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Il coping power program: un programma di trattamento efficace per i disturbi del comportamento dirompente in età evolutiva

Il Coping Power Program è un programma di trattamento multimodale dei disturbi dirompenti dell'età evolutiva e il controllo della rabbia. 

Di Veronica Gatta

Pubblicato il 29 Giu. 2016

Aggiornato il 14 Dic. 2022 14:06

Il Coping Power Program è un programma multimodale per il controllo e la gestione della rabbia nei bambini di età scolare, sviluppato da Lochman e collaboratori ed è uno dei pochi programmi con caratteristiche di complessità e di provata efficacia nel trattamento dei disturbi del comportamento dirompente in età scolare.

Veronica Gatta, OPEN SCHOOL PTCR MILANO

I disturbi del comportamento dirompente

I comportamenti aggressivi e i disturbi del comportamento sono tra i più frequenti motivi di accesso ai servizi per l’età evolutiva e, spesso, arrivano agli specialisti quando il funzionamento risulta già compromesso in diversi contesti di vita. I disturbi del comportamento sono associati a un peggioramento del bambino o dell’adolescente in diversi ambiti: scolastico (scarso rendimento, deficit attentivi, fallimento scolastico, espulsione), familiare (caratterizzata da conflittualità verbale e aggressività fisica) e sociale (abbandono scolastico, inserimento in gruppi dissociali, emarginazione). Per questo, sono considerati disturbi ad elevato costo sociale (Loeber et al. 2000). In letteratura viene riportata un’incidenza che varia tra il 6% e il 16% per i maschi e tra il 2% e il 9% per le femmine sotto i 18 anni (Loeber e Keenan, 1994).

Il DSM-5 suddivide i disturbi del comportamento dirompente in:
– Disturbi del neuro-sviluppo che includono il Disturbo dell’attenzione e iperattività;
– Disturbi dirompenti del controllo degli impulsi e della condotta, che includono il disturbo della condotta e il disturbo oppositivo provocatorio. Nei disturbi del controllo degli impulsi sono presenti anche la cleptomania, la piromania, il disturbo antisociale di personalità e il disturbo esplosivo – intermittente.

Per quanto riguarda le ipotesi etiopatogenetiche dei disturbi del comportamento sono presenti in letteratura vari modelli e si ritiene necessaria un’integrazione tra di essi per permettere una visione più ampia e una comprensione migliore (Krol et al. 2004). La psicopatologia dello sviluppo sottolinea il concetto di multifattorialità nella determinazione delle problematiche comportamentali ed emotive: in quest’ottica sia lo sviluppo normale, sia lo sviluppo psicopatologico derivano dall’intreccio di fattori di rischio e fattori protettivi. Tali fattori includono le caratteristiche del bambino (temperamento, funzioni neurocognitive, vulnerabilità biologica), il legame di attaccamento, lo stile educativo familiare e variabili ecologiche (eventi critici, stress sociali, variabili economiche). Più fattori di rischio coesistono, più la probabilità di psicopatologia risulta alta. Una ricerca riporta che nei bambini con diagnosi di disturbo oppositivo provocatorio e disturbo della condotta la probabilità di avere una combinazione di fattori di rischio in tutti e 4 i domini è 34 volte più alta rispetto alla norma (Greenberg, 1999).

I possibili trattamenti dei disturbi dirompenti

Il programma di trattamento sviluppato da Lochman e collaboratori si basa sulle teorie del contextual social-cognitive model (Lochman e Wells-2002), un modello ecologico dell’aggressività in età infantile, che lega il comportamento del bambino a molteplici fattori: il contesto familiare e sociale (problemi del quartiere di residenza, depressione materna, scarso supporto sociale, conflitti genitoriali, basse condizioni socio-economiche) inciderebbe sui problemi esternalizzanti del bambino e li può aggravare influenzando le pratiche educative genitoriali, le abilità sociali e di regolazione emotiva (Lochman et al. 2008); esistono, inoltre, fattori di rischio biologici, tra i quali complicanze neonatali, fattori genetici e temperamentali. Tali fattori possono portare a disturbi della condotta, solo se, combinati con importanti fattori di rischio ambientali, come maltrattamento, stile educativo duro o scarsa guida educativa, rifiuto materno.

