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Tumore al seno: nuove relazioni per il recupero dell’immagine corporea

Dopo aver superato l'esperienza del tumore al seno, stabilire nuove relazioni di coppia consente di recuperare l'autostima e una buona immagine corporea.

Di Valentina Giambra

Pubblicato il 08 Apr. 2016

Aggiornato il 04 Ott. 2019 13:08

Stabilire una nuova relazione intima dopo il tumore al seno ha il potere di creare un ambiente psicologicamente terapeutico per la donna.

 

L’immagine corporea

È Schilder a coniare, nel 1935, l’espressione immagine corporea, definendola come [blockquote style=”1″]L’immagine del nostro corpo che ci formiamo nella mente, e cioè il modo in cui il corpo appare a noi stessi [/blockquote](Schilder, 1935). Si tratta del primo tentativo di integrare l’aspetto fisiologico e neurologico relativo allo schema corporeo con l’aspetto più psicologico: la rappresentazione del corpo non è più quella descritta dall’anatomia, bensì risulta dall’esperienza dell’individuo nella sua interazione con l’ambiente. Nel 1988, Slade definisce l’immagine corporea come [blockquote style=”1″]L’immagine che abbiamo nella nostra mente della forma, dimensione, taglia del nostro corpo e i sentimenti che proviamo rispetto a queste caratteristiche e rispetto alla singole parti del nostro corpo[/blockquote] vale a dire la rappresentazione soggettiva che ogni persona ha del proprio corpo.

Slade descrive l’immagine corporea come costituita da quattro componenti che comprendono la persona nella sua globalità:
1. componente affettiva (sentimenti esperiti verso il proprio corpo)
2. componente cognitiva (pensieri, credenze, conoscenze relative al proprio corpo)
3. componente comportamentale (alimentazione, attività fisica)
4. componente percettiva (come vengono visualizzate taglia e forma del proprio corpo).

L’immagine corporea riflette dunque una percezione personale diretta e un’auto-valutazione del proprio aspetto fisico, per cui pensieri e sentimenti negativi riferiti al proprio corpo indicano un disturbo dell’immagine corporea e conducono ad un’insoddisfazione con se stessi (Stokes & Frederick-Recascino, 2003).

Per le donne, l’immagine corporea è una parte del concetto di Sé che include sentimenti di femminilità e di bellezza (Carver et al., 1998; Cohen et al., 1998; Hopwood, 1993; Mock, 1993; White, 2000), compiacendosi del proprio corpo come simbolo di espressione sociale (Cohen et al., 1998). Il modo in cui una donna vive il proprio corpo è altamente soggettivo: è un prodotto delle sue percezioni, dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti riguardo la taglia, la capacità e la funzione del corpo (Cohen et al., 1998; White, 2000). Le donne spesso si focalizzano sulla valutazione e sull’investimento connessi alla propria immagine corporea, pertanto una diagnosi di tumore al seno può esacerbare questa tendenza (Lazarus, 1991), con ripercussioni negative sull’autostima e, più in generale, sulla qualità della vita.

 

Tumore al seno: aspetti psicologici della diagnosi e del trattamento

La diagnosi e il trattamento del tumore al seno causano un forte distress nella donna. [blockquote style=”1″]Il distress è una spiacevole esperienza emotiva di natura psicologica, sociale e/o spirituale che si estende lungo un continuum che va da normali sentimenti di vulnerabilità, tristezza e paura, a problemi invalidanti quali depressione, ansia, panico, isolamento sociale e crisi spirituali[/blockquote] (Holland, 1998).

Pertanto, assume una rilevanza cruciale la cura dello stato emozionale della persona affetta da tumore al seno e del suo contesto di appartenenza. Infatti, sebbene il cancro al seno sia una diagnosi individuale, si verifica in un ampio contesto interpersonale, andando a toccare le relazioni intime. Il tumore al seno colpisce l’abilità di coping della coppia riguardo i cambiamenti connessi alla malattia, con un incremento delle disfunzioni sessuali e l’insorgenza di difficoltà di comunicazione, perdita della fertilità, paura della morte e di un futuro incerto. Molte donne sono preoccupate della reazione del proprio partner alla diagnosi e hanno paura di essere abbandonate. Glantz e colleghi hanno studiato il tasso di separazione in coppie in cui uno dei due partner ha ricevuto una diagnosi oncologica grave: i risultati mostrano che i pazienti oncologici non vanno incontro a separazione e divorzio in misura maggiore della popolazione generale, anche se nello stesso studio si evidenzia l’esistenza di una forte disparità tra maschi e femmine (il 93% delle separazioni nel gruppo oncologico avviene quando la persona colpita è la donna; il 20,8% delle relazioni termina con una separazione o un divorzio quando è la donna ad essere colpita, mentre quando è l’uomo ad essere colpito la percentuale si riduce al 2,9%). Molte delle ricerche sull’impatto del tumore al seno sulle relazioni ha considerato lo stato coniugale come criterio di inclusione, escludendo quindi le coppie non sposate e le donne che al momento della diagnosi erano impegnate con un uomo: queste donne affrontano difficoltà più grandi rispetto alle donne sposate.

