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Le variazioni del dolore (2014) di J. Rhodes – Recensione

Rhodes, pianista e concertista di fama mondiale, racconta la sua storia segnata dagli abusi subiti da un insegnante del doposcuola di pugilato

Di Caterina Conti

Pubblicato il 05 Mag. 2016

‘Instrumental’, eloquente anche nel suo titolo originale, Le variazioni del dolore è un’autobiografia, una testimonianza, una composizione intensa, forte, onesta, meticolosa, che attraversa il dolore dell’abuso, o meglio, dello stupro, come preferisce chiamarlo James Rhodes.

 

Rhodes, pianista e concertista quarantenne di fama mondiale, mette su carta in prima persona la sua storia, profondamente segnata dagli abusi subiti dai sei ai dieci anni, da un insegnante del doposcuola di pugilato. L’autore racconta la vergogna, l’eredità più tangibile dello stupro, e la colpa, il disprezzo per la presunta propria malvagità e depravazione, la rabbia, la disperazione.

Ripercorre i cortocircuiti del dolore e i tentativi per smorzarlo o, altrettanto dolorosamente, silenziarlo; il sesso da offrire come merce di scambio, alcol, droghe, lamette, distruzione e autodistruzione. L’alternativa è scivolare nel torpore, diventare un sonnambulo, un guscio vuoto, aspettare che il pilota meccanico si sgretoli e tentare il suicidio.

Nel suo Le variazioni del dolore Rhodes illustra attraverso un linguaggio crudo e limpido una vera e propria radiografia del dolore dell’abuso sulla mente e sul corpo, memore in modo spietato di quanto accaduto.

L’autore si racconta come uomo, compagno, padre, musicista, ‘uno stronzo, un bugiardo e un impostore‘, e tanto altro. Passa in rassegna tutte le risorse della salute mentale, i tentativi falliti, quelli più o meno riusciti: i gruppi di auto mutuo aiuto, gli strizzacervelli – uno in particolare – farmaci, ricoveri, meditazione, condivisione e libri di auto aiuto. Per Rhodes la musica è al primo posto. Il cammino personale di Rhodes, dal caos paralizzante del trauma alla vita, passa per la creazione e la bellezza che scaturisce dalla musica.

La musica classica si intreccia con le trame del dolore.

A sette anni l’autore scopre – musicassetta con registrazione dal vivo – la Ciaccona di  J. S. Bach, versione trascritta per pianoforte da Busoni. Felice smarrimento, sollievo, consolazione, lo spazio calmo, una pausa in mezzo alla guerra, un campo di forza, il mantello di Harry Potter, eccitazione, energia.

Comincia l’amore per la musica classica. Rhodes si lascia incantare, comincia a strimpellare su pianoforti malandati nelle sale prove di un istituto di provincia, iniziando un percorso tutt’altro che lineare, che lo porterà ad intraprendere una carriera da concertista.

Non c’è un lieto fine scritto, l’autore lo sa, la rivoluzione è iniziata ed è in corso, tuttavia la mente potrebbe all’improvviso barattare il senso di sicurezza e benevolenza con il terrore, la rabbia, con un senso di colpa feroce e corrosivo o con un vuoto assordante. Con la vergogna sempre in sottofondo.

Nell’autobiografia la musica si insinua a temperare la violenza delle parole, incarna la spinta alla vita e ne disegna la bellezza pur nell’intensità e nella violenza delle emozioni. Rhodes accompagna ad ogni capitolo un brano musicale, ci parla della vita di compositori vissuti nella sofferenza e divenuti immortali per la loro capacità di dare voce all’anima, sostiene la liberazione della musica, da condividere come un dono divino.

Le variazioni di Rhodes vanno ascoltate così, lasciando spazio alle parole e anche alla musica (che vi verrà voglia di ascoltare) senza indugiare su interpretazioni o retro pensieri, pur sapendo che, soprattutto negli addetti ai lavori, arrivano inevitabilmente.

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Caterina Conti
Caterina Conti

Psicologa e psicoterapeuta cognitivo comportamentale

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Rhodes, J. (2014). Le variazioni del dolore. La vita, dopo l’inferno, grazie alla musica. Einaudi Stile Libero.
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