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I selfie del Caravaggio: narrazione degli eventi tragici di una vita

L’autoritratto è una rappresentazione narcisistica di sé; in Caravaggio, però, non è solo questo: è anche narrazione della sua vita, tragica e violenta

Di Ursula Valmori

Pubblicato il 11 Ott. 2016

Caravaggio affrontò l’impegno nella pittura con lo stesso impeto e coinvolgimento con cui fronteggiò la vita stessa. Tema della sua pittura fu la realtà drammatica in cui vive l’uomo, espressa con un linguaggio in cui protagonista assoluto è il gioco di luci ed ombre.

 

Vissuto a cavallo di due secoli (XVI e XVII), Michelangelo Merisi (1571-1610) detto il Caravaggio fu erede della tradizione cinquecentesca e, contemporaneamente, aprì una nuova vita all’arte. La sua evoluzione artistica si racchiude in circa quindici anni di attività, durante i quali si registrano continui e sostanziali mutamenti stilistici.

Caravaggio affrontò l’impegno nella pittura con lo stesso impeto e coinvolgimento con cui fronteggiò la vita stessa. Tema della sua pittura fu la realtà drammatica in cui vive l’uomo, espressa con un linguaggio in cui protagonista assoluto è il gioco di luci ed ombre.

 

Caravaggio: la vita

Quella di Michelangelo Merisi fu una vita difficile, burrascosa, segnata da sregolatezza e da eventi tragici.

Il Merisi aveva un temperamento violento ed era terrorizzato dalla morte, tema costante nelle sue opere, in cui si riflettono in modo ossessivo due eventi traumatici della sua vita: la morte del padre, avvenuta quando Michelangelo aveva appena sei anni e l’omicidio che commise all’età di trentacinque anni. Caravaggio, infatti, non si fece mancare nulla: duelli, risse, aggressioni, brutali liti e anche, appunto, un omicidio. Tutta la sua vita fu una sceneggiatura drammatica: il Merisi era solito girare per Roma armato (era vietato, all’epoca solo i nobili potevano portare la spada) e si metteva regolarmente nei guai, finiva in galera e poi usciva, grazie all’aiuto e all’intervento di amicizie importanti.

Dalle carte dei tribunali e dalle fonti biografiche storiche (Mancini, Baglione, Bellori) emerge che Caravaggio fu un personaggio molto particolare, irascibile e litigioso. Scrive Giulio Mancini in Considerazioni sulla pittura – di Michelangelo Merisi da Caravaggio (1620):

Onde non si può negar che non fusse stravagantissimo, e con queste sue stravaganze non si sia tolto qualche decina d’anni di vita.  

Il Baglione (1642) lo descrive come:

un poco discolo, e tal’ hora cercava occasione di fiaccarsi il collo, o di mettere a sbaraglio l’altrui vita. Pratticavano spesso in sua compagnia huomini anch’essi per natura brigosi.

Infine, grazie al Bellori (1672) abbiamo anche una descrizione fisica:

Egli era di color fosco, ed aveva foschi gli occhi, nere le ciglia ed i capelli; e tale riuscì naturalmente nel suo dipingere….come nei costumi ancora era torbido e contenzioso. Non lasceremo di annotare i modi stessi nel portamento, e vestir suo, usando egli drappi e velluti nobili per adornarsi; ma quando poi si era messo un abito, mai lo tralasciava, finché non gli cadeva in cenci. Era negligentissimo nel pulirsi.

Numerosi sono gli autoritratti – veri o presunti – che ci ha lasciato il Caravaggio: da “Bacchino malato” (1593), a “Fanciullo morso da un ramarro” (1595-6), da “Fruttarolo” (1593) a “Bacco” (1595-6), da “Davide con la testa di Golia” (1609-10), a “Decollazione del Battista” (1608), da “Risurrezione di Lazzaro” (1608-9) a “Martirio di sant’Orsola” (1610).

 

Lettura psicologica del Caravaggio

Il Merisi incluse costantemente i propri autoritratti nelle sue opere, dalle prime (in cui traspare serenità e floridezza), fino alle ultime, in cui traspare il deperimento dovuto alla malattia. L’autoritratto è chiaramente una rappresentazione narcisistica di se stessi; in Caravaggio, però, non è solo questo, non è soltanto la rappresentazione della propria immagine nei vari periodi della vita, ma è anche e soprattutto la narrazione della condizione in cui si sente incatenato a causa degli eventi, spesso tragici e violenti, che segnano la sua vita.