Holmberg e colleghi hanno scoperto che, quando la causa della separazione è il cancro al seno, la rottura solitamente avviene nelle prime fasi del trattamento, lasciando queste donne con risorse materiali e sociali inferiori in un periodo per loro così vulnerabile. Sette donne su quindici riferiscono come la diagnosi di tumore al seno abbia agito come un “grilletto” che ha portato alla fine delle loro relazioni (Kurowecki e Fergus , 2014): l’uomo si è progressivamente distanziato dalla donna e dal suo cancro al seno, fino a non avere più rapporti sessuali con lei. Un elevato numero di donne ha raccontato di essere stato rifiutato dal partner al momento della diagnosi, lasciando loro sentimenti di vulnerabilità e paura dinanzi alla possibilità di avere nuove relazioni (Gluhoski, Siegel, & Gorey, 1998). L’abbandono e il rifiuto da parte di una persona emotivamente significativa in un momento così delicato, genera nella donna insicurezza e rassegnazione all’idea di rimanere single per sempre, con un impatto fortemente negativo sull’autostima:
“Onestamente, ho pensato di essere un oggetto rotto. Ho creduto che non ci fosse più niente di buono in me e che non ne valesse la pena di avere una relazione, perché se la persona che apparentemente diceva di amarmi non vuole stare con me, non vuole impegnarsi con me… perché dovrebbe farlo qualcuno che non mi conosce, che non mi ama ancora… perché qualcuno dovrebbe amarmi?”(Julia, 34)

Si evince pertanto come il tumore al seno rappresenti un evento doppiamente traumatico nella vita di una donna, poiché le lesioni non sono soltanto a livello fisico, ma anche psicologico. Il distress accompagna la donna lungo tutto il periodo che va dal momento in cui la donna scopre di avere il cancro al seno fino al momento in cui si sottopone al trattamento.

Il trattamento comporta una serie di interventi di durata estesa: di solito si inizia con un intervento chirurgico, seguito da una terapia coadiuvante che può includere una combinazione di chemioterapia, radioterapia e trattamento ormonale (Aebi, Davidson, Gruber, & Castiglione, 2010). Questi trattamenti, da soli o combinati, possono produrre diversi effetti. La chirurgia comporta una perdita parziale o totale di uno o di entrambi i seni, con possibile presenza di seni asimmetrici (e il possibile utilizzo di protesi artificiali), di cicatrici estese e alterazioni delle sensazioni al seno e/o alla mammella (Andersen & Johnson, 1994; Kadela-Collins et al., 2011; Swenson et al., 2002; Vadivelu et al., 2008;). La perdita del seno è intrinsecamente connessa al senso di identità, al senso del Sé e alla sessualità della donna: circa un terzo delle donne – soprattutto giovani – sopravvissute al tumore al seno sperimenta distress direttamente legato all’immagine corporea disturbata dopo il trattamento (Scott, Halford, & Ward, 2004). Nonostante dal punto di vista medico la donna stia bene, dal punto di vista psicologico vive cambiamenti negativi nella percezione individuale della propria immagine corporea. “Dopo la mia mastectomia, lui non mi ha mai toccata, non ha mai voluto avere rapporti con me e tutto il resto. Penso che mi abbia fatto star peggio con me stessa. Inoltre, dopo avergli chiesto: Non mi trovi più attraente? Lui mi ha risposto con un secco rifiuto” (Mary, 53)

Gli antecedenti socioculturali che considerano il seno come un oggetto e, più in generale, il corpo femminile come un oggetto socialmente costruito per essere guardato e giudicato (Fredrickson & Roberts, 1997), probabilmente influenzano in maniera forte il pensiero femminile. Il vedersi come un potenziale partner maschile porta la donna a provare disgusto per il proprio corpo segnato dalle cicatrici, in accordo con quanto sostenuto dalla teoria dell’oggettificazione del corpo (Fredrickson & Roberts, 1997). Pertanto, la ricostruzione del seno può rappresentare un vantaggio, poiché aiuterebbe la donna a mantenere la sua sessualità attiva e funzionale, oltre a renderle una stabilità psicologica. Rosenberg e colleghi hanno eseguito uno studio longitudinale per valutare l’interesse per l’immagine corporea in 419 donne sopravvissute al tumore al seno: il gruppo di donne sottoposte a mastectomia parziale ha totalizzato il punteggio più basso, indice di un interesse significativamente più basso per la propria immagine corporea, rispetto alle donne sottoposte a mastectomia con o senza ricostruzione del seno. Il punteggio più elevato è stato rilevato nel gruppo di donne sottoposte unicamente a mastectomia, punteggio significativamente più elevato rispetto al gruppo di donne sottoposte a mastectomia con ricostruzione del seno. Di conseguenza, le donne sottoposte a mastectomia totale sono più a rischio di sviluppare un’immagine corporea disturbata.

