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Somministrare antidepressivi a chi vive matrimoni insoddisfacenti?

Uno studio ha dimostrato come gli psichiatri tendano a prescrivere con facilità antidepressivi per coloro che vivono matrimoni insoddisfacenti. 

Di Claudio Nuzzo

Pubblicato il 08 Set. 2016

Un nuovo studio svolto sui dati del Midwestern Medical Center dal 1980 al 2000 ha rilevato come gli psichiatri tendano a prescrivere con estrema facilità antidepressivi ai soggetti coinvolti nei cosiddetti bad marriages, ovvero quelle relazioni matrimoniali dove i partner si trovano a dover fronteggiare contesti ed interazioni stressanti e poco piacevoli.

 

Curiosamente, l’ipotesi che vede gli attori di questo tipo di relazione soffrire di depressione sarebbe poco corretta; osservando infatti i criteri che definiscono la depressione è facile capire come il quadro sintomatologico sia ben più grave rispetto a quello rilevato tra i partner dei bad marriages. Sarebbe perciò esagerato e potenzialmente rischioso intraprendere una cura farmacologica per un disturbo clinicamente sotto soglia.

L’intervallo temporale dei dati di questo studio non a caso segue il 1973, data in cui l’omosessualità è stata rimossa dal novero dei disturbi mentali. A seguito di questa decisione, infatti, è seguìto un periodo di “depatologizzazione” dell’omosessualità, che si è concretizzato nella cancellazione delle associazioni tra disturbi mentali e identità sessuale del soggetto. Per tale motivo, il team di ricerca si è chiesto se questa implicazione potesse aver influenzato le modalità di diagnosi, le aspettative e, più in generale, la pratica clinica nei confronti delle coppie eterosessuali. Nel dettaglio, il pericolo di creare una norma di benessere psicologico all’interno della relazione, condurrebbe a trattare, anche a livello farmacologico, tutti i soggetti devianti da tale standard. Questa ipotesi spiegherebbe l’incremento delle prescrizioni di antidepressivi alle coppie in difficoltà.

A cosa è dovuta la maggiore prescrizione degli antidepressivi?

Secondo i ricercatori, la maggiore facilità con la quale gli antidepressivi sono prescritti alle coppie eterosessuali in difficoltà trae origine dall’avvento del Prozac e altri SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina), concomitanti ad una politica pubblicitaria sempre più aggressiva delle case farmaceutiche.

Nel tentativo di chiarire la questione, i ricercatori hanno esaminato le cartelle cliniche dei pazienti per capire se e come in questi 20 anni fosse cambiata la modalità di osservare, descrivere, diagnosticare e trattare i disturbi dello spettro depressivo.
Una volta selezionato il campione, un gruppo di valutatori ha perciò esaminato le descrizioni dei clinici contenute nelle cartelle dei pazienti e, impiegando una strategia di codifica tematica, si sono focalizzati sulle tendenze con le quali i clinici associavano i sintomi psichiatrici a caratteristiche del matrimonio, alle relazioni, alle aspettative/ruoli di genere e ad altre variabili.

Tra le tendenze riscontrate dagli psichiatri un esempio potrebbe essere quella di richiedere alle donne di parlare della propria relazione, nel tentativo di spiegare i sintomi riportati, anche quando essa non era centrale per trattare la paziente. Diversamente per gli uomini, dove lo stress era principalmente correlato al lavoro, la centralità del rapporto coniugale perdeva importanza per gli psichiatri, che si focalizzavano su ciò che riportava il paziente. L’argomento fonte di stress che però i mariti riportavano più spesso delle mogli era il sesso; nel dettaglio l’ansia relativa alle loro performances con le partner, che correlava con sintomi depressivi e ansiosi.

Conclusioni

Concludendo si è osservato come le norme relative ai ruoli di genere influenzino significativamente le deliberazioni degli psichiatri nei confronti delle modalità di trattamento, in particolare quelle relative all’assunzione di psicofarmaci. In aggiunta, si è notato come le aspettative dei clinici nei confronti delle donne e degli uomini fossero diverse: per le donne, gli psichiatri ritenevano che la fonte del loro disagio risiedesse nella relazione con il partner, anche quando non percepita come problematica principale dal paziente, per gli uomini invece gli psichiatri ritenevano che la depressione originasse dai dubbi e le insicurezze relative a performance sessuali immaginarie e aspettative (ad es., relative al proprio ruolo lavorativo o come membro della famiglia) ideali e non sempre possibili da raggiungere.

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