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Lo psicologo forense in ambito minorile: il ruolo, i test e i limiti

Lo psicologo forense può svolgere il ruolo di perito, CTU o CTP e limita la sua attività alla valutazione senza svolgere terapia o consulenza. 

Di Michele Facci

Pubblicato il 01 Giu. 2016

Aggiornato il 10 Ott. 2019 12:38

Psicologo forense: I lavori forensi nell’ambito della giustizia minorile sono i più delicati in quanto lo psicologo dovrà considerare anche lo sviluppo cognitivo del minore, valutando con attenzione le sue capacità mnestiche, l’intelligenza emotiva, l’esame di realtà e via dicendo, considerando l’età del bambino e le diverse tappe dello sviluppo.

 

Chi è lo psicologo Forense e cosa fa?

L’Ordine Nazionale degli Psicologi, facendo riferimento alla classificazione EUROPSY, definisce lo psicologo forense e giuridico come colui che si occupa [blockquote style=”1″]dei processi cognitivi, emotivi e comportamentali aventi rilevanza per l’amministrazione della giustizia, con riferimento alle persone intese sia come autrici di reato sia partecipanti al processo giudiziario in qualità di imputati, testimoni, parti lese, avvocati e giudici. […] Le applicazioni delle conoscenze e dei metodi di psicologia clinica al contesto giudiziario costituiscono un ausilio sia per l’emissione di sentenze sia per tutelare interessi di parte. Ci si riferisce, ad esempio, all’assessment e alla diagnosi psicologica, alla valutazione della pericolosità, dell’imputabilità e responsabilità penale di adulti e minori, alla valutazione e quantificazione del danno psichico ed esistenziale, al criminal profiling, alla valutazione di minori e del contesto familiare in casi di pregiudizio, all’assessment di minori autori di reato, alla valutazione dei minori e delle capacità genitoriali in casi di affidamento per separazione o divorzio, alla mediazione e risoluzione dei conflitti, alla valutazione per lo sviluppo di percorsi di riabilitazione e reinserimento sociale e lavorativo di autori di reato, ecc.[/blockquote]

In generale, lo psicologo forense svolge in qualità di Perito, in ambito penale, perizie su nomina del giudice o, in ambito civile, consulenze tecnico-giudiziarie in qualità di CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio), Consulente Tecnico del Pubblico Ministero (CTPM) o, di Consulente Tecnico di Parte (CTP) su nomina degli avvocati di parte. Nella sua opera professionale, lo psicologo forense deve rispettare non solo il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani ma anche alcuni documenti che sanciscono le linee guida nell’ambito della psicologia giuridica, tra cui la Carta di Noto del 1996 e i relativi aggiornamenti 2002 e 2011 e Linee guida deontologiche per Psicologo Forense dell’Associazione Italiana Psicologia Giuridica (Torino, 1999)2.

Nella sua attività forense, lo psicologo dovrà sempre tenere a mente il quesito posto dal sistema giudiziario, la sua attività sarà quella di valutazione, in alcun modo potrà svolgere terapia nell’ambito di una perizia o di una consulenza. L’atteggiamento guida da adottare dovrà essere quello “falsificazionista” riassumibile con Popper in questa affermazione: [blockquote style=”1″]L’inconfutabilità di una teoria non è (come spesso si crede) un pregio, bensì un difetto. Ogni controllo genuino di una teoria è un tentativo di falsificarla, o di confutarla. La controllabilità coincide con la falsificabilità; alcune teorie sono controllabili, o esposte alla confutazione, più di altre; esse per così dire, corrono rischi maggiori.[/blockquote] (Popper, 1986).

Questo approccio garantisce infatti allo psicologo di non fossilizzarsi su eventuali informazioni pregiudiziali o di non fare assoluto riferimento al proprio paradigma, ma di confutare e vagliare razionalmente ogni possibilità con lo scopo di avvicinarsi il più possibile a una valutazione oggettiva. Lo psicologo, dovrà comunque tenere a mente che non dovrà sovrapporsi al ruolo del Giudice, ovvero, potrà esprimere un parere in termini di probabilità o compatibilità, non certo di assoluta verità, fornendo agli interlocutori (giudici, avvocati, colleghi psicologi, psichiatri ecc..) elementi oggettivi per valutare e comprendere l’operato dello psicologo forense e di conseguenza le sue conclusioni. Il suo ruolo è quindi di concorrere, assieme alle altre figure, ad aiutare il Giudice ad esprimersi nel modo più corretto possibile.