La chemioterapia provoca perdita dei capelli, variazione di peso, decolorazione delle unghie e della pelle, menopausa precoce. La perdita dei capelli viene descritta come un evento traumatizzante e stressante che determina cambiamenti nella percezione del senso di Sé e nell’autostima, oltre ad essere un visibile promemoria della malattia (Richer & Ezer, 2002). La menopausa ha effetti vasomotori (vampate), genito-urinari (secchezza vaginale), cardiovascolari (patologie coronariche) e sullo scheletro (osteoporosi), causando problemi nella sfera sessuale (dispareunia, disfunzioni sessuali, disturbi del desiderio) e un aumento del distress psicologico, poiché la donna non è più fertile e non può più avere figli. Molte donne si sentono profondamente inadeguate e indesiderate, specialmente all’inizio della chemioterapia: di solito è in questo momento che si conclude la vita sessuale della maggior parte delle coppie, in primo luogo perché la donna non vuole “avvelenare” il partner condividendo le sostanze chimiche tossiche presenti nel suo corpo, viceversa perché è il partner stesso ad allontanarsi (Kurowecki & Fergus, 2014). I problemi sessuali persistono anni dopo la diagnosi di cancro al seno (Ganz et al., 2002).

La radioterapia, da sola o in combinazione con la chemioterapia, può causare reazioni della pelle e compromissione del colorito cutaneo.
Le donne sottoposte a trattamento ormonale, possono avere difficoltà legate all’aumento di peso e alle vampate.
Gluhoski e colleghi rilevano come le donne siano pessimiste riguardo al trovare e accettare nuovi partner e in particolare riguardo al loro aprirsi e raccontare la loro storia di tumore al seno; hanno paura di essere rifiutate, si sentono sessualmente indesiderate, evitate nelle relazioni sessuali e isolate. Kurowecki e Fergus hanno indagato l’esperienza di 15 donne di stabilire una nuova relazione dopo la diagnosi e il trattamento del cancro al seno. L’ipotesi di partenza era infatti quella di ristabilire l’immagine corporea e l’autostima delle donne attraverso la creazione di una nuova relazione intima. L’articolo scientifico nel quale i due Autori descrivono il loro studio si intitola “Wearing my heart on my chest”, frase scelta dalle donne che hanno preso parte allo studio e che sta ad indicare la profonda vulnerabilità emotiva vissuta nel rivelare ad un nuovo partner la storia di cancro e le cicatrici fisiche. Sebbene spetti alla donna decidere quando e come rivelare la sua storia, generalmente è necessaria la presenza di una persona psicologicamente affidabile, ossia un nuovo partner che abbia un atteggiamento di accettazione, di cura e di attenzione al momento della rivelazione (Kurowecki & Fergus, 2014). Questo naturalmente per evitare che la donna subisca un’ulteriore esperienza negativa. Per questi motivi, la frequentazione di un nuovo partner consisterà in una serie di test in cui la donna piano piano potrà rivelare ciò che le è accaduto e al tempo stesso potrà testare la “resistenza” del nuovo partner e la sicurezza della relazione. Secondo i due Autori, la creazione di una relazione intima con un nuovo partner avviene mediante un processo costituito da una serie di fasi: 1) Perdita e recupero dell’immagine corporea e dell’autostima; 2) Salto nel buio: appuntamento e obbligo di svelarsi; 3) Recupero del Sé attraverso una nuova relazione.

 

Perdita e recupero dell’immagine corporea e dell’autostima: riconoscersi in un corpo cambiato

Prima di poter recuperare la propria autostima, è essenziale apprendere delle strategie per poter accettare nuovamente il proprio corpo. Molte donne sostengono che la ricostruzione dell’immagine corporea è un processo graduale: “Ci vorrà del tempo prima che io riesca a guardarmi allo specchio affermando che ok, questo è il mio corpo.” Ricostruire l’immagine corporea esige l’accettazione del corpo cambiato, piuttosto che lo sforzo di recuperare il corpo di un tempo. Alcune donne sostengono che, nonostante tutti i sacrifici, non saranno mai veramente libere dal tumore al seno, poiché le cicatrici rappresentano un promemoria per loro e per i loro partner: “Ogni giorno, quando ti fai la doccia e ti vesti, non sei più una donna completa”.

In generale, le donne riportano di dover venire a patti con l’impatto psicologico ed emotivo della diagnosi e il bisogno di incorporare il tumore al seno nel loro senso del Sé. Si tratta di una graduale trasformazione che si verifica mediante un processo di accomodamento del cancro nello schema di Sé, accompagnato da un senso di lutto per ciò che è stato, seguito