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Il disturbo ossessivo compulsivo e l’alto rischio di suicidio

I pazienti affetti da disturbo ossessivo compulsivo hanno un rischio di 10 volte maggiore di suicidarsi rispetto alla popolazione generale

Di Claudio Nuzzo

Pubblicato il 29 Set. 2016

Un recente studio pubblicato su Molecular Psychiatry ha stabilito che i pazienti affetti da Disturbo Ossessivo-Compulsivo (OCD) siano 10 volte più a rischio di commettere suicidio rispetto alla popolazione generale.

Ogni anno circa 800’000 persone nel mondo si tolgono la vita (1,4% delle morti); i soggetti affetti da patologie mentali sono esposti ad un rischio maggiore di suicidio e tra chi commette suicidio circa il 90% soffre di un disturbo mentale.
Tuttavia, ben poca attenzione è stata dedicata al rischio di suicidio tra le persone colpite da OCD, per altro uno dei disturbi psichiatrici più comuni (Ruscio, Stein, Chiu & Kessler, 2010). Infatti, il disturbo ossessivo-compulsivo colpisce circa il 2% della popolazione generale (Ruscio et al., 2010), ha solitamente un decorso cronico e si associa ad una minore qualità di vita.

Storicamente il OCD è stato considerato un disturbo a relativo basso rischio di suicidio. Tuttavia, questa evidenza deriva principalmente da un ridotto numero di studi dai campioni piuttosto piccoli (Coryell, 1981; Goodwin, Guze, & Robins, 1969; Kringlen, 1965) e di questi inoltre il follow-up generalmente era breve e perciò insufficiente ad identificare un reale rischio di suicidio per questa patologia. Un recente studio epidemiologico ha concluso che gli individui con OCD (n = 10155) hanno un rischio triplo di suicidarsi rispetto ai controlli (Meier, Mattheisen, Mors, Schendel, Mortensen & Plessen, 2016).

 

Lo studio

Nel tentativo di fornire stime più accurate del rischio di suicidio tra questi pazienti e identificare i fattori di rischio e di protezione associati allo stesso, i ricercatori del Karolinska Istitutet in Svezia hanno analizzato 36788 soggetti contenuti nello Swedish National Patient Register (1969-2013). Stando ai risultati dello studio, 545 soggetti si erano suicidati e 4297 avevano tentato di farlo; il rischio di morte, quindi, era circa 10 volte superiore a quello della popolazione generale, mentre il rischio di suicidio circa 5 volte superiore. Dopo aver controllato l’effetto degli altri disturbi psichiatrici presenti (sebbene il 43,49% dei soggetti suicidatisi non riportavano altri disturbi in comorbilità), il rischio risultava inferiore, ma comunque la differenza con la popolazione di riferimento era sostanziale. La soluzione primariamente scelta per togliersi la vita risultava l’avvelenamento (ad es., overdose di psicofarmaci prescritti), sia per gli uomini che per le donne.

Tra la coorte di pazienti OCD, i precedenti tentativi di suicidio erano i predittori più affidabili del rischio di morte per suicidio, stabilendo, quando presenti, un rischio cinque volte superiore alla norma. Anche avere un disturbo di personalità o una dipendenza da sostanze in comorbilità aumentava il rischio di suicidio del 40-82%. Contrariamente, avere un disturbo d’ansia o possedere uno status socioeconomico elevato si configuravano come fattori protettivi.

 

Conclusioni

I ricercatori hanno perciò concluso che il disturbo ossessivo-compulsivo è in effetti un disturbo associato ad un significativo rischio di suicidio, anche in assenza di altre condizioni psichiatriche in comorbilità, al pari di altri disturbi come schizofrenia, disturbo bipolare, disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) e superiore a quello del disturbo post-traumatico da stress (PTSD) o alla dipendenza da alcol.

Identificare i fattori di rischio associati al suicidio risulta fondamentale per sviluppare protocolli taylor-made di intervento atti alla riduzione di tale rischio. Come infatti risulta dalla letteratura di riferimento, strategie di prevenzione come ridurre la prescrizione di psicofarmaci potenzialmente letali se assunti in grande quantità, incoraggiare il self-help, incrementare l’aiuto fornito da clinici, educatori e terze parti, hanno mostrato una buona efficacia nel prevenire il suicidio (Mann et al., 2005; Pirkis, San Too, Spittal, Krysinska, Robinson & Cheung, 2015). Tuttavia queste strategie non sono specifiche per i pazienti OCD e per tale motivo i futuri studi avranno l’onere di stabilire quale metodologia risulta maggiormente efficace per questo tipo di pazienti.

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