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Mad in America, cattiva scienza, cattiva medicina e maltrattamento dei malati mentali di Robert Whitaker (2015) – Recensione

Il libro ripercorre la storia della psichiatria americana ed europea a partire dal 1700, rivelando anche i maltrattamenti subiti dai malati mentali. 

Di Gaspare Palmieri

Pubblicato il 17 Mag. 2016

Il libro ripercorre la storia della psichiatria americana ed europea a partire dal 1750, quando il malato mentale veniva trattato come un essere inferiore, tanto da meritarsi come cura i salassi, le purghe, la sedia rotante e la somministrazione di sostanze che inducevano la nausea.

 

La storia della psichiatria nel libro di Whitaker

Conoscere la storia della psichiatria riveste grande importanza per comprendere dove siamo arrivati oggi nella cura della malattia mentale. E’ da questa premessa che il giornalista scientifico Robert Whitaker parte per scrivere questo libro, che in parte completa l’altra sua celebre opera Indagine su un’epidemia, che contiene concetti molto provocatori (ma in parte aimè condivisibili) come quello che gli esiti della cura della malattia mentale grave erano migliori cento anni fa (quando non c’erano gli psicofarmaci) o che c’è una remissione maggiore dei disturbi psichiatrici nei paesi in via di sviluppo (dove ci sono pochi psicofarmaci) rispetto ai paesi sviluppati.

Il libro ripercorre la storia della psichiatria americana ed europea a partire dal 1750, quando il malato mentale veniva trattato come un essere inferiore, tanto da meritarsi come cura i salassi, le purghe, la sedia rotante e la somministrazione di sostanze che inducevano la nausea. L’800 ebbe con il francese Pinel una temporanea umanizzazione dei trattamenti, con l’introduzione della cosiddetta terapia morale (antesignana del modello biopsicosociale, che vedeva la malattia mentale anche come conseguenza di eventi di vita stressanti), che venne ripresa in America da alcune comunità di Quaccheri.

Il ‘900 (definito dall’autore l’età più buia) fu caratterizzato da una regressione della visione della malattia mentale, anche grazie alla diffusione dell’eugenetica, che identificava nel malato di mente un portatore di patrimonio genetico alterato che andava pertanto eliminato per migliorare la razza umana.

Negli anni ’20 negli Stati Uniti si arrivò alla sterilizzazione obbligatoria dei malati mentali, alla stregua della Germania Nazista. In quell’epoca manicomiale il disagio psichico era visto come qualcosa da eradicare violentemente producendo lesioni al cervello. I trattamenti terribili in voga in quel periodo comprendevano il coma insulinico, l’uso massiccio di barbiturici, la terapia convulsiva con metrazol e poi con scosse elettriche, la lobotomia (in precedenza altre mostruosità chirurgiche come l’estrazione di tutti i denti o l’isterectomia come possibile cura della follia).

La modalità di sperimentazione scientifica per salute mentale di quel periodo e, secondo l’autore anche in parte del periodo successivo, contravveniva al celeberrimo Codice di Norimberga (prodotto dopo la seconda Guerra Mondiale in opposizione agli orrori sanitari del Terzo reich), che sanciva il principio secondo il quale gli interessi scientifici non avrebbero mai dovuto avere la precedenza sui diritti dell’essere umano.

 

Le ricerche sugli psicofarmaci

Oltre ai danni cerebrali permanenti causati dalla lobotomia, nel libro viene raccontato il periodo delle ricerche americane sull’esacerbazione di psicosi indotta da allucinogeni come l’LSD, che veniva somministrato in dosi massicce senza un valido consenso dei pazienti. La scoperta degli psicofarmaci a partire dagli anni ’50 per certi versi rivoluzionò radicalmente la cura e la qualità di vita delle persone affette da disturbi mentali, anche se l’autore non ne riconosce il valore e anzi sostiene che gli psichiatri americani ne abbiano sempre fatto un uso sconsiderato, in nome di un riduzionismo biologico che in Europa ha sicuramente preso meno piede.

Vengono presentati studi e testimonianze che mettono in discussione l’efficacia degli psicofarmaci, in particolare i neurolettici (anche quelli di nuova generazione), che aumenterebbero addirittura il rischio di ricadute nella malattia. Whitaker accusa la classe psichiatrica americana di essere stata accecata di fronte al miraggio psicofarmacologico, che poi è stato ridimensionato in termini di efficacia e in questo anche le industrie farmaceutiche hanno sicuramente le proprie responsabilità.

Sicuramente un libro-inchiesta molto efficace che pecca un po’ della mancanza dell’aspetto propositivo, privilegiando quello critico.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Whitaker, R. (2015). Mad in America, cattiva scienza, cattiva medicina e maltrattamento dei malati mentali. L’Asino d’oro Edizioni.
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