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Il ruolo del gioco nel bambino oncologico

Il gioco risulta molto utile per i bambini oncologici, in quanto non solo favorisce l'apprendimento ma consente di esprimere i propri vissuti e ansie. 

Di Guest

Pubblicato il 20 Lug. 2016

Diviene importante favorire, nell’ambiente ospedaliero, l’attività ludica, facendo sì che vengano messi a disposizione dei piccoli pazienti degli spazi allestiti e dedicati al gioco. La sua salute mentale dipende, per buona parte, dalla possibilità di giocare, in quanto questa contribuisce a diminuire lo stress emotivo, favorisce la comprensione di quanto capita e aiuta il bambino a sviluppare le capacità necessarie per superare l’ardua prova della malattia.

Antonella Francioso, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI SAN BENEDETTO DEL TRONTO

Il gioco del bambino oncologico

L’infanzia è un periodo della vita in cui l’occupazione principale dei bambini è il gioco. Quest’attività è fondamentale per sviluppare la loro salute fisica e mentale. Si realizza individualmente o in gruppo.

Il gioco, basato sull’intenzione di divertirsi e sullo sviluppo psicosociale, fornisce nuove sensazioni, crea e ricrea situazioni di vita giornaliere ed aiuta i bambini a scoprire il mondo. Esso mantiene un contatto con la realtà e la trasforma ed adatta ai desideri dei bambini. Alcune situazioni possono ostacolare il gioco e una di queste è l’ospedalizzazione. Il cancro dei bambini è una malattia che richiede molteplici ricoveri ospedalieri. In questo processo i bambini sono costretti a lasciare le loro case e la compagnia delle persone che amano per adattarsi ad un ambiente estraneo che li coinvolge in tutto. La malattia e l’ospedalizzazione dei bambini in questo senso rappresenta una rottura da quella che è la loro vita giornaliera. Essi si ritrovano in luoghi ristretti, dove le abitudini ospedaliere e l’ambiente stesso riducono il tipo di attività che sono abituati a praticare e possono interrompere il loro sviluppo naturale (Lima, K. Y. N., Santos V. E. P., 2015).

L’adattamento psicologico alla malattia è stato rintracciato in un insieme di fattori quali lo stadio della malattia, lo sviluppo e la personalità del bambino, il funzionamento familiare, le precedenti esperienze di vita e di interazione con il team di trattamento. Ciò comporta la necessità di interventi psicologici che facilitano “il coping con il cancro e la promozione di uno sviluppo normale”.

 

Il gioco in ospedale

La Child-Centered Play Therapy è per i bambini uno degli interventi terapeutici più appropriati dal punto di vista evolutivo essendo il gioco per il bambino un ” mezzo naturale di auto-espressione”. Il gioco è considerato un “ancora di salvezza” per un bambino con il cancro; un mezzo attraverso il quale esprimono il senso del loro disagio (Chari U., Hirisave U., Appaji L., 2012).

Il gioco nell’ospedale ha molteplici obiettivi:
– assicura un tipo di collegamento con l’ambiente famigliare;
– contribuisce a creare una continuità nella vita quotidiana;
– fa emergere i sentimenti negativi che potrebbero accompagnare il bambino durante l’ospedalizzazione, mentre possono essere “trasformati” attraverso il gioco;
– riduce l’angoscia e l’ansia, sviluppando il rispetto per i punti di vista e i sentimenti altrui;
– aiuta i bambini a conservare la loro autostima e la fiducia;
– contribuisce allo sviluppo di nuove soluzioni creative nei problemi osservati;
– insegna in modo divertente.

Quasi in tutti i casi dell’ospedalizzazione, i bambini subiscono le procedure mediche invasive, comprese la cateterizzazione, l’iniezione endovena e le analisi del sangue. Il gioco può aiutare i piccoli pazienti ad acquisire dimestichezza con tali procedure e ad imparare esattamente come vengono effettuati, in modo da ridurre il loro timore ed aiutare il loro adattamento e incoraggia la partecipazione dei genitori, fratelli e sorelle. Quindi, i bambini raggiungono una più forte sensazione di normalità e continuazione della loro vita passata, alleviando l’ansia dei genitori e
facilita la comunicazione fra i bambini.