A partire perciò da una predisposizione biologica e temperamentale, dalle esperienze nel contesto sociale e all’interno delle relazioni primarie, i bambini con problemi di aggressività sviluppano una modalità distorta e deficitaria di decodifica delle informazioni sociali, con scarsa capacità di analisi degli eventi sociali e in particolare delle intenzioni nella mente dell’altro; tendono a percepire e a valutare i segnali sociali prevalentemente in modo ostile e a reagire in modo aggressivo (Lochman e Dodge, 1994). Mostrano difficoltà nel problem solving interpersonale: fanno fatica a trovare soluzioni adattive ai problemi e considerano l’aggressività una modalità per modulare le emozioni e la strategia maggiormente efficace per regolare le relazioni interpersonali (Lochman e Lenhart, 1993; Lochman e Wells, 2003).

La ricerca si è focalizzata su quali trattamenti risultino efficaci con questi ragazzi. Per i bambini in età scolare (8 – 12 anni) i trattamenti presenti in letteratura si strutturano in sessioni parallele per genitori e per i loro figli e si pongono come obiettivo ridurre i comportamenti aggressivi dei bambini intervenendo anche in modo indiretto sulle competenze socio-relazionali dei genitori (Kazdin, 2003, Eyberg, 2008, Lochman, 2003). In alcuni programmi (Lochman, 2003) lavorano con i genitori per aiutare a riconoscere anche i punti di forza e le qualità del bambino, spesso offuscate dai comportamenti problematici, aumentare il tempo trascorso insieme in attività piacevoli e migliorare la comunicazione familiare. I programmi di parent training rivolti ai genitori hanno diverse prove di efficacia nel ridurre il rischio di comparsa di nuovi comportamenti antisociali (Woolfenden e Peat, 2002).

Un aspetto poco chiaro in letteratura è se risulti più efficace un trattamento individuale o di gruppo. Van Manen (2004) riporta che il percorso di gruppo risulta efficace nel diminuire i comportamenti aggressivi rispetto a un percorso individuale. Le attività che vengono svolte in gruppo, che mettono in atto la provocazione con attività strutturate e l’attivazione di stati di rabbia, rendono possibile al terapeuta insegnare in vivo tecniche e strategie di modulazione della rabbia, spesso alla base dei problemi comportamentali (Lochman, 2003; Lambruschi, 2004). Dall’altra parte tali situazioni possono generare frustrazione e il rischio è l’apprendimento di strategie e comportamenti disfunzionali tra i membri del gruppo (Dishion, 2003). Le ultime ricerche sostengono l’importanza di stabilire un’alleanza terapeutica basata su un legame affettivo e sulla condivisione degli obiettivi terapeutici (Garland et al. 2008; Lambruschi, 2004).

Il Coping Power Program: un trattamento multimodale per il controllo della rabbia

Il Coping Power Program è un programma multimodale per il controllo e la gestione della rabbia nei bambini di età scolare, sviluppato da Lochman e collaboratori ed è uno dei pochi programmi con caratteristiche di complessità e di provata efficacia nel trattamento dei disturbi del comportamento dirompente in età scolare. Si basa su interventi cognitivo – comportamentali già esistenti e sul modello socio-cognitivo di Dodge (Dodge e Crick, 1994). A partire quindi da un modello ecologico dell’aggressività in età evolutiva e dalla molteplicità dei fattori di rischio implicati, Lochman e collaboratori hanno sviluppato un programma, che prevede un intervento sui bambini e, in parallelo, un intervento sui genitori. Numerosi studi confermano l’efficacia del programma nel ridurre i comportamenti aggressivi e l’abuso di sostanze a distanza di 3 anni (Lochman e Wells, 2004). Altre ricerche mostrano miglioramenti nel locus of control interno e nelle abilità sociali, associati a una diminuzione degli errori attributivi e delle aspettative ostili e a maggiore coerenza delle pratiche genitoriali (Lochman e Wells, 2002).

Il programma del Coping Power Program

Gli obiettivi del Coping Power Program vanno dalla diminuzione dei problemi esternalizzanti e dei comportamenti aggressivi, all’adattamento alle richieste scolastiche e alla creazione di una “rete” di supporto sul territorio.

Il programma si rivolge a ragazzi dai 6 ai 16 anni, con diagnosi di Disturbo Oppositivo Provocatorio o Disturbo della condotta e si svolge in gruppi di 4/6 partecipanti con caratteristiche generali di età, genere e livello di sviluppo simili; si pone attenzione ad inserire bambini che si atteggiano a “bulli” e che non esprimono nessuna motivazione al cambiamento e bambini che richiedono attenzioni speciali nel lavoro di gruppo.