A mio avviso si prestano particolarmente bene ad una lettura psicologica il “Fanciullo morso da un ramarro” e “Davide con la testa di Golia”, perché, attraverso questi dipinti, si ripercorre la vita e l’opera del Merisi che, da una condizione di  psicosi latente giunge, alla fine, ad una condizione di liberazione.

 

I selfie del Caravaggio narrazione degli eventi tragici di una vita Ramarro
Fanciullo morso da un ramarro

 

Di “Fanciullo morso da un ramarro” esistono due esemplari simili, l’uno conservato alla Fondazione Longhi a Firenze, l’altro alla National Gallery a Londra. L’opera risale ai primi anni romani ed è menzionata da Giulio Mancini, storico del Seicento:

In questo tempo fece per esso (monsignor Pandolfo Pucci) alcune copie di devozione e, per vendere, un putto che piange per essere stato morso da un racano che tiene in mano.

Come altre opere giovanili eseguite allo specchio, anche quest’opera potrebbe essere l’autoritratto del Merisi nelle vesti del giovane ferito. Il soggetto allude chiaramente ad un significato allegorico, sotteso a quello più immediato; potrebbe trattarsi, infatti, di un’allegoria del temperamento collerico, oppure essere una sorta di ammonimento sull’incertezza della vita, sulla giovinezza effimera e sulla morte che può giungere improvvisa.

Osservando il dipinto, se consideriamo il gelsomino bianco come un’allusione al desiderio, le amarene e le ciliegie allusive alla voluttà e al piacere amoroso e, infine, la rosa come un riferimento all’amore, il messaggio che trasmette il Caravaggio è, a mio avviso, che in ogni grande piacere si nasconde anche un grande dolore.

Attraverso la narrazione del dolore, l’opera d’arte diventa reazione al male, al destino avverso e alla difficoltà di capirne le ragioni, le cause, gli effetti. Se accettiamo l’ipotesi che si tratti di un autoritratto, dobbiamo dunque considerare l’opera come una rappresentazione non solo dei tratti somatici dell’artista, ma anche della sua personalità, delle sue emozioni, dei suoi sogni, o, addirittura, un vero e proprio tentativo di autoterapia. “Fanciullo morso da un ramarro” è anche un bellissimo fermo immagine: in questo senso si può affermare che Michelangelo Merisi sia stato l’inventore della fotografia molto prima dell’invenzione della macchina fotografica e che, se fosse vissuto nel XXI secolo, si sarebbe fatto molti selfie e, probabilmente, li avrebbe postati su facebook.

 

I selfie del Caravaggio narrazione degli eventi tragici di una vita DAVIDE GOLIA
Davide con la testa di Golia

 

Se “Fanciullo morso da un ramarro” è un’opera giovanile di Caravaggio, “Davide con la testa di Golia” è un’opera tarda, posteriore alla sua fuga da Roma. Ricordiamo che il Merisi fu costretto a fuggire da Roma nel 1606, dopo aver ucciso, in seguito ad un diverbio per una partita di pallacorda, tal Ferruccio Tommasoni.  “Davide con la testa di Golia” è tra le opere estreme del Caravaggio: in essa è riconoscibile il tragico autoritratto dell’artista nelle sembianze di Golia decapitato, verso cui Davide vincitore si volge con espressione di commossa pietà. Anche Davide potrebbe essere un autoritratto: un Caravaggio giovane, senza storia, che sorregge la testa del Caravaggio maturo, che ha condotto una vita dissoluta e distruttiva, divorata da fughe e sensi di colpa: è la messa in scena di quella che Freud chiama metafora delirante, che si applica nel tentativo di risolvere un dramma già avvenuto. Il pittore si specchia nel ritratto e, uccidendo il sé colpevole, si libera dal persecutore. Ancora una volta, una sorta di autoterapia artistica ed un ennesimo selfie, anzi doppio selfie a colpi di pennello.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Baglione G. (1642). Le vite dei pittori, scultori et architettori. Vita di Michelangiolo da Caravaggio.
  • Bellori G.P. (1672). Le vite dè pittori, scultori et architetti moderni. Michelangiolo da Caravaggio.
  • Berti L. Lussana P. Magherini G. (2004).  Richiamandoci il Caravaggio felice. Nicomp Laboratorio Ed. Firenze.
  • Lachi C. (2003). La grande Storia dell’Arte. Il Seicento. Scala Group. Gruppo Editoriale L’Espresso. Roma.
  • Mancini G. (1620).  Considerazioni sulla pittura – di Michelangelo Merisi da Caravaggio.
  • Pomella A. (2004). Caravaggio. ATS Italia Editrice. Roma.
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