 

Il gioco come mezzo di comunicazione

Il gioco è un eccellente mezzo di comunicazione e di sviluppo delle relazioni sociali e dell’assistenza reciproca e riduce la regressione, cioè, il ritorno alle fasi precedenti dello sviluppo. Tale regressione fra i bambini può essere indicata dai vari disturbi, ad esempio l’enuresi, o comportamenti come il pianto continuo, la ricerca di cure parentali, gli scoppi di rabbia e aggressione. Il gioco porta ad esternare desideri repressi, l’ansia e il timore, e permette ai bambini di esprimersi in modo più creativo e dà gioia e divertimento (Koukourikos K., Tzeha L., Pantelidou P., Tsaloglidou A., 2015).

Giocare coi compagni mette le fondamenta dell’apprendimento, ma anche delle funzioni sociali: la relazione in cui sia presente il gioco genera non solo abilità sociali, ma anche sviluppo intellettuale. Se un bambino si trova ad essere ospedalizzato, poiché avrà a disposizione del tempo dopo le cure e potrà sentirsi molto solo o addirittura depresso, le attività ricreative devono essere integrate in modo efficace nell’insieme dell’ambiente terapeutico.

Quando un bambino è ammalato, il gioco acquista una rilevanza ancor più marcata poiché diventa un modo privilegiato di comunicazione e normalità. Esso in ospedale assume una doppia funzione: a livello ricreativo assicura al bambino la continuità dello sviluppo psico-fisico, mentre a livello terapeutico protegge la salute mentale da mutamenti che potrebbero essere percepiti come disastrosi (Scarponi, 2007). Inoltre, l’attività ludica può essere considerata una motivazione socializzante in quanto rappresenta quella condizione che semplifica l’aggregazione dei bambini, permettendo lo scambio, la comunicazione e la collaborazione con l’altro.

 

Il gioco come preparazione alle terapie

Il gioco può anche essere usato, nell’ambito dell’esperienza patologica, come tramite di preparazione del bambino al ricovero, alle dolorose terapie o agli interventi chirurgici. In tali situazioni si utilizzano personaggi che s’ispirano ai cartoni animati o ai fumetti, li si fa diventare protagonisti di storie di malattie raccontate dai pazienti, allo scopo di stimolarli nel porre domande dirette riguardanti le loro condizioni e gli interventi a loro preannunciati.

Diviene importante favorire, nell’ambiente ospedaliero, l’attività ludica, facendo sì che vengano messi a disposizione dei piccoli pazienti degli spazi allestiti e dedicati al gioco. La sua salute mentale dipende, per buona parte, dalla possibilità di giocare, in quanto questa contribuisce a diminuire lo stress emotivo, favorisce la comprensione di quanto capita e aiuta il bambino a sviluppare le capacità necessarie per superare l’ardua prova della malattia. Quest’ultima rappresenta un grande pericolo psicosociale. Anche se molti bambini si adeguano alle loro condizioni con grande ostilità, alcuni si isolano, evitano relazioni con i pari e con la famiglia. Molte volte lottano con una scarsa autostima, scetticismo e paura. Paura degli operatori ospedalieri, delle procedure mediche, della morte. L’aiuto dei suoi pari può essere una componente preziosa per l’adattamento alla malattia cronica, dando origine ad un’assemblea per la discussione coi coetanei di sentimenti che appaiono indicibili agli amici sani, ai genitori, ai medici. Il gruppo può riconoscere e rispondere ai bisogni dei bambini di conoscenza, contenimento, cambiamento (Scarponi D., Pession A., 2010).

