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L’ ironia tra elaborazione, comprensione e basi neuroanatomiche

Da dove deriva l'ironia e a cosa serve? Siamo tutti in grado di coglierla? Come viene elaborata l’ ironia a livello cerebrale e quali circuiti coinvolge? 

Di Susanna Martina

Pubblicato il 26 Ott. 2016

Aggiornato il 04 Ott. 2019 13:20

L’ ironia permea nelle nostre vite, si tratta solo di saperla cogliere e goderne. Poter ironizzare su se stessi e sugli imprevisti della vita può aiutare ad affrontare meglio situazioni che altrimenti potrebbero sopraffarci. A volte riderci su sembra il miglior modo, se non l’unico, per poter affrontare le contraddizioni e le sfide che la vita ci propone quotidianamente.

Susanna Martina – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi

 

È come la pioggia nel giorno del tuo matrimonio” cantava Alanis Morisette in un noto brano del 1995 dal titolo Ironic; l’ ironia permea nelle nostre vite, si tratta solo di saperla cogliere e goderne. Poter ironizzare su se stessi e sugli imprevisti della vita può aiutare ad affrontare meglio situazioni che altrimenti potrebbero sopraffarci. A volte riderci su sembra il miglior modo, se non l’unico, per poter affrontare le contraddizioni e le sfide che la vita ci propone quotidianamente.

Ma da dove deriva la capacità di ironizzare e a cosa serve? Siamo tutti potenzialmente in grado di cogliere l’ ironia allo stesso modo? Come avviene il processo di elaborazione dell’ ironia a livello cerebrale e quali circuiti e aree coinvolge? Il presente articolo cercherà di rispondere a queste domande illustrando le attuali conoscenze riguardo il processo di comprensione dell’ ironia.

 

Aspetti etimologici e sociali dell’ ironia

Il termine ironia deriva dal greco εἰρωνεία e letteralmente significa “dissimulazione”. L’accezione principale del termine si riferisce però non tanto alla capacità di celare il proprio pensiero a qualcuno, quanto più alla capacità di esprimerlo direttamente o indirettamente attraverso il suo contrario.

Storicamente, il personaggio più noto legato al concetto di ironia è Socrate: a partire dalla sua affermazione “so di non sapere” basava la propria indagine filosofica e interpellava i vari esponenti dell’Atene del V secolo a.C. per impartire i suoi saggi insegnamenti ai discepoli. Socrate a parte, l’uomo ha da sempre fatto largo uso di questa particolare capacità, tanto che la maggior parte dei discorsi quotidiani tra le persone sembrano essere caratterizzati dalla presenza di affermazioni ironiche (Gibbs, 2000). Alcuni studiosi si sono perciò interessati di approfondire quali siano le funzioni comunicative specifiche dell’ ironia e quali vantaggi relazionali comportino: tra i tanti ricordiamo Clark e Gerring che in uno studio del 1984 sottolinearono l’importanza dell’ ironia nei rapporti interpersonali per il fatto che faciliti e rinforzi i legami tra le persone.

Nonostante la sua grande diffusione, i vantaggi da essa derivanti e la sua apparente semplicità, l’ ironia si configura tuttavia come una capacità complessa, che richiede molteplici sottoabilità cognitive, linguistiche e comunicative per essere utilizzata e compresa.

Nel seguente paragrafo verranno approfonditi gli aspetti processuali e di elaborazione legati alla capacità di comprendere l’ ironia confrontando le teorie cosiddette gerarchiche di elaborazione dell’ ironia con le teorie di elaborazione parallela.

 

Aspetti processuali dell’ ironia: elaborazione gerarchica e elaborazione parallela

Per poter pienamente apprezzare l’ ironia durante una conversazione, l’uditore deve essere in grado da una parte di prestare attenzione ai numerosi indizi contestuali, e dall’altra di saperli adeguatamente integrare all’interno di un’unica rappresentazione. Per meglio apprezzare un discorso o un’affermazione ironica risulta quindi fondamentale, per esempio, che siano elaborate informazioni provenienti dalla situazione fisica contingente, dalla modalità espressiva del discorso, dall’intenzione comunicativa dell’interlocutore, dal suo tono di voce e dalla sua mimica facciale (Saban-Bazalel et al. 2015).