 

Quali metodologie e quali test nella psicologia giuridica e peritale?

Nell’ambito forense, occorre essere molto cauti e attenti rispetto ai paradigmi di riferimento e ai diversi approcci che ogni psicologo può seguire. Nello specifico, alcuni approcci che nella pratica terapeutica possono risultare efficaci, in ambito giuridico – considerato il tempo limitato, l’obiettivo (che non è appunto fare terapia, ma valutare) e la necessità di dover dare a tutte le parti elementi per comprendere e valutare il lavoro condotto – potrebbero essere poco adatti.

In generale, il principio da adottare è quello di utilizzare metodologie e strumenti il più possibile recenti, oggettivi e condivisi dalla comunità scientifica internazionale. Relativamente ai test proiettivi o tematici, l’Ordine degli Psicologi del Lazio ad esempio raccomanda di utilizzarli, se necessario, solo in accompagnamento ad altri e in particolare scrive: [blockquote style=”1″]L’utilizzazione distorta, più o meno volontariamente, di strumenti tecnici (test proiettivi) che mirano ad ampliare ed approfondire la conoscenza e la comprensione di dinamiche e processi intrapsichici individuali, significa la compromissione e mistificazione di tali strumenti e la sottolineatura del libero arbitrio rispetto a posizioni scientifiche acquisite. In ambito forense e ancor più nel campo di esame di personalità di minori, dove tutto sembra amplificarsi ed acquisire maggior valore, lo psicologo che utilizza i test deve evitare un’analisi contenutistica priva del “tessuto connettivo di sostegno” offerto dai dati statistici quantitativi nell’interpretazione di un test proiettivo come ad esempio il Rorschach e, soprattutto, deve evitare di assumersi il compito-dovere di accertare un’eventuale colpevolezza, di accertare la verità su di un fatto, o ancora nel valutare il grado del dolo, interpretando così in modo soggettivo e privo di fondamenta scientifiche un test proiettivo.[/blockquote]

Nell’ambito minorile i test proiettivi vengono però talvolta utilizzati, e non come ausilio per inquadrare lo stato psicologico del minore, ma come strumenti di misura. Tra i più diffusi, CAT (1957), TAT (1960), Blacky Pictures (1971), Favole della Duss (1957), Rorschach (1981), disegno della figura umana (1949), ecc. La letteratura scientifica dimostra però che questi test lasciano ampio spazio di interpretazione personale e si è dimostrato che diversi periti possono, con i suddetti test, arrivare a conclusioni diverse. Si è inoltre dimostrato che non vi sono significative differenze ad esempio tra i risultati a questi test condotti su minori sessualmente abusati rispetto a minori non abusati, indice della poca attendibilità oggettiva dei test )per una rassegna si veda Veltman e Browne, 2003 e Waterman, 1993 e de Cataldo, 2010).
In generale, test più recenti e utilizzabili nell’ambito minorile, per avere indicazioni più oggettive possono ad esempio essere:

BVN (2009), batteria di valutazione neuropsicologica per l’adolescenza.
CBA-Y (Cognitive Behavioural Assessment, 2013), per la valutazione del benessere psicologico in adolescenti e giovani adulti.
CLES (Coddington Life Events Scales, 2009), per la misurazione degli eventi stressanti nei bambini e negli adolescenti.
CUIDA (2010), per la valutazione dei richiedenti l’adozione, gli assistenti, i tutori e i mediatori.
FRT (Family Relations Test, 1991), per lo studio delle rappresentazioni familiari.
GSS (Gudjonsson Suggestibility Scale, 2014), per valutare le modalità di reazione durante un interrogatorio.
K-SADS-PL (2004), intervista diagnostica per la valutazione dei disturbi psicopatologici in bambini e adolescenti.
MMPI-A (Minnesota Multiphasic Personality Inventory – Adolescent, 2001), utilizzato per l’assessment della personalità negli adolescenti.
PARENTS (Portfolio per la validazione dell’accettazione e del rifiuto genitoriale, 2012), per misurare l’accettazione e il rifiuto genitoriale.
PCL:YV (Hare Psychopathy Checklist: Youth Version, 2013), per la valutazione della psicopatia.
PSI (Parenting Stress Index, 2008), per misurare lo stress presente nella relazione genitore/figlio.
SIPA (Stress Index for Parents of Adolescents, 2013): per identificare lo stress genitoriale con figli adolescenti.
TCS-A (Test sul superamento dei compiti di sviluppo in adolescenza, 2015), sessualità, abilità cognitive e socio-relazionali e identità.
Test Q-PAD (2011), per la valutazione della psicopatologia in adolescenza.
WISC IV (Wechsler Intelligence Scale for Children-IV, 2012), per valutare le capacità cognitive.