La parte rivolta ai bambini si struttura in 32 sessioni e prevede l’uso di alcune tecniche cognitivo-comportamentali e attività volte al potenziamento di alcune capacità carenti, quali saper prendere obiettivi a breve e a lungo termine, organizzare lo studio in modo efficace, riconoscere e modulare i segnali fisiologici della rabbia, riconoscere il punto di vista altrui, risolvere in modo adeguato le situazioni conflittuali, resistere alle pressioni dei pari ed entrare in contatto con gruppi sociali positivi.
In programma va poi adattato in base all’età dei bambini selezionati: con i più piccoli si focalizza maggiormente sulla struttura del gruppo, sulla modulazione della rabbia e sul gioco; con i più grandi si focalizza maggiormente sulla comprensione del concetto di prospettiva altrui, sulle abilità di resistere alle pressione dei pari, sulle abilità di rifiuto e sul role-playing.

La parte di parent training si struttura in 16 incontri ed è volta al potenziamento delle abilità quotidiane di gestione dei figli, attraverso la promozione di modalità educative maggiormente funzionali, quali la gratificazione e l’attenzione positiva, a ridurre lo stress genitoriale e familiare e ad aumentare le capacità di problem solving in situazioni conflittuali.

Gli incontri durano circa 60 minuti. Le sessioni sono intervallate da colloqui individuali brevi ogni 4-5 incontri e da incontri di follow-up, fino a 3 anni.
Ogni sessione è strutturata nello stesso modo: si inizia con una verifica degli obiettivi assegnati, si introduce il tema specifico che verrà affrontato durante l’incontro con attività specifiche su quel tema. Terminata l’attività vengono assegnati i punti, eventuali compiti a casa e nuovi traguardi. Si conclude con dei feedback positivi su cosa hanno imparato e facendo i complimenti a se stessi e al gruppo. Gli ultimi 20 minuti sono destinati al gioco libero.

Le tecniche utilizzate nel Coping Power Program

Tra le tecniche utilizzate, il role playing e la possibilità di interazione tra pari sono elementi che favoriscono la generalizzazione delle competenze acquisite al di fuori del setting terapeutico. Il gruppo permette inoltre di fare esperienza in vivo delle competenze acquisite e il rinforzo dei pari e del gruppo si è mostrato molto più efficace di quello dell’adulto in una situazione diadica (Lochman e Lenhart, 1993).

Uno degli aspetti peculiari di questo trattamento è l’inclusione di attività che prevedono un certo grado di attivazione emotiva. Le difficoltà di problem solving di questi bambini sono infatti maggiori proprio quando sono in stato di attivazione emotiva. Il bambino può sperimentare e apprendere tecniche di controllo della rabbia “in vivo”, mentre è emotivamente attivato. Viene simulata una situazione di provocazione: un bambino viene intenzionalmente deriso dal gruppo e mentre lo prendono in giro il bambino si muove sul termometro della rabbia, disegnato su un grande cartellone a terra, allo scopo di graduare il livello dell’emozione. Con l’aiuto del terapeuta il bambino cerca di regolarsi e di utilizzare le autoistruzioni per far fronte alla situazione.

L’obiettivo finale è far lavorare i bambini sulla capacità di autoriflessione, cioè su come pensare in situazioni difficili e attivanti, diventando così un’attività di potenziamento della capacità di mentalizzazione dei bambini che si trovano a riflettere sul rapporto tra pensieri, emozioni e comportamenti e su cosa può risultare utile dirsi o fare per modularsi.
Un altro contesto che è importante coinvolgere nel trattamento per promuovere la generalizzazione delle abilità acquisite è la scuola, dove i problemi si manifestano con importanza e possono contribuire al mantenimento e all’aggravamento dei disturbi della condotta (Hengeller 2003; Lochman, 2003).

Il Coping Power Program in Italia

In Italia, il Coping Power Program è stato introdotto ed adattato dal Servizio per il trattamento dei disturbi del comportamento in età evolutiva ‘Al di là delle Nuvole’ dell’IRCCS Fondazione ‘Stella Maris’ di Pisa, che ha adattato il Coping Power Program al contesto scolastico come programma di prevenzione. I risultati di un primo studio dell’adattamento del programma nelle scuole riportano una diminuzione di comportamenti impulsivi e iperattivi nelle classi che hanno ricevuto il trattamento, minori problematiche di comportamento e un maggior numero di comportamenti pro-sociali (Muratori, Bertacchi, Giuli et al. 2015). Questi programmi favorirebbero lo sviluppo di nuove abilità, aumentando le competenze sociali e diminuendo i comportamenti aggressivi (Mytton et al. 2006).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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