Sono state elaborate differenti teorie sul processo di comprensione dell’ ironia; in particolare, secondo la standard pragmatic view di Grice (1975), il significato letterale di un’affermazione viene sempre elaborato per primo e, solo una volta che questo risulta incompatibile con gli indizi provenienti dal contesto, si procede con la derivazione del senso non letterale (teoria gerarchica). In linea con questa visione, Giora (1997) ha proposto la cosiddetta salience graded hypothesis secondo cui è il significato saliente di un’affermazione ad essere sempre elaborato per primo, a prescindere sia dal significato letterale dell’affermazione sia dal contesto a cui è legata. La salienza di un significato viene determinata dal grado di frequenza all’esposizione, dalla familiarità con il significato in questione e dalla sua prototipicalità (Saban-Bezalel et al. 2015). Partendo dalla loro concezione gerarchica di processamento dell’ ironia, sia Grice che Giora concludono che il processamento di un significato ironico dovrebbe avvenire in tempi più lunghi rispetto al processamento di un significato non ironico (Saban-Bezalel et al. 2015) a meno che non si tratti di ironie familiari.

In contrasto con le teorie gerarchiche di elaborazione dell’ ironia, Gibbs (1986) propose invece un modello più interattivo chiamato direct access view, secondo cui gli indizi contestuali influiscono solo nei primissimi momenti di elaborazione e che, se supportivi e coerenti con il significato ironico, permettono l’accesso primario e diretto a quest’ultimo. Tale principio venne poi portato avanti anche dalla più recente teoria di Katz (2005) e Pexman (2008) chiamata parallel constraint satisfaction account, secondo cui tutti gli indizi contestuali vengono elaborati rapidamente ed in parallelo e che l’interpretazione ironica di un’affermazione viene considerata tanto prima quanto più ci sono evidenze che sia l’interpretazione più appropriata. Secondo queste ultime visioni quindi il processamento di un significato ironico non impiega necessariamente più tempo rispetto al processamento di un significato letterale, ciò avverrebbe solo nel momento in cui il contesto fosse non supportivo nei riguardi dell’interpretazione ironica (Kowatch et al. 2013).

Al momento però non esiste una totale unanimità nei risultati, per cui da una parte alcune ricerche riportano tempi maggiori per la lettura e l’elaborazione di significati ironici rispetto a significati letterali (Akimoto et al, 2012; Dews et al., 1999; Filik et al., 2010), dall’altra altri studi concludono il contrario (Gibbs, 1986; Ivanko et al., 2003).

Kowatch, Whalen & Pexman (2013) sottolineano però i limiti di questi risultati in uno studio da loro condotto, in cui evidenziano il fatto che spesso è stato utilizzato il metodo della lettura nella valutazione sperimentale dei tempi di processamento dell’ ironia, quando invece si tratta di un aspetto prevalentemente associato al linguaggio verbale dove, per esempio, l’uditore può avere più facile accesso agli indizi contestuali. Un secondo limite sottolineato dagli autori è il fatto che nei precedenti studi venivano comparate affermazioni ironiche con significato negativo, per esempio affermazioni sarcastiche come “sei proprio un buon amico”, con affermazioni con significato letterale positivo, per esempio complimenti come “sei proprio un buon amico”, per cui la valenza positiva o negativa di un’affermazione poteva influire sui tempi di processamento a prescindere dal fatto che si trattasse di un significato letterale o ironico.

A partire da queste considerazioni, gli autori hanno quindi portato avanti uno studio sperimentale che superasse tali limiti e che in particolare indagasse l’elaborazione dei significati ironici rispetto ai significati letterali in un contesto di linguaggio verbale, confrontando rispettivamente i tempi di elaborazione in affermazioni unicamente a valenza negativa. I risultati ottenuti con questa nuova modalità sperimentale hanno confermato la visione di un’elaborazione interattiva dell’ ironia, secondo cui l’uditore integra contemporaneamente tutte le informazioni provenienti dal contesto e il processo è tanto più rapido quanto più gli indizi sono rilevanti per produrre una rappresentazione coerente dell’intenzione di chi parla.

Ulteriori considerazioni sulla capacità di comprendere l’ ironia derivano inoltre da ricerche su pazienti con specifiche condizioni patologiche che hanno permesso di evidenziare la complessità dell’ ironia anche in termini più strettamente cognitivi e neuroanatomici, riscontrando una forte associazione tra la capacità di comprendere l’ ironia, la Teoria della mente e le funzioni esecutive. Il seguente paragrafo sarà centrato sull’analisi dettagliata dei risultati ottenuti.

 

Il ruolo della Teoria della mente e delle funzioni esecutive nel processo di comprensione dell’ironia

Diverse ricerche su campioni clinici si sono focalizzate sull’associazione tra la capacità di comprendere l’ ironia e la capacità di inferire gli stati mentali altrui, ovvero la cosiddetta Teoria della mente (TOM) (Gibbs, 1986; Giora, 1997; Gibbs, 2000; Monnetta et al. 2009; Aboulafia-Brakha et al. 2011; Kowatch et al. 2013).

La TOM è definita come quella capacità di comprendere i propri e gli altrui stati mentali in modo da saper poi inferire le intenzioni degli altri e comprendere o prevedere il loro comportamento futuro (Premack and Woodruff, 1978). In particolare, sembra che l’elemento cruciale nel processo di comprensione dell’ ironia sia la capacità di comprendere le credenze di II ordine, ovvero di inferire lo stato mentale di qualcuno riguardo lo stato mentale di qualcun altro (Gaudreau et al. 2015). La capacità di elaborare credenze di II ordine sembra infatti essere alla base della comprensione dell’intenzione comunicativa dell’interlocutore fondamentale del processo di comprensione dell’ ironia.

Tra i vari studi sul tema, ad esempio, Monnetta e colleghi (2009) hanno valutato un campione di 11 pazienti con morbo di Parkinson confrontandoli con 11 soggetti di controllo nell’abilità di differenziare le intenzioni comunicative sottostanti l’ ironia e le bugie come anche nell’abilità di attribuire stati mentali agli altri, in particolare di inferire credenze di I e II ordine. Dai risultati emersi, i pazienti del gruppo sperimentale sono effettivamente risultati meno accurati nel distinguere l’ ironia verbale dalle bugie come anche nella capacità di attribuire credenze di II ordine rispetto al gruppo di controllo.

In letteratura sono infatti ormai numerose le evidenze che confermano come i pazienti con morbo di Parkinson siano soggetti, oltre ai noti sintomi motori tipici della malattia, anche ad una serie di sintomi non motori, come deficit delle funzioni esecutive e della working memory (WM) (Gabrieli et al., 1996; Lewis et al., 2003), che influiscono sul processamento degli aspetti pragmatici del linguaggio verbale e non verbale (Berg et al., 2003; Angwin et al., 2005; Pell et al., 2003; Dara et al., 2008) e che, per questo, comportano una seria compromissione del funzionamento sociale di tali pazienti (Pell et al., 2006).

La relazione tra comprensione dell’ ironia, TOM, credenze di II ordine e funzioni esecutive è stata inoltre confermata da ricerche su pazienti affetti da Mild Cognitive Impairment (MCI) (Gaudreau et al., 2015) e autismo (Happè, 1993; Saban-Bezalel et al., 2015).

Risultati più controversi derivano invece da alcuni studi su pazienti affetti da schizofrenia: sebbene sia ampiamente dimostrato in letteratura che tali pazienti siano affetti da specifici deficit di TOM e di comprensione dell’ ironia, risulta ancora poco chiara la natura di tale relazione. In particolare, da uno studio condotto da Mo e colleghi (2008) su un campione di 29 pazienti con schizofrenia in remissione, è emerso che TOM e capacità di comprendere l’ ironia non sono significativamente connesse e che è solo la capacità di comprendere le metafore quella maggiormente legata alle credenze di II ordine. Contrariamente, Langdon e colleghi (2002) conclusero che la TOM fosse altamente implicata nella compromissione selettiva della capacità di interpretare l’ ironia in pazienti affetti da schizofrenia e che non fosse invece coinvolta nella comprensione delle metafore.

I risultati sin ora esposti permettono quindi di confermare l’esistenza di un legame tra ironia, TOM, credenze di II ordine e funzioni esecutive, tuttavia, essendo in parte contrastanti, non permettono una chiara comprensione della natura di tale relazione; resta pertanto da approfondire il livello di implicazione di ciascun elemento come anche i rapporti di reciproca influenza.

Queste ultime considerazioni sono fondamentali anche all’interno della ricerca e del dibattito sulle basi neuroanatomiche dell’elaborazione dell’ ironia, oggetto del seguente paragrafo.

 

Basi neuroanatomiche del processo di comprensione dell’ ironia

La natura controversa delle relazioni tra i vari fattori implicati nel processo di comprensione dell’ ironia, si riflette anche in termini neuroanatomici. L’ipotesi più accreditata al momento è quella di far riferimento alle basi neurali sottostanti la TOM e, da quanto emerge da una review del 2011 di Aboulafia-Brakha e colleghi, sembra che sia le abilità di TOM che le funzioni esecutive condividano l’attivazione delle stesse regioni cerebrali, ma che solo la TOM necessiti l’ulteriore coinvolgimento di specifiche aree quali la giunzione temporo-parietale o la corteccia paracingolata anteriore (Saxe et al., 2006). Da alcuni studi con risonanza magnetica funzionale (RMNf), è stata inoltre confermata l’associazione tra l’abilità di attribuire stati mentali agli altri e l’attivazione specifica di tre aree: la corteccia prefrontale mediale sinistra, il lobo temporale destro e la corteccia orbito-frontale mediale (Gallagher et al., 2003; Channon et al., 2007); queste stesse tre regioni sono state inoltre specificamente associate al processamento dell’ ironia e considerate parte di un network più esteso in cui vengono prevalentemente coinvolti i lobi frontali (Shamay-Tsoory et al., 2005; Eviatar et al., 2006).

Un’ulteriore ipotesi deriva da alcuni studi sul processamento emisferico dell’ ironia, in particolare è stato dimostrato che l’emisfero destro giochi un ruolo fondamentale nel processamento di diversi tipi di linguaggio figurato tra cui metafore, humor, sarcasmo, richieste indirette ed ironia (Mitchell et al., 2005; Briner et al., 2011; Giora et al., 2000; Eviatar et al., 2006). A livello teorico si fa riferimento al modello del processamento fine o grossolano di Beeman (1998), per cui mentre l’emisfero sinistro è coinvolto prevalentemente nella codifica semantica fine, ovvero nell’attivazione di singole interpretazioni di una parola, delle sue caratteristiche semantiche dominanti e delle sue più strette associazioni, l’emisfero destro si occupa invece della codifica semantica grossolana per cui vengono attivate multiple interpretazioni di parole ambigue o distinte relazioni semantiche.

Tale modello si sposa con la salience graded hypothesis di Giora (1997) illustrata precedentemente, per cui mentre l’emisfero sinistro è coinvolto nel processamento del significato saliente, l’emisfero destro nell’elaborazione di significati nuovi, non-salienti ed interpretazioni. Tale specializzazione emisferica è stata confermata da studi comportamentali e di neuroimaging che hanno approfondito l’interpretazione non-saliente del linguaggio figurato come ad esempio di nuove metafore (Mashal et al., 2005; Faust et al., 2007), di interpretazioni letterali non-salienti nelle lingue (Mashal et al., 2008) e di interpretazioni non-salienti di frasi ironiche (Eviatar et al., 2006; Shibata et al., 2010). Questi risultati suggeriscono che mentre affermazioni familiari con significato saliente, generalmente letterale, attivano il processo di codifica semantica fine propria dell’emisfero sinistro, al contrario affermazioni non familiari con interpretazioni ironiche non-salienti verrebbero codificate attraverso il processo di codifica grossolana propria dell’emisfero destro.

A favore di queste ultime considerazioni, Saban-Bezalel & Mashal (2015) hanno studiato l’effetto di un training per migliorare la capacità di comprendere l’ ironia in un campione di 29 adulti con disturbo dello spettro autistico confrontandolo con un gruppo di controllo di 22 adulti sani. Il gruppo sperimentale è stato suddiviso in due gruppi e uno di questi è stato sottoposto ad un training per migliorare la capacità di comprendere l’ ironia. Dai risultati, è emerso che il training ha portato ad un significativo miglioramento delle performance nella comprensione dell’ ironia e che, a seguito di quest’ultimo, il pattern di processamento dell’ ironia di coloro che erano stati sottoposti all’intervento si era modificato a favore di una maggior lateralizzazione nell’emisfero destro, condizione di partenza riscontrata inizialmente nel gruppo di controllo. In questo caso gli autori hanno infatti ipotizzato che la difficoltà nella comprensione del linguaggio figurato e dell’ ironia di questi pazienti non sia tanto legata alla tendenza di interpretare letteralmente, quanto più alla novità dello stimolo.

In base alle attuali conoscenze, si può quindi concludere che esistono due ipotesi principali riguardo le basi neuroanatomiche dell’ ironia, per cui da una parte alcuni sostengono l’ipotesi dell’attivazione di un network diffuso coinvolgente i lobi frontali e temporali, dall’altra altri rimangono dell’idea di un’elaborazione specifica e lateralizzata dell’emisfero destro. Sarà pertanto necessario approfondire ulteriormente il tema per maggior chiarezza a riguardo.

 

Ironia: considerazioni finali

Il presente articolo si è interessato di approfondire la capacità di comprendere l’ ironia illustrando lo stato attuale delle conoscenze sul tema: a partire da alcuni cenni di carattere generale, sono stati approfonditi gli aspetti di elaborazione processuale dell’ ironia, dando anche spazio agli aspetti più prettamente cognitivi ed al dibattito sulle sue basi neuroanatomiche.

Nonostante i recenti sviluppi e l’interesse della comunità scientifica verso l’argomento, allo stato attuale delle conoscenze non è ancora possibile trarre delle conclusioni definitive. Ulteriori approfondimenti in grado di gettare nuova luce sulla natura e il funzionamento dell’ ironia potrebbero risultare determinanti nello sviluppo di nuove modalità di  rinforzo di questa capacità che svolge un ruolo imprescindibile nel nostro mondo sociale e mentale, permettendoci di condividere le contraddizioni della realtà e affrontarle con maggior leggerezza.

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