È sempre da tenere in considerazione che le interpretazioni dei test andranno sempre accompagnate da accorte valutazioni e osservazioni cliniche.
Infine, è fondamentale che i Consulenti di Parte si astengano dal somministrare test nel corso della consulenza, per non invalidare l’operato del CTU. Il CTP, ove possibile, è opportuno non sia presente durante la somministrazione di test nell’ambito dei lavori peritali per salvaguardare il corretto setting psicodiagnostico: buona abitudine, per questa ragione, è che il CTU videoregistri tutte le operazioni svolte, previo opportuno consenso del Giudice.

 

Chi può fare lo psicologo forense?

In generale possono occuparsi di scienze forensi psicologi che abbiano adeguata e comprovata esperienza e formazione nell’ambito. Presso ogni Tribunale è istituito un Albo dei Consulenti Tecnici: [blockquote style=”1″]I giudici che hanno sede nella circoscrizione di un determinato tribunale devono normalmente affidare gli incarichi ai CTU iscritti nell’albo dello stesso tribunale.[/blockquote] Essere iscritti in suddetto Albo infatti, garantisce una certa professionalità del consulente, in quanto l’ammissione è stabilita da un’apposita commissione, presieduta dal Presidente del Tribunale, composta anche dagli ordini territoriali competenti rispetto alla professione dell’esperto.

 

L’ambito dell’abuso su minori

In generale, i lavori forensi nell’ambito della giustizia minorile sono i più delicati in quanto lo psicologo dovrà considerare anche lo sviluppo cognitivo del minore, valutando con attenzione le sue capacità mnestiche, l’intelligenza emotiva, l’esame di realtà e via dicendo, considerando l’età del bambino e le diverse tappe dello sviluppo. Nel caso dell’abuso, sessuale o meno, il contesto si fa ancora più delicato: il sovrintendente Mauro Berti, responsabile dell’Ufficio Indagini per la Pedofilia della Polizia delle Comunicazioni del Trentino Alto Adige, nell’ambito di una manifestazione della giornata nazionale contro la pedofilia del 5 maggio 2016, ha espresso con limpida chiarezza quanta delicatezza e professionalità occorra nell’occuparsi di minori, in particolare vittima di presunti abusi sessuali, non si è però soffermato solo sugli aspetti formali e tecnici, ma ha aggiunto: [blockquote style=”1″]Per occuparsi di minore occorre che gli esperti, nelle loro diverse specificità e competenze, tengano sempre presente che essere bambini è un diritto, e che chi abbiamo davanti non è un oggetto su cui fare valutazioni o prendere decisioni, ma è una persona, con una sensibilità, con un vissuto, con delle emozioni imprescindibili. Occorre quindi ricordarsi sempre l’aspetto umano-relazionale, ed è anche per questo che la Polizia di Stato non si limita alle attività di indagine o repressione del reato, ma svolge numerose iniziative di sensibilizzazione.[/blockquote]

 

La stesura della relazione

La relazione al fine dei lavori, che lo psicologo forense dovrà elaborare per il sistema giudiziario, dovrà essere scritta con estrema precisione, non lasciando spazio ad interpretazioni soggettive o a espressioni ambigue, dovrà in primo luogo riassumere le modalità, gli incontri, i test e le persone coinvolte durante le operazioni peritali, per poi dettagliare gli esiti in modo oggettivo, dando agli interlocutori la possibilità di comprendere e verificare oggettivamente il lavoro svolto.

Conclusioni

Il lavoro dello psicologo forense è particolarmente delicato e richiede quindi, oltre alle competenze e alle conoscenze, una certa attitudine al metodo scientifico-giuridico.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • De Cataldo N. (a cura di), 2010, Scienza e processo penale: linee guida per l'acquisizione della prova scientifica, ISISC – CEDAM.
  • Popper K., 1986, in AA.VV., Filosofia e pedagogia dalle origini a oggi, vol. 3, p. 615, La Scuola, Brescia.
  • Veltman e Browne, 2003, “La valutazione dei disegni dei bambini maltrattati: un’analisi tematica” Maltrattamento e abuso all’infanzia, 5:29, ed. Franco Angeli.
  • Waterman, 1993, Psychological testing in evaluation of child sexual abuse, Child Abuse and Neglect, 17, 145-159.
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