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Trauma, coscienza, personalità. Scritti clinici di Pierre Janet (2016) – Recensione

In questo libro Janet definisce l'isteria come una mancanza di sintesi e integrazione di alcuni fenomeni psicologici nella propria personalità.

Di Marco Innamorati

Pubblicato il 17 Mag. 2016

Un’antologia di scritti, soprattutto casi clinici, aiuta a riscoprire definitivamente anche in Italia uno dei padri della psicoterapia dinamica: Pierre Janet.

Janet: uno dei padri della psicoterapia dinamica

Quando, nell’ormai lontano 1970, apparve il monumentale volume di Henri Ellenberger, La scoperta dell’inconscio, molti freudiani ortodossi rimasero perplessi. Prigionieri della biografia agiografica di Freud scritta da Ernest Jones (1953) si ritrovavano davanti agli occhi una ricostruzione sostanzialmente obiettiva della storia della psicoterapia dinamica e non riuscivano ad adattarsi. Come? – pensavano – Freud non era un eroe senza macchia e senza paura? Jung non era un traditore matricolato? Il concetto di inconscio esisteva prima della nascita della psicoanalisi?

Ellenberger (1970) ebbe il merito di mettere in evidenza queste ed altre verità storiche oggi ormai definitivamente acclarate e la maggior parte delle sue posizioni storiografiche è stata acquisita anche dagli ambienti psicoanalitici più conservatori. Soprattutto di fronte ai contributi di autori come Sulloway (1979) e Crews (1995; 1998) che di Freud hanno dipinto ritratti a tinte ben più fosche. Una delle idee di fondo di Ellenberger, però, ha molto tardato a imporsi, quella che Pierre Janet andasse considerato uno dei padri della psicoterapia dinamica, al pari di Freud, Jung e Adler. Eppure anche in questo caso lo storico svizzero aveva ragione: Janet era destinato a essere nuovamente riletto e apprezzato, una volta dissipata la nebbia che la psicoanalisi classica aveva sollevato per coprire i meriti degli avversari di Freud.

 

Breve biografia di Janet

Pierre Janet, in effetti, era una figura assai nota in Europa ben prima che le opere di Freud iniziassero a essere veramente lette e apprezzate al di fuori dell’ambiente medico viennese, con la possibile eccezione degli Studi sull’isteria, che peraltro lo stesso Janet considerava nulla più che una conferma delle sue teorie (Janet, 2016, p. 10). Allievo di Théodule Ribot, padre della psicologia scientifica francese, Janet si era addottorato in filosofia e medicina a Parigi ed era rapidamente divenuto la figura principale della nascente psicoterapia francese. Quando la psicoanalisi cominciava ad affacciarsi sulla scena internazionale per merito di Jung, nel 1906, i contributi scientifici di Janet erano già ben noti agli psichiatri dell’epoca. Janet fu del resto tra i più fieri oppositori all’affermarsi della psicoanalisi. Riteneva infatti che [blockquote style=”1″]Freud si fosse tranquillamente appropriato del suo lavoro, e che la psicoanalisi non fosse altro che una brutta copia della sua analisi psicologica[/blockquote] (Borch-Jacobsen e Shamdasani, 2012, p. 62).

Fu però la psicoanalisi ad affermarsi clamorosamente nel mondo in capo a pochi anni: e la vittoria di Freud portò con sé, appunto, un completo oblio del contributo di Janet alla nascita della psicoterapia. La riscoperta di Janet, tuttavia, auspicata da Ellenberger, è in effetti ormai ampiamente avvenuta. Scriveva infatti già venti anni fa: [blockquote style=”1″]Se si leggesse l’attuale letteratura psicoanalitica come un romanzo gotico a puntate, non sarebbe difficile intravedere il fantasma senza pace di Pierre Janet, scacciato dal castello di Sigmund Freud un secolo fa, ritornare oggi per tormentare i suoi discendenti. Con inquietante comunanza, le principali scuole di pensiero analitico sono diventate responsive al fenomeno della dissociazione e, ognuna a suo modo, sta tentando di adattarlo all’interno del proprio modello di mente e approccio al caso clinico[/blockquote] (Bromberg, 1995, p. 119).