 

Com’è cambiato il gioco per effetto della tecnologia

Nello studio di Nunes de Lima e Pereira Santos, condotto tra ottobre 2013 e gennaio 2014, nell’Ospedale di Natal, in Brasile, si osserva che i bambini usano degli strumenti elettronici come forma di intrattenimento, come il computer e la TV. Col passare del tempo il gioco è cambiato a causa della tecnologia. L’aspetto positivo di tale cambiamento è che questi strumenti elettronici sono facilmente maneggiabili anche dai bambini che non possono lasciare i loro letti. L’uso di tali giochi nel processo di cura tiene i bambini occupati e li distrae dal pensiero della malattia e del trattamento farmacologico.

Può essere opportuno, inoltre, ove possibile, che l’attività ludica venga affiancata da attività quali la pittura e il disegno, la plastilina, il decoupage, il teatro dei burattini, il racconto di fiabe; insomma tutte quelle attività ricreative che, in qualche modo, possano contribuire a stimolare nel bambino l’espressione, in qualsiasi forma, delle proprie angosce e paure. All’interno dell’ospedale dove è stato condotto lo studio, è presente una stanza giochi deputata allo svolgimento di tante attività che vede come protagonisti i bimbi ricoverati e in cura per vari tipi di tumore. E’ stato notato come il tempo passato a giocare è anche un’occasione di socializzazione tra bambini, i quali si mostrano ansiosi di questa opportunità.

 

Apprendere con la giocoterapia ed esprimere i propri vissuti

Attraverso la giocoterapia i bambini vengono motivati all’apprendimento di nuove abilità, individuali e sociali, e di strategie di coping. Questo compito della giocoterapia appare di fondamentale interesse se riflettiamo su quanto lo sviluppo di alcune abilità individuali e sociali possa essere influenzato dai lunghi periodi di isolamento e ospedalizzazione che questi bambini devono affrontare durante l’iter terapeutico e la loro storia di malattia. Inoltre, la possibilità di accedere all’uso di strategie di coping, quando ci si confronta con eventi negativi o stressanti, gioca un ruolo determinante nel benessere psicofisico, sia perché riduce il rischio di conseguenze dannose che potrebbero risultare da un evento stressante, sia perché aiuta a contenere le reazioni emotive negative.

In base alla teoria di Bandura, gli individui imparano osservando il comportamento di altre persone. Si parla, in tal caso, di apprendimento per osservazione. La persona osserva gli altri o presta attenzione a ciò che le sta intorno, all’ambiente fisico, ma anche agli elementi simbolici, come le parole e le immagini. Gli incontri di giocoterapia forniscono molti esempi di appredimento tramite osservazione. Difatti, guardando attentamente un modello che mette in atto un comportamento o che prova un’emozione, l’osservatore ha anche la possibilità di scrutare come l’ambiente circostante reagisce, ottenendo così preziose informazioni non solo su comportamenti nuovi o già acquisiti, ma anche sulle loro eventuali conseguenze.
Il gruppo terapeutico riferisce la condizione in cui si può usufruire del piacere di stare in gruppo mediante la dimensione concreta del fare.

L’apprendimento non deve essere passivo, ma il risultato dell’azione volontaria del bambino, occupato in attività che possano divertirlo. Lo scopo di quest’ultime deve essere quello di motivare il bambino a mettere in gioco le sue competenze pregresse creando un’occasione ideale per l’integrazione di nuove conoscenze. E’ per questo che si favorisce il gioco; il bambino apprende giocando e il gioco, simbolico, di movimento, con le costruzioni, di gruppo, diviene una strategia elegante di conoscenza della realtà. Tramite il gioco, il bambino sperimenta diverse capacità, controlla le sue potenzialità, amplia la conoscenza dell’ambiente circostante. Bisogna saper prestare attenzione al bambino e dargli la possibilità di espressione e comunicazione.

