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Il colloquio in emergenza: intervento psicologico in situazioni traumatiche

Nel colloquio in emergenza lo psicologo assume le vesti di vero e proprio soccorritore, che giunge in aiuto del paziente che ha subito un trauma

Di Chiara Carlucci

Pubblicato il 05 Ott. 2016

A volte è lo psicologo a dover raggiungere il paziente, il quale necessita di essere sostenuto a seguito di una situazione a lui imprevista e a cui non riesce a reagire adeguatamente: si tratta del colloquio in emergenza, lo psicologo si ritrova ad assumere le vesti di vero e proprio soccorritore, che giunge in aiuto di quel paziente che ha subito un trauma.

 

Il colloquio psicologico in emergenza

Per colloquio psicologico solitamente si intende una seduta tra paziente e psicologo all’interno di uno studio, dove il paziente vi si presenta di sua volontà, fissando un appuntamento col professionista, al fine di parlare di un suo personale disagio.

Perché infatti il colloquio psicologico prevede un setting strutturato: una stanza formale e attrezzata al dialogo, nella quale ci si reca con un appuntamento programmato.

Non sempre però è così. A volte è lo psicologo a dover raggiungere il paziente, il quale necessita di essere sostenuto a seguito di una situazione a lui imprevista e a cui non riesce a reagire adeguatamente.

Si tratta del colloquio in emergenza.

Sono quei casi in cui lo psicologo si ritrova ad assumere le vesti di vero e proprio soccorritore, che giunge in aiuto di quel paziente che ha subito un trauma.

Il DSM IV definisce il Trauma come:

Un fattore traumatico estremo che implica l’esperienza personale diretta di un evento che causa o può comportare morte, lesioni gravi o altre minacce all’integrità fisica (American Psychiatric Association, 1994).

Nelle situazioni traumatiche il Pronto Soccorso Psicologico assume notevole rilevanza, non solo in quanto migliorerebbe il grado di benessere della persona colpita, ma potrebbe inoltre aumentare la percentuale di remissioni spontanee post trauma.

 

 

Le fasi del colloquio in emergenza

Il colloquio in emergenza, così come il colloquio tradizionale, si divide in fasi (Iacolino, 2016):

  • Accoglienza, con creazione del setting e dell’alleanza terapeutica;
  • Intervento breve in acuto;
  • Valutazione psichica a seguito dell’intervento traumatico;
  • Inserimento della vittima nella rete di assistenza sociosanitaria di emergenza.

Alla base vi è un obiettivo: stabilizzare, prevenire altri traumi che possono avvenire a ridosso dell’evento, e ristabilire un corretto equilibrio da parte del soggetto affinché possa reagire e far fronte adeguatamente all’evento traumatico, perché infatti la persona colpita da un trauma è bloccata in emozioni e  stati d’animo negativi, che sovente impediscono alla persona di andare avanti.

Affinché possa crearsi una buona alleanza terapeutica è opportuno che il primo approccio psicologico alla vittima sia preceduto da una autopresentazione da parte dello psicologo sul mandato a lui affidato.

Nel caso in cui vi siano altri soccorritori ad accompagnare la persona soccorsa al colloquio bisognerà incoraggiarli alla presentazione della vittima, in quanto l’approccio dovrà includere fin dall’inizio tutte le risorse umane che sono state attivate nella situazione di emergenza.

Soprattutto in quei contesti di catastrofi naturali (terremoto, alluvione, ecc) potrebbe accadere che le vittime siano tante, ma sarà opportuno riconoscere l’individualità di ciascun soggetto per poter fornire una corretta assistenza che parta dai bisogni espressi.

L’accoglienza va curata adeguatamente, ascoltando le richieste, sostenendo le persone nell’espressione dei bisogni, valutando a modo le condizioni psichiche del soggetto e le sue dinamiche relazionali.

Lo psicologo in emergenza dovrà sempre ricordare che il paziente ha subito uno stress acuto, e sarà per cui provato da uno stato d’ansia, di angoscia o di rabbia, e ciò potrebbe far sì che i suoi racconti manchino di elementi spazio temporali coerenti; sarà quindi importante fare attenzione alle espressioni emotive ed affettive. Questo perché la congruenza tra l’espressione emotiva e la vicenda narrata è un buon indicatore della capacità integrativa del soggetto (Iacolino, 2016).

La persona vittima di un trauma necessita di essere accolta, validata, rassicurata e informata. La narrazione dell’evento va valutata adeguatamente e mai forzata; ricordando che le manifestazioni di dissociazione e depersonalizzazione sono una difesa contro l’angoscia e consentono un avvicinamento graduale ai contenuti traumatici (Steinberg, Schnall, 2001).

Vanno rinforzate tutte le sensazioni positive che il soggetto nel corso dell’intervento potrebbe aver recuperato, al fine di ripristinare la calma e il controllo del proprio stato vitale.

Tutto ciò consentirà di accompagnare la vittima verso una stabilizzazione emotiva che gli permetterà di utilizzare adeguatamente le proprie risorse personali per superare l’evento.

Non bisogna mai dimenticare che alla base dell’intero intervento psicologico in emergenza dovrà esservi un’adeguata formazione da parte dello psicologo ad operare in questo campo.

Nelle situazioni traumatiche verrà ad attivarsi una intera rete di sostegno offerta dalle istituzioni, e fondamentale sarà la fiducia che lo psicologo ripone nei confronti del sistema di soccorsi, affinché sarà possibile operare secondo un’ottica di squadra, dove un gran numero di risorse umane sono pronte a sostenersi a vicenda al fine di riportare le vittime verso il corretto equilibrio psicologico.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • American Psychiatric Association (2001), “DSM - IV - TR, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”, Masson.
  • Castelletti P. (2008), “Le linee guida sulla salute mentale e il supporto sociale nei contesti di emergenza”, Rivista di Psicologia dell’Emergenza e dell’Assistenza Umanitaria, N. 2
  • Giannantonio M. (2000), “Trauma, psicopatologia e psicoterapia. L’efficacia della psicoterapia ipnotica e dell’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR)”, Attualità in Psicologia, Vol. 15, N. 3, pp 336 – 345.
  • Iacolino C. (2016), “Dall’emergenza alla normalità. Strategie e modelli di intervento nella psicologia dell’emergenza”, Franco Angeli: Milano.
  • Steinberg N., Schnall M. (2001), “The Stranger in the Mirror Dissociation – The Hidden Epidemic”. New York: Click Street Books.
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