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Mark Rothko: il senso tragico dell’esistenza nelle sue tele

Mark Rothko è un artista inquieto e depresso che ha voluto rappresentare nelle sue opere il senso tragico della vita e le emozioni dell'essere umano. 

Di Ursula Valmori

Pubblicato il 04 Ott. 2016

Markus Rotkowičs, noto come Mark Rothko (1903-1970), pressoché sconosciuto sino all’inizio degli anni Sessanta, è oggi uno degli artisti più quotati sul mercato dell’arte; nel 2012 il suo “Orange, Red, Yellow” del 1961 fu venduto all’asta per quasi 87 milioni di dollari (circa 67 milioni di euro) dalla casa d’aste newyorkese Christie’s, battendo ogni record nel settore dell’arte contemporanea.

Il senso tragico dell’esistenza nell’arte di Mark Rothko

Storicamente appartenente al movimento artistico del cosiddetto Espressionismo astratto, Mark Rothko scelse come mezzo espressivo fondamentale il colore, attraverso il quale voleva che i suoi quadri “parlassero”. Sempre molto restio a dare spiegazione dei propri dipinti, l’artista, ad un certo punto, smise persino di dare un titolo alle sue opere, scrisse solo numeri e date, mentre saranno alcuni mercanti d’arte, più tardi, a scegliere un titolo, utilizzando i nomi dei colori caratteristici dei dipinti.

Mark Rothko, ripudiando l’etichetta di “astrattista”, dichiarò che gli interessava solo [blockquote style=”1″]esprimere le emozioni fondamentali dell’uomo e comunicarle agli altri. [/blockquote]

L’artista sentiva di dover comunicare, attraverso la sua arte, fatta di forme semplici e di colori assoluti, il senso tragico dell’esistenza.
Nei suoi Scritti leggiamo: [blockquote style=”1″]La violenza è l’humus dei miei quadri e l’unico equilibrio possibile è quello precario che precede l’istante del disastro. Rimango sempre sorpreso nel sentire che i miei dipinti comunicano un’impressione di pace. In realtà sono una lacerazione. Nascono dalla violenza.[/blockquote]

Rothko era un uomo molto inquieto e spesso depresso, gli amici lo descrivono come una persona difficile e solitaria ed i suoi quadri altro non sono che una rappresentazione della tragedia esistenziale del loro autore.

Breve biografia e la morte di Mark Rothko

Di origini ebree, la famiglia di Mark Rothko, che si era trasferita da Dvinsk (oggi in Lettonia) negli Stati Uniti, non comprese mai appieno la vocazione artistica di Mark Rothko al quale veniva spesso rimproverato di non sostenere economicamente la madre, soprattutto dopo la morte del padre. Dopo un primo matrimonio costellato da una serie infinita di litigi, nel 1945 Rothko contrasse un secondo matrimonio che, nel 1968, andò definitivamente in crisi, mentre un aneurisma lo condannò all’inattività, portandolo ad una profonda depressione. La sua disperazione andò via via aumentando, si chiuse nella più struggente solitudine, finchè, logorato nel corpo e nell’anima da anni di profonda depressione, una mattina di febbraio del 1970 Rothko si tolse la vita, scegliendo un sistema crudissimo: si tagliò le vene dopo aver ingerito due flaconi di sonnifero. Una lama di rasoio a doppio taglio, una pozza di sangue di fronte al lavandino.

Quanti brutti pensieri dovettero attraversargli la mente in quelle prime buie ore del mattino in una New York d’inverno, quante intense emozioni dovettero turbargli l’anima e quali tremendi ricordi dovettero attraversargli la memoria in quelle ultime ore è un mistero per noi insondabile.

La conclusione tragica della vita di Rothko non deve però far pensare ad un’aridità spirituale, quanto piuttosto ad una drammatica crisi. Ne sono testimonianza alcune sue opere dell’ultimo periodo, tutte giocate su toni scuri. Mentre all’inizio degli anni Cinquanta le sue tele erano pervase da tonalità cangianti, espressione di emozioni forti e piene di vita, nell’ultima fase della sua carriera i suoi quadri si fecero molto cupi, denotando una condizione esistenziale disturbata ed un periodo particolarmente difficile per l’artista. Ancora una volta e fino alla fine, Rothko si affidò unicamente al colore, anche se non più al giallo, all’arancio o al rosso; le sue ultime opere sono tutte giocate su toni scuri e profondi, prevalgono i neri e i grigi, che indicano l’assenza di speranza.

Appartiene infatti all’ultimo periodo della vita di Rothko una serie di “Untitled” (i “Black on Grey”), dove le pennellate, alternativamente nere e grigie, diventano la metafora del vuoto, della solitudine, dell’inquietudine, del dolore dell’artista, del suo stato d’animo al culmine della disperazione, che lo porterà poi al suicidio. Gli ultimi lavori di Rothko risultano molto diversi rispetto alle opere precedenti: le caratteristiche della sua pittura erano cambiate, così come era cambiata la sua visione del mondo: a prevalere sono, alla fine, i temi della sofferenza e della disperazione che vengono portati alle estreme conseguenze.

 

Orange Red Yellow - Mark Rothko - 1961

Orange Red Yellow – Mark Rothko – 1961

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Salvini A. (2002). Mark Rothko. Scritti. Abscondita. Milano.
  • Lopez-Remiro M., a cura di, Venturi R., edizione italiana a cura di (2006). Rothko M. Scritti sull’arte 1934-1969. Donzelli Editore. Roma.
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