I principali sentimenti provati dai bambini durante il gioco sono la gioia e la contentezza. Esso riduce le tensioni e rende più gioioso l’ambiente in cui si sta. E’ una necessità terapeutica nella cura pediatrica. Inoltre, gli studi hanno messo in rilievo la relazione fra le emozioni e le difese immunitarie. I pazienti in situazioni piacevoli, di gioia, mostrano un aumento delle difese immunitarie ed un incremento del loro stato di benessere. Questo stato di benessere è espresso anche dai bambini: “Il clown gioca con noi e ci fa divertire”. Lo scopo è quello di ridurre il trauma dell’ospedalizzazione usando la risata come misura di terapia (Lima, K. Y. N., Santos V. E. P., 2015).

La giocoterapia permette, quotidianamente, ai piccoli pazienti dell’oncologia pediatrica di trovare, dentro l’ospedale, uno spazio e un tempo, in cui poter dare voce ai propri vissuti emotivi e cognitivi legati all’esperienza di malattia. Il vissuto di ogni membro viene sostenuto e dotato di significato, attraverso l’alleanza terapeutica e la collaborazione col gruppo. Così, i pazienti prendono il controllo della loro esperienza e possono manipolarla e cambiarla. E’ infatti il gruppo che stabilisce cosa e come si può condividere, acconsentendo in questo modo la manifestazione esclusiva dei vissuti che si sente in grado di controllare e sostenere e la conduzione anche di vissuti emotivi altrimenti intollerabili all’esterno della situazione di gruppo. La giocoterapia di gruppo adempie diversi compiti tra cui quello fondamentale di rendere meno penosa e angosciosa l’esperienza delle procedure medico-infermieristiche dolorose che regolarmente questi bambini sono obbligati a combattere.

Le attività svolte in gruppo, tramite la condivisione di esperienze simili, permettono al bambino di conseguire nuove abilità individuali e sociali e nuove modalità di far fronte allo stress attraverso l’uso di diversi pattern di apprendimento. Tramite l’osservazione, il bambino nel gruppo ha l’opportunità di acquisire nuove modalità con cui dominare le sue paure e di verificare la possibilità che anche un’esperienza negativa, incerta e dolorosa, sia fronteggiabile. Attraverso il fare impara ad utilizzare il gioco come una nuova modalità di comunicazione dei propri vissuti cognitivi ed emotivi. Gli aspetti concreti dell’ “imparare facendo” non devono però far tralasciare gli aspetti cognitivi e metacognitivi che inevitabilmente sono coinvolti nel processo di conoscenza e che sostengono la successiva interiorizzazione delle azioni e del loro significato.

Soprattutto l’ansia, collegata all’attesa delle cure mediche invasive, sembra trovare, all’interno di diversi setting psicoterapeutici, una collocazione utile che permette la comunicazione di sentimenti come la paura, la rabbia e l’angoscia, che la sostengono. Ansia e tensione acutizzano il dolore ampliandone la percezione e consumando le energie psico-fisiche del piccolo paziente. Le tecniche cognitivo-comportamentali tendono a ridurre ansia e tensione, “spostando” l’attenzione cognitiva ed emozionale su qualcos’altro, come un gioco o un compito; le tecniche di rilassamento si focalizzano sul controllo della tensione che ha quasi sempre risvolti somatici.

 

Conclusioni

Concludendo, il gioco ha dato la possibilità ai fatti e agli oggetti concreti di trovare “le parole per dire”: “ho male”, “ho paura del male”, “ho paura di stare da solo”, “ho bisogno di aiuto”. I bambini seguiti con la giocoterapia hanno l’opportunità di trovare espressioni per il loro dolore che, privato della preoccupazione e dell’ansia, è avvertito come minore. Il gioco facilita la comunicazione, l’interazione ed aiuta ad alleviare la tensione del bambino quando deve ricevere procedure dolorose e traumatiche, fornendo così un’umanizzazione della cura (Soares V., Silva L. F., Cursino E. G., Goes F. G. B., 2014).
Esso promuove una relazione di fiducia, tranquillità e sicurezza fra tutti i soggetti coinvolti (Lima K. Y. N., Santos V. E. P., 2015).

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