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Dal disturbo di linguaggio al disturbo di comunicazione – Report dal Congresso Erickson

Il workshop del Congresso Erickson ha presentato anche la diagnosi differenziale tra i disturbi del linguaggio e della comunicazione e i disturbi autistici.

Di Ilaria Cosimetti, Cristina Morazzoni

Pubblicato il 27 Ott. 2016

Aggiornato il 13 Mar. 2019 13:20

L’osservazione e la valutazione del primo sviluppo comunicativo del bambino permette di costruire interventi diretti e indiretti con lo scopo di garantire un’opportunità di sviluppo. I trattamenti diretti si rivelano più efficaci se sono precoci e integrati nei contesti di vita quotidiana del bambino, gli interventi indiretti riguardano la presa in carico della famiglia del bambino in modo da rendere i genitori parte attiva della terapia.

 

Workshop di Luigi Girolametto (Department of Speech-Language Pathology, University of Toronto) e Luigi Marotta (Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma)

 

Nel DSM-5 vengono presentate molte categorie all’interno della più ampia area del disturbo del linguaggio: il disturbo fonetico fonologico, il disturbo della pragmatica della comunicazione, il disturbo della comunicazione non altrimenti specificato.

La domanda che pone Luigi Marotta (Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma) riguarda la difficoltà della diagnosi differenziale con il disturbo dello spettro autistico visto che tra i due disturbi vi è molta comorbidità; quindi dove finisce il disturbo pragmatico della comunicazione e inizia l’autismo? La questione è difficile da disciplinare in quanto esistono pochi test italiani per la valutazione del disturbo pragmatico della comunicazione e le analisi quantitative dei comportamenti disponibili sono dedotte.

Per arrivare ad una diagnosi differenziale, è quindi necessario procedere individuando i criteri di inclusione/esclusione e attuare percorsi di valutazione integrati ma specifici per ogni contesto sociale e familiare. Nella valutazione logopedica per il disturbo dello spettro autistico è necessario prendere in considerazione gli elementi della pragmatica della comunicazione, come le funzioni comunicative (es. fare richieste, rispondere), le abilità socio-conversazionali (es. l’assertività, la responsività), le interazioni con i coetanei, la narrazione, la capacità di adattare il linguaggio a seconda dei differenti contesti e gli elementi per la valutazione del linguaggio (es. grammatica, lessico, vocabolario..).

L’osservazione e la valutazione del primo sviluppo comunicativo del bambino permette di costruire interventi diretti e indiretti con lo scopo di garantire un’opportunità di sviluppo. I trattamenti diretti si rivelano più efficaci se sono precoci e integrati nei contesti di vita quotidiana del bambino, gli interventi indiretti riguardano la presa in carico della famiglia del bambino in modo da rendere i genitori parte attiva della terapia. Come ci presenta Luigi Girolametto con il Progetto “More than words”, l’intervento di “parent coaching”, basato sul livello e sul tipo di relazione tra genitore e bambino, ha come obiettivo il focus sulle esigenze del genitore e poi la formazione specifica affinché il genitore possa diventare un agente terapeutico.

Si propone infine di utilizzare un intervento di questo tipo anche negli asili e nelle scuole materne formando le insegnanti nell’ottica di garantire un’opportunità di sviluppo ai bambini con disturbo dello spettro autistico sfruttando le risorse del contesto scolastico.

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