expand_lessAPRI WIDGET

Report dal Gruppo di Interesse Speciale “ACT for Health” – 29 giugno 2016, Verona

La giornata ha avuto come argomento le applicazioni dell’ACT, fornendo ai clinici presenti spunti pratici e di riflessione di assoluta utilità

Di Eleonora Geccherle

Pubblicato il 06 Lug. 2016

Aggiornato il 01 Lug. 2019 14:08

Verso una migliore comprensione del modello ACT che ne consenta un utilizzo coerente con la Relational Frame Theory, nelle diverse situazioni della pratica clinica.

 

L’Acceptance and Commitment Therapy (ACT) rappresenta un modello sempre più diffuso e utilizzato all’interno di diversi contesti clinici, ed offre interventi empiricamente validati in diverse problematiche psicologiche e comportamentali, come l’ansia, la depressione, il dolore cronico, promuovendo la flessibilità psicologica dell’individuo.

Quanto il controllo delle emozioni spiacevoli, così come l’evitamento esperienziale, influenzano il paziente nella condizione di una patologia organica?‘ ‘In che modo la mindfulness, come procedura necessaria nel trattamento ACT, può favorire la consapevolezza del qui e ora?’ ‘Il focus sul momento presente e sull’azione impegnata verso i propri valori come agisce nei contesti di malattia organica?

Di questi e altri temi si è parlato durante il recente incontro nazionale del Gruppo di Interesse Speciale (GIS) “ACT for Health” svoltosi a Verona nella giornata di mercoledì 29 giugno. L’iniziativa è stata promossa dal dottor Giuseppe Deledda, coordinatore del Servizio di Psicologia clinica dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria, e presidente del Gruppo di Interesse Speciale ACT for Health.

Il Gruppo di Interesse Speciale Act for Health di ACT Italia prima e, successivamente lo Special Interest Group internazionale in seno all’Association for Contextual Behavioral Science (ACBS) nascono con l’obiettivo di favorire lo sviluppo di una comunità clinica, di studio e di ricerca che riunisca tutti gli interessati all’applicazione dei processi ACT nell’ambito della psicologia della salute.

Tali riunioni, occasione di crescita e confronto per i sempre più numerosi professionisti che vi partecipano, portano avanti il lavoro del GIS, che si pone tra gli obiettivi quello di creare recenti protocolli d’intervento, dare rilevanza alla formazione tramite il coinvolgimento di ospiti con lunga esperienza clinica e di ricerca, e promuovere l’applicazione del metodo a livello internazionale.

All’incontro hanno partecipato come relatori Joseph Ciarrochi professore presso l’Istituto di Psicologia e dell’Educazione dell’Australian Catholic University, past president dell’ACBS e co-autore del libro ‘The Weight Escape‘, e il dottor Daniel J. Moran, PhD presso l’Hofstra University di New York, presidente eletto dell’ACBS e co-autore del volume ‘ACT in practice: case conceptualization in Acceptance and Commitment Therapy‘, considerato un testo fondamentale nella pratica di tale approccio. Entrambi gli ospiti rivestono un ruolo di assoluto rilievo nel panorama della scienza contestuale del comportamento. Ed è proprio enfatizzando questo concetto che il dottor Moran ha voluto iniziare il suo intervento: l’ACT fonde le sue radici epistemologiche nel comportamentismo, delineandosi come un approccio funzionale e contestuale basato sulla Relational Frame Theory. Non esiste in quest’ottica una distinzione reale tra comportamento manifesto (visibile) e privato (emozioni e pensieri), poiché sono entrambi comportamenti, allo stesso modo.

La giornata è stata fonte di condivisione di diversi temi d’interesse, e ha avuto come argomento le applicazioni dell’ACT, una delle terapie più interessanti del panorama scientifico internazionale, fornendo ai clinici presenti spunti pratici e di riflessione di assoluta utilità.

Durante la prima parte della mattinata il professor Ciarrochi ha introdotto i partecipanti all’interno della cornice del modello ACT e delle terapie di terza generazione, esponendo i concetti di flessibilità psicologica, di accettazione e di evitamento esperenziale.

Una specifica disamina è stata poi condotta sulle strategie d’intervento per il paziente affetto da patologie organiche, un campo in cui l’approccio ACT ha fornito diverse prove di efficacia e di efficienza, focalizzandosi sulla consapevolezza del problema da parte del paziente. Da qui, il terapeuta ACT favorisce scelte coerenti con i propri valori e l’utilizzo di strategie basate sulla self-compassion, volte a una diminuzione delle risposte disfunzionali eccessivamente controllanti o evitanti, al fine di favorire l’accettazione, l’apertura e il movimento del paziente nel contesto di malattia. La condizione di patologia organica comporta nell’individuo un notevole distress e risulta necessario rendere il paziente più flessibile, durante un percorso mirato a rafforzare risposte speculari e alternative a quelle di evitamento, indebolendo il controllo di queste risposte sul comportamento dell’individuo.

Un esempio di queste risposte disfunzionali Ciarrochi l’ha portato facendo riferimento alla sua pratica clinica con i pazienti affetti da obesità dove l’evitamento esperenziale è molto diffuso, con conseguenze dannose per la salute di chi lo attua. Questa strategia di risposta al problema impedisce però di vivere una vita in relazione con i propri valori, ed è proprio con la costruzione di azioni impegnate, dapprima piccole, poi sempre più estese, connesse a quei valori, che il professor Ciarrochi lavora nella motivazione del paziente alla perdita di peso.

Nell’intervento successivo, che ha concluso la mattinata, il dottor Moran ha mostrato una panoramica del Mindful Action Plan, svincolando la Mindfulness dall’idea di atto meditativo fine a sé stesso, e incoraggiando la visione della Mindfulness come azione promotrice di consapevolezza del momento presente.

L’invito di Moran è quello di generalizzare l’esperienza mindfulness a contesti che non sono unicamente quelli della meditazione, ma che dovrebbero coinvolgere la nostra quotidianità, come il mangiare, il guidare, l’essere genitore… in maniera consapevole. Purtroppo come riportato da Moran, in una società sempre in movimento come quella in cui viviamo, risulta sempre più difficile essere presenti a ciò che stiamo facendo e vivendo.

Il fine della Mindfulness, nell’ottica ACT, è quello di ridare spazio a un’ormai perduta consapevolezza, per togliere potere al nostro pilota automatico (metafora che sta a indicare l’insieme di automatismi comportamentali costruiti attraverso le esperienze del passato). Risulta quindi fondamentale diventare più consapevoli della propria esperienza per poter generare una risposta diversa da quella prodotta dal pilota automatico, caratteristica della modalità del fare, chiedendosi tre semplici domande: ‘Cosa fai?‘, ‘Cosa pensi?‘ e ‘Come ti senti?‘, la risposta alle quali, secondo Moran, può portare l’individuo nel momento presente.

Inoltre tale pratica in un contesto di evitamento esperienzale e fusione cognitiva, permette al soggetto di accrescere la defusione e l’accettazione, evitando che pensieri, emozioni e ricordi interferiscano sulla vita in modo nocivo.

Infine, portando come motivazione l’efficacia e l’efficienza che dovrebbero caratterizzare l’intervento terapeutico, Moran ci fornisce una check-list per un Mindful Action Plan. Così come un pilota di aerei prima di partire per il suo viaggio, anche chi vuole intraprendere un’azione mindful dovrebbe assicurarsi di vagliare tutte le sei voci della griglia, cioè di ‘essere‘, ‘nel momento presente‘, ‘accettando‘, ‘notando‘, ‘facendo‘, nella ‘direzione di ciò a cui tengo‘.

L’intervento del dottor Moran si è concluso con una pratica esperienziale molto inconsueta e differente da quelle a cui la tradizione mindfulness ci ha abituati, ovvero una pratica di consapevolezza accompagnata da un sottofondo heavy metal.

Tra un’ironica battuta e un pezzo metal, quindi è terminata un’interessante e proficua giornata di condivisione d’idee e conoscenze, nella direzione dei valori dei molti terapeuti presenti, come ad esempio quello di ridurre la sofferenza e migliorare la qualità di vita delle persone che incrociamo durante il nostro cammino lavorativo e personale. In questo senso è utile e necessario coltivare con gentilezza la nostra abilità di essere nel momento presente con una piena consapevolezza e apertura alla propria esperienza e a fare ciò che conta.

 

Sono qui e ora, accetto quello che provo e noto i miei pensieri, mentre mi muovo verso quello che è importante per me.

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bach, P.a., & Moran, D.J. (2008). ACT in practice: case conceptualization in Acceptance and Commitment Therapy. New Harbinger Publications.
  • Ciarrocchi, J., Harris, R., Bailey, A. (2014). The weight escape. Penguin Group (Australia).
  • Harris R. (2001). Fare ACT. Franco Angeli: Milano.
  • Hayen Steven C., Strosahl Kirk D., Wilson Kelly G. (2013). Teoria e pratica dell’Acceptance and Commitment Therapy. Raffaello Cortina Editore.
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Acceptance and Commitment Therapy le chiavi per superare insidie e problemi nella pratica dell'ACT
Acceptance and Commitment Therapy: le chiavi per superare insidie e problemi nella pratica dell’ACT (2016) – Recensione

Il nuovo volume di Harris si propone di aiutare il terapeuta a superare le insidie e i problemi che possono insorgere col paziente nella pratica dell'ACT. 

ARTICOLI CORRELATI
WordPress Ads
cancel