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I fattori di rischio e di mantenimento dei disturbi alimentari

L'esordio dei disturbi alimentari deriva da fattori di vulnerabilità che si associano a fattori scatenanti specifici che contribuiscono al loro mantenimento

Di Isabella Brega

Pubblicato il 06 Mag. 2016

Aggiornato il 16 Mag. 2016 10:02

Le cause dei disturbi alimentari sono riconducibili a fattori predisponenti o di vulnerabilità, che predispongono un “terreno fertile” per la nascita del disordine e a fattori scatenanti, i quali promuovono un cambiamento che altrimenti non sarebbe avvenuto creando inoltre la condizione per la comparsa di fattori perpetranti, i quali originano un circolo vizioso che sviluppa e mantiene la malattia (Cuzzolaro, 2004; Ostuzzi & Luxardi, 2003). 

Di seguito un breve approfondimento dei tre.

I fattori predisponenti

I fattori predisponenti o di vulnerabilità hanno caratteristiche individuali, famigliari e socio-culturali. I primi sono: il genere, il 90% dei soggetti con disturbi alimentari è di sesso femminile (APA 2000b), e l’età, nella maggior parte dei casi, infatti, i disturbi alimentari si sviluppano nell’adolescenza (ADA, 2001).

Altri fattori predisponenti con caratteristiche individuali sembrano essere la presenza di tratti ossessivi di personalità (Thompson, 2000), il perfezionismo patologico (Fairburn et al., 1999) e una bassa autostima (Fairburn et al., 1999), la quale sembra essere rilevante per la nascita dei disturbi alimentari. Nella società occidentale odierna, infatti, l’autostima delle persone risulta in gran parte dipendente da quanto si è percepiti attraenti per il sesso opposto, e in questo il peso corporeo sembra avere un ruolo sempre più rilevante (Calogero et al., 2010).

Per quanto riguarda i fattori predisponenti con caratteristiche famigliari, pur non esistendo una famiglia “tipica” che favorisca l’insorgenza dei disturbi alimentari, diverse ricerche hanno trovato: l’invadenza (Minuchin et al., 1978), l’ostilità, la negazione dei bisogni emotivi (Minuchin et al., 1978), l’eccessivo controllo (Haworth-Hoeppner, 2000) e l’esagerata preoccupazione genitoriale (Walters & Kendler, 1995) come elementi che potrebbero favorire l’insorgenza dei disturbi alimentari.

Inoltre, ricerche (Ostuzzi & Luxardi, 2003; Striegel-Moore & Bulik, 2007) hanno dimostrato l’influenza famigliare a livello biologico/ereditario nei disturbi alimentari. Infatti il rischio di sviluppare Anoressia Nervosa o Bulimia Nervosa è maggiore nei parenti di primo grado di un soggetto che ne soffre, rispetto alla popolazione generale (APA, 2000b; Striegel-Moore & Bulik, 2007). In questi casi è probabile anche l’influenza famigliare ambientale: vivere con un parente che mette in atto comportamenti alimentari disturbati favorisce atteggiamenti analoghi nei figli o fratelli (Tylka, 2004).

Tra i fattori predisponenti con caratteristiche socio-culturali, l’etnia. Secondo uno studio (Abrams & Stormer, 2002), infatti, i disturbi alimentari risultano più diffusi tra i nativi americani e nelle popolazioni caucasiche e latine, mentre nelle culture asiatiche e afro-americane, in cui non vi è pressione sociale alla magrezza poiché è accettato e diffuso un ideale corporeo più formoso, l’incidenza di Anoressia Nervosa e Bulimia Nervosa risultano decisamente inferiori (APA, 2000a).

Secondo gli studiosi (Dakanalis, Caslini, et al., 2012), un ruolo importante nei disturbi alimentari è giocato dal contesto culturale occidentale, ed in particolare dai mass media. Essi, infatti, sono considerati uno dei più forti trasmettitori di pressione sociale alla magrezza, la quale viene considerata sinonimo di bellezza e successo (Dakanalis, Caslini et al., 2012).

Poiché tutte le ragazze sono esposte ai mezzi di comunicazione di massa ma solo una piccola parte di loro sviluppa disturbi alimentari (Tiggemann, 2002), è probabile l’esistenza di meccanismi più sottili che rendono alcuni soggetti maggiormente vulnerabili alla pressione mass mediatica.
Tale processo potrebbe essere riconducibile all’”interiorizzazione” degli standard di bellezza trasmessi dai mezzi di comunicazione di massa, i quali vengono utilizzati per verificare il proprio livello di adeguatezza fisica e sociale e quindi influenzare la rappresentazione mentale del corpo (immagine corporea) del soggetto e i suoi comportamenti alimentari (Dakanalis, Caslini, et al., 2012). Potrebbe avvenire, quindi, un’introiezione di specifici (dis)valori mediatici al punto che questi diventano dei principi guida della propria esistenza.

Infine, il rapporto con i pari sembra influenzare lo sviluppo dei disturbi alimentari, poiché spesso i giovani imparano dai coetanei l’importanza dell’essere magri, dell’apparire e i comportamenti da mettere in atto per raggiungere tali scopi (per esempio, diete e condotte di eliminazione). Infatti, come sostiene Sartori (2011), “il peer group riflette quasi esclusivamente una cultura giovanile che è a sua volta una cultura audiovisiva”.

 

I fattori scatenanti

Dopo avere approfondito i principali fattori predisponenti ai disturbi alimentari, di seguito alcuni dei molteplici eventi che possono scatenare la malattia in presenza di una predisposizione di base.

L’intraprendere una dieta sembra essere un fattore scatenante forte (Ostuzzi & Luxardi, 2003).
Anche l’affrontare i cambiamenti fisici legati alla pubertà, in particolare dalla ragazza, poiché i mutamenti femminili sono molti e più complessi nella loro elaborazione mentale rispetto a quelli maschili, come l’aumento ponderale, le trasformazioni morfologiche ed inoltre la comparsa del menarca (Fairburn et al., 1999). La ragazza quindi può vivere l’adolescenza come minacciosa, sentendo di perdere il controllo su di sé, e a questo si aggiunge il cambiamento che essa affronta nel modo in cui viene guardata.

Inoltre, vi possono essere eventi di vita stressante, tra i quali: il distacco dalla famiglia o la perdita della sua integrità, la rottura di un rapporto amoroso o amicale ed esperienze di lutto (Ostuzzi & Luxardi, 2003). Non raramente i soggetti con disturbi alimentari hanno storie di abusi e traumi (ADA, 2001).

A seguito di una vulnerabilità di fondo e a questi elementi, la reazione potrebbe essere quella di concentrare la propria attenzione sul peso e sul cibo, per tentare di recuperare il controllo e darsi un valore (Cuzzolaro, 2004).

 

I fattori di mantenimento

Come può scoprire la persona nel tempo, emozioni negative quali tristezza, ostilità, ansia/paura e soprattutto vergogna possono essere gestite (in modo disfunzionale) attraverso l’alimentazione. Questo, quindi, tende a perpetrare tale comportamento (Ostuzzi & Luxardi, 2003). Come dimostra una ricerca (McManus & Waller, 1995) i soggetti con Bulimia Nervosa o Disturbo da Binge Eating imparano a tenere sotto controllo i propri disturbi emotivo/affettivi attraverso l’ingestione di grandi quantità di cibo. Inoltre tali emozioni negative hanno un’influenza anche sulla successiva messa in atto di condotte compensative (Faccio, 2001).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Abrams, L. S., & Stormer, C. C. (2002). Sociocultural variations in the body image perceptions of urban adolescent females. Journal of Youth and Adolescence, 31(6), 443 (8).
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  • American Psychiatric Association. (2000a). Practice guidelines for the treatment of individuals with eating disorders (2nd ed.). Washington, DC: APA.
  • American Psychiatric Association (2000b). Diagnostic and statistical manual of mental disorders, fourth edition, text revision (DSM-IV-TR). Washington, DC: APA.
  • Calogero, R. M., Tantleff-Dunn, S., & Thompson, J. K. (2010). Self objectification in women: Causes, consequences, and directions for research and practice. Washington, DC: American Psycological Association.
  • Cuzzolaro, M. (2004). Anoressie e Bulimie. Troppo o troppo poco: un’epidemia dei nostri tempi. Bologna, Il Mulino.
  • Dakanalis, A., Clerici, M., Di Mattei, V. E., Caslini, M., Favagrossa, L., Prunas, A., ...& Zanetti, M. A. (2012). The role of cultural factors on eating and body –related disorders. In A. Fiorillo (Eds.), New directions in Psychiatry (pp. 43-44). Rome, RM: Pacini.
  • Faccio, E. (2001). Il disturbo alimentare. Modelli ricerche e terapie. Roma: Carocci Editore.
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  • McManus, F., & Waller, G. (1995). A functional analysis of binge-eating. Clinical Psychology Review, 15, 845-863.
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  • Ostuzzi, R., & Luxardi, G. L. (2003). Figlie in Lotta con il Cibo: Un aiuto per i genitori, le ragazze, gli insegnanti e gli amici. Baldini & Castoldi.
  • Sartori, G. (2011). Homo videns. Bari: Editori Laterza.
  • Striegel-Moore, R. H., & Bulik, C. (2007). Risk factors for eating disorders. American Psychologist, 62(3), 181-198.
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  • Tylka, T. L. (2004). The relation between body dissatisfaction and eating disorder symptomatology: An analysis of moderating variables. Journal of Counseling Psychology, 51, 178-191.
  • Walters, E. E., & Kendler, K. S. (1995). Anorexia nervosa and anorexic like sindromes in a population based female twin sample. American Journal of Psychiatry, 151, 64-71.
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