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Gestione dell’ansia: piccolo vademecum

Il processo di gestione dell'ansia passa attraverso interventi cognitivi, con la ristrutturazione dei pensieri disfunzionali, e interventi comportamentali. 

Di Simona Di Paolo

Pubblicato il 05 Mag. 2016

Aggiornato il 18 Gen. 2017 11:22

Una certa quota di ansia è dunque utile nella quotidianità, ma, in alcune situazioni, quando è eccessiva, può bloccare l’individuo, trasformarsi in panico e può diventare patologica. Torna allora utile trovare strategie per la gestione dell’ansia.

 

La parola ansia deriva dal termine latino anxius che significa affannoso, inquieto, a sua volta da angere, che vuol dire stringere, soffocare.

L’ansia è un’emozione naturale, di per sé utile all’adattamento. Basti pensare che, senza ansia e paura, l’uomo non sarebbe sopravvissuto e non sopravvivrebbe ai pericoli. L’ansia è un’alleata nel momento in cui bisogna affrontare una prova, una situazione in cui è necessaria una notevole dose di attenzione e concentrazione. Una certa quota di ansia è dunque utile nella quotidianità, ma, in alcune situazioni, quando è eccessiva può bloccare l’individuo, trasformarsi in panico e può diventare patologica. Torna allora utile trovare strategie per la gestione dell’ansia

L’ansia viene sperimentata quando gli esseri umani credono di essere esposti ad una minaccia più o meno imminente e grave. L’ansia è generata non dall’evento in sé, ma dai pensieri che facciamo su quello che sta accadendo (o accadrà).

 

 

In cosa differiscono l’ansia e la paura

L’ansia e la paura sono due emozioni simili nella loro manifestazione fisiologica (attraverso sintomi fisici quali tachicardia, respirazione affannosa, sudorazione, senso di nodo alla gola, ecc.), entrambe sono la reazione ad una minaccia ma differiscono sostanzialmente perché:

  • la paura è una reazione emotiva ad un pericolo reale.
  • l’ansia è una reazione emotiva ad un pericolo percepito.

 

La paura

La paura è l’emozione più antica e fondamentale per la sopravvivenza, si attiva ogni volta che ci troviamo di fronte a un pericolo nel tentativo di proteggere la nostra vita.

La paura è una risposta mirata diretta a un evento o un oggetto specifico, e la persona ne è consapevole. Nel momento in cui percepiamo un pericolo proviamo paura, il sistema simpatico si attiva e prepara il corpo alla modalità di attacco e fuga, un meccanismo difensivo sviluppato in ogni specie animale, aumenta cosi l’afflusso di sangue ai muscoli, il cuore inizia a battere più forte e più veloce, le vene si contraggono ed aumenta la pressione sanguigna, i bronchi si dilatano ed aumenta anche l’ossigenazione, contemporaneamente viene rallentata la digestione, ecc., il corpo ora è pronto a colpire o a scappare, può arrivare a paralizzare anche  le nostre scelte.

Dal punto di vista fisiologico, negli esseri umani esisterebbe un vero e proprio circuito cerebrale della paura. Secondo LeDoux, uno dei più grandi studiosi del cervello umano, esisterebbe una strada ‘alta’, corticale (più lenta e che implica consapevolezza) ed una strada ‘bassa’, sottocorticale (più veloce ed inconsapevole).

La strada alta porta dal talamo sensoriale alla corteccia sensoriale e poi all’amigdala, è la strada utilizzata dall’ansia in cui lo stimolo viene elaborato cognitivamente. La strada bassa invece porta direttamente le informazioni dal talamo sensoriale all’amigdala, ed è la strada utilizzata dalla paura in cui non vi è elaborazione del percetto, ma pura percezione.

 

 

Predisposizione all’ansia

Non tutti richiedono interventi di gestione dell’ansia, poiché non tutti sperimentano un disturbo d’ansia, ciò dipende dall’interazione di vari fattori come il temperamento, le esperienze di vita e la vulnerabilità storica ed attuale.

Pertanto è buona norma, in questi periodi, preparasi alla gestione dell’ansia adottando delle strategie di coping adeguate (inteso come l’insieme di strategie mentali e comportamentali che sono messe in atto per fronteggiare una certa situazione).

 

Gestione dell’ansia: conoscere i 4 cluster sintomatologici ansiosi

I quattro cluster sintomatologici dell’ansia sono:

  • Sintomi cardiorespiratori: tachicardia, senso di oppressione al petto, di affogare, dispnea, ecc.
  • Sintomi gastrointestinali: nausea, vomito, mal di stomaco, tensione e/o dolori addominali, diarrea, ecc.
  • Sintomi vestibolari: sensazione di instabilità, vertigini, sensazione di svenimento, ecc.
  • Sintomi psicosensoriali: disorientamento, derealizzazione, depersonalizzazione,sensazione di camminare sulla gomma piuma o di gambe molli, ecc.

 

La Psicoterapia Cognitiva per la gestione dell’ansia

La psicoterapia cognitiva è molto efficace nella gestione dell’ansia, essa spiega i disturbi emotivi attraverso l’analisi della relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti.

Secondo la TCS, alla base dei disturbi da ansia e dell’umore vi sarebbero delle distorsioni cognitive, cioè ragionamenti che si caratterizzano per il fatto di discostarsi dalle teorie normative del ragionamento e che, per questo, causano, aggravano e mantengono le credenze patogene, quelle che sottendono la sofferenza psicopatologica. Pertanto, le reazioni emotive disfunzionali e il disagio sono frutto di pensieri disfunzionali, quindi  è essenziale lavorare su di essi.

 

Come ragioniamo e quali meccanismi sono coinvolti nell’ansia

Quando ragioniamo utilizziamo bias cognitivi, euristiche, che diventano disfunzionali se vengono utilizzate eccessivamente.

Inoltre possediamo un altro tipo di ragionamento, anch’esso automatico, che si attiva in seguito alla valutazione di un evento come minaccioso chiamato Better Safe than Sorry (BSTS) cioè ‘Meglio allarmarsi che non allarmarsi affatto’. Lo scopo è quello di evitare errori di sottovalutazione del pericolo, pertanto viene privilegiata la focalizzazione dell’ipotesi di pericolo.  Il BSTS si attiva anche se il danno da prevenire non è importante in sé ma lo è diventato perché l’individuo ritiene di avere il dovere di prevenirlo.

I pensieri che possono generare ansia sono: sopravvalutazione del pericolo e sottovalutazione delle proprie capacità di affrontare una situazione.

 

Modello del Circolo vizioso del Panico

Secondo Modello del Circolo vizioso del Panico (Clark, 1986 – Modificato da Wells, 1997) vi è uno Stimolo scatenante esterno oppure interno che viene percepito come minaccioso attivando così le sensazioni somatiche come ad esempio dolori al petto, palpitazioni, salivazione azzerata, nausea, tremore tachicardia, tremore, fame d’aria, iperventilazione ecc. Dopodiché vi è un’interpretazione catastrofica delle sensazioni mentali e somatiche che accompagnano questa preoccupazione ad esempio ‘non respiro… e se mi sento male? Mi sta venendo un infarto?‘. Tutto ciò porta ad un incremento della preoccupazione, cioè si acuiranno le sensazioni somatiche, fino a causare un Attacco di Panico. Invece, se si mettono in atto evitamenti o comportamenti protettivi le manifestazioni negative diminuiranno con la conseguenza di una cronicizzazione dell’ansia. Pertanto ci si dovrebbe dedicare a percorsi e strategie di gestione dell’ansia, che va attraversata e mai evitata.

 

Gestione dell’ansia: come combattere allora quest’ansia?

Interventi cognitivi per la gestione dell’ansia

Psicoeducazione; modificazione delle credenze patogene (AS) tramite ristrutturazione cognitiva; accettazione dell’ansia e del rischio di panico (si cerca di attendere che passi la tempesta), ecc.

Interventi comportamentali per la gestione dell’ansia

Respirazione diaframmatica; rilassamento isometrico rapido; tecnica luogo sicuro; mindfullness; esposizione enterocettiva e in vivo; Eliminazione dei comportamenti di controllo; ecc.

 

Identificare i pensieri ansiogeni

All’inizio può essere difficile individuare i pensieri che provocano ansia, specialmente, se durano da molto tempo e si presentano in modo quasi automatico. Per individuarli, nelle situazioni in cui si è in ansia è importante farsi delle domande: es.: ‘Che cosa sto pensando? Che cosa penso della situazione? Come penso di affrontarla? Cosa farò? Ecc.‘ Un esempio di pensiero disfunzionale potrebbe essere: ‘Cosa succederà se non ci riuscirò? Sicuramente perderò tutto?‘. Mentre un esempio di pensiero illusorio è: ‘Ci riuscirò senz’altro, sono troppo bravo!‘. Un pensiero funzionale, invece, suonerebbe più o meno così: ‘Mi conviene provarci e fare del mio meglio!’.

Nel processo di gestione dell’ansia, per distinguere il pensiero disfunzionale ed illusorio da quello funzionale è utile sapere che nel pensiero disfunzionale si usano spesso queste espressioni: ‘Io devo assolutamente..; io sono obbligato a..; se … poi;  non potrei resistere se…‘. Nel pensiero illusorio invece le seguenti: ‘Andrà tutto bene; non m’importa; non diventerò mai ansioso‘. Nel pensiero funzionale invece le espressioni sono le seguenti: ‘Preferirei non …; è improbabile che succeda… ma; anche se succederà non sarà una catastrofe; se le cose non andranno come desidero, mi sentirò deluso e seccato, ma riuscirò ad andare avanti  comunque‘. Sono abolite le doverizzazioni.

 

Sostituire i pensieri disfunzionali ansiogeni con pensieri più funzionali

Domandarsi se quello che si pensa è condiviso anche dagli altri. Chiedersi se il vostro modo di pensare vi aiuta a raggiungere gli obiettivi o vi allontana. Se state facendo un errore dì ragionamento avete a che fare con dei bias cognitivi: particolari distorsioni nel modo di interpretare e valutare la realtà interna ed esterna della persona collegate all’utilizzo di regole euristiche.

Ad esempio, in un processo di gestione dell’ansia, è assolutamente importante fare attenzione quando si pensa in termini di tutto o nulla, si vede tutto in bianco o nero (Pensiero assolutistico o dicotomico). Altri bias cognitivi a cui stare attenti sono:

  • Generalizzazione. Fare attenzione a parole come: sempre, mai, tutti, tutto, nessuno, niente. Chiedersi se la situazione è davvero così estrema.
  • Ingigantire / minimizzare l’importanza di singoli episodi. Se in un’occasione non siete riusciti, non significa che continuerete a fallire.
  • Pensare solo ai punti deboli dimenticandosi i punti di forza. Cercate di pensare ad altre volte in cui avete avuto dei successi, anche piccoli.
  • Catastrofizzazione. Sopravvalutare le probabilità di un disastro. È vero che qualcosa può andare male, ma non bisogna sopravvalutare i rischi.

 

 

Conclusioni

Per affrontare meglio la gestione dell’ansia, quando ci si accorge di stare male è dunque utile:

  • Chiedersi di che emozione si tratta, cosa sentiamo in quel preciso momento.
  • Identificare quali sono i pensieri relativi all’ emozione, il proprio dialogo interno, cioè i pensieri disfunzionali.
  • Mettere in dubbio i pensieri e le convinzioni disfunzionali.
  • Sostituire i pensieri e le convinzioni disfunzionali con pensieri più vicini alla realtà e più utili per il raggiungimento dei tuoi obiettivi.
  • Ricorrere a tecniche comportamentali

 

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Simona Di Paolo
Simona Di Paolo

Psicologa Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Gavin Andrews, Mark Creamer, Rocco Crino, Caroline Hunt, Lisa Lampe, Andrew Page, Trattamento dei disturbi d’ansia, Centro Scientifico editore, 2003.
  • Ledoux J,  S. Coyaud,  Il cervello emotivo: alle origini delle emozioni, 2003  Milano.
  • Perdighe C., Mancini F., Elementi di psicoterapia cognitiva II Edizione, Giovanni Fioriti Editore, 2010.
  • Aaron T. Beck, Principi di terapia cognitiva, un approccio alla cura dei disturbi affettivi, Casa Editrice Astrolabio,1984.
  • Mancini F., Gangemi A., Johnson-Laird, P.N. (2007), Il ruolo del ragionamento nella psicopatologia secondo la hyper theory, Giornale italiano di psicologia a XXXIV, n.4, dicembre.
  • Francesco Mancini & Amelia Gangemi, Il Ragionamento ed il suo ruolo nei disturbi di ansia e dell’umore, Teorie & Modelli, n.s., XI, 3, 2006 (xx-xx), Associazione di Psicologia Cognitiva, Roma.
     
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