspetta e cerca in lui. (Vella e Camillocci Solfaroli, 1996).

2.L’occultamento. Secondo Wynne (1972), esso avviene quando un membro della famiglia si pone in una posizione di superiorità e potere affermando di saperne di più, ma di non poter rivelare tali verità per misteriosi motivi. Gli altri vengono quindi resi dipendenti e incapaci di svincolarsi e differenziarsi. Mantenere dei segreti, infatti, garantisce un forte potere e la possibilità di tenere sotto scacco l’altro.

3.La strategia del silenzio. Secondo lo psichiatra Zuk (1965), si tratta di manovre, verbali e non verbali, mirate a punire qualcuno per una trasgressione. Ciò avviene attraverso isolamenti e silenzi che proibiscono la comunicazione. Si tratta di una tattica spesso messa in atto da partner femminili all’interno di una coppia.

4.Il negoziato della dissociazione. Per Wynne (1963) si tratta di una comunicazione in cui ognuno attribuisce all’altro un certo modo di sentire che non solo in realtà corrisponde alle parti più regressive di sé, ma non viene riconosciuto come proprio (viene dunque dissociato). Si tratta di uno “scambio di dissociazioni” (Canevelli, 2016) che avviene a livello inconsapevole tra i due partner di una relazione ed è dovuto a sentimenti che, se riconosciuti come propri, sarebbero intollerabili. Ad esempio, un membro della famiglia può dissociare il proprio sentimento di rabbia e attribuirlo a un altro membro, il quale a sua volta attribuirà all’altro una componente di sé inaccettabile, come un’estrema insicurezza. Ognuno centra dunque l’attenzione sulle parti più immature dell’altro (che in realtà sono le proprie) e vi offre sostegno, amplificandole, pur di sentirle lontane da sè.

5.La pseudomutualità. Per Wynne (1958) è una modalità comunicativa e relazionale attraverso cui i membri della famiglia si sforzano di mantenere un’apparente coesione. Vengono dunque compromesse le singole individualità e i conflitti vengono evitati perché considerati distruttivi. Le differenze vengono percepite come pericoli per la relazione e dunque evitate e i membri della famiglia sono costretti ad assumere dei ruoli fissi, magari alternandosi. Aver paura delle differenze non potrà che compromettere fortemente un percorso sano di crescita, il quale spesso necessita invece della rottura dello status quo e della trasgressione.

In conclusione, questi sono solo alcuni dei meccanismi comunicativi disfunzionali che mettono a dura prova la vita di coppia o familiare. Conoscerli può aiutarci a comunicare con l’altro in modo più rispettoso, lasciandogli la libertà di esprimere la sua individualità e rinunciando a giochi di potere che lo tengono imbrigliato. In questo modo, rinunciando a ricoprire e ad attribuire ruoli fissi, possiamo aprirci a un clima relazionale e comunicativo che non teme le diversità, ma le governa e concilia in modo costruttivo e armonico.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Canevelli F. (Giugno 2016). Fisiologia e patologia della famiglia: patterns comunicativi disfunzionali, lezione presso la scuola di specializzazione IIPR, Roma.
  • Nicolò A.M , Benghozi P. e Lucarelli D. (2015). Famiglie in trasformazione. Milano: FrancoAngeli.
  • Laing R.D. (1969). L'io e gli altri, Firenze: Sansoni.
  • Solfaroli Camillocci D. & Vella G. (2006). La triade schizofrenica. Milano: FrancoAngeli.
  • Vella G. & Solfaroli Camillocci D. (1996). Dalla collusione coniugale alla "rappresentazione" familiare. Informazione in Psicologia, Psicoterapia, Psichiatria, 27, 31-37.
  • Wynne L.C. (1963). Thougth disorder and family relations of schizophrenics, a research strategy. Archives of General Psychiatry, 9, 191,198.
  • Wynne L.C. (1972). The injection and the concealment of meaning in the family relations and psychotherapy of schizophrenia. In D. Rubenstein & Y.O. Alanen (Eds.). Psychotherapy of Schizophrenia (pp. 180-193). Amsterdam: Excerpta Medica.
  • Wynne L.C. et al. (1958). Pseudomutuality in the family relations of schizophrenics. Psychiatry, 21, 205-220.
  • Zuk G.H. (1965). On the pathology of silencing strategies. Family Process, 4, 32-49.
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