Anche la tecnica terapeutica di Janet può essere rivalutata: “Per fare un solo esempio” argomenta Giovanni Liotti nella prefazione “le tecniche proposte da Janet per incrementare la capacità di ‘sintesi mentale’ (vedi il caso di Justine) sembrano consonare con quelle contemporanee intese ad aumentare la capacità di mentalizzazione, ovvero le abilità metacognitive del paziente” (Liotti, 2016, p. x). Anche la “gestione della relazione terapeuticca” operata da Janet sembra meritare una particolare attenzione, ad avviso di Liotti: Janet a suo avviso “cercava anzitutto di entrare in uno stato intersoggettivo di condivisione empatica con le parti dissociate” della personalità dei suoi pazienti”, usando un atteggiamento “che sembra configurare un’interessante variante dell’empatia” (Liotti, 2016, p. xi).

 

Il libro “Trauma, coscienza e personalità”

Trauma, coscienza e personalità è il secondo libro di Janet che esce per i tipi di Cortina nel giro di pochi anni, facendo seguito alla traduzione integrale della tesi di dottorato in filosofia su L’automatismo psicologico (Janet, 1889) uscita nel 2013. Questa nuova uscita è invece un’antologia, costituita da quattro capitoli dell’edizione del 1911 dello Stato mentale delle isteriche; da due capitoli dell’edizione del 1898 di Nevrosi e idee fisse; da due capitoli di Dall’angoscia all’estasi, del 1926; da un saggio apparso su Scientia nel 1910 dal titolo “Il subcosciente”.

Anche la storia “interna” dei testi è complessa. In particolare, la prima parte dello Stato mentale delle isteriche era stata pubblicata in volume nel 1893 con la prestigiosa prefazione di Charcot e riassumeva una serie di studi precedenti sulle stigmate mentali, concentrandosi su anestesie, amnesie, abulie, difficoltà nei movimenti e modificazioni del carattere. La seconda era uscita l’anno seguente e corrispondeva alla tesi di dottorato discussa il 29 luglio 1893. In questo caso Janet si concentrava piuttosto su idee fisse, sonnambulismo, deliri e sui cosiddetti “attacchi” isterici.

[blockquote style=”1″]A partire da queste osservazioni, Janet suggerisce che l’isteria sia essenzialmente caratterizzata dalla debolezza della sintesi psicologica, dall’impotenza in cui si trova il soggetto di riunire, di condensare i suoi fenomeni psicologici e di condensarli nella propria personalità […] La debolezza della volontà si unisce alla debolezza della sintesi psichica[/blockquote] (Nicolas e Ferrand, 2003, p.287).

La terza parte dell’edizione del 1911 era invece apparsa solo in un libro curato da Albert Robin nel 1898, anche se non conteneva innovazioni teoriche di rilievo. Il fatto che manchino delle indicazioni sulle differenze tra le edizioni originali e quella di riferimento per la traduzione costituisce in effetti un problema, soprattutto per chi voglia utilizzare il libro come fonte storica. Un problema che tuttavia non inficia la più che lodevole iniziativa editoriale, per la quale bisogna ringraziare oltre a Raffaello Cortina, i due curatori Francesca Ortu e Giuseppe Craparo.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Borch-Jacobsen, M. e Shamdasani, S. (2012), Dossier Freud. L’invenzione della leggenda psicoanalitica, trad. it. Bollati Boringhieri, Torino 2012.
  • Bromberg, P. H. (1995), Psicoanalisi, dissociazione e organizzazione della personalità, trad. it. in Id. Clinica del trauma e della dissociazione, Raffaello Cortina, Milano 2007.
  • Crews, F. [et al.], Freud’s Legacy in Dispute, New York Review Books, New York.
  • Id. (a cura di), Unauthorized Freud, New York-London.
  • Ellenberger, H. (1970), La scoperta dell’inconscio, trad. it. Boringhieri, Torino 1972.
  • Janet, P. (1889), L’automatismo psicologico, trad. it. a cura di Francesca Ortu e Giuseppe Craparo, Raffaello Cortina, Milano 2012.
  • Id. (2016), Trauma, coscienza, personalità. Scritti clinici, a cura di Francesca Ortu e Giuseppe Craparo, Raffaello Cortina, Milano 2016.
  • Jones, E. (1953), Vita e opere di Freud, trad. it. Il Saggiatore, Milano 1962, 3 voll.
  • Liotti, G. (2016), Prefazione a Janet, 2016.
  • Nicolas, S. e Ferrand, L. (a cura di) (2003), La psychologie moderne: Textes fondateurs du XIXe siècle avec commentaires, De Boeck, Bruxelles.
  • Sulloway, F. (1979), Freud biologo della psiche, trad. it. Feltrinelli, Milano 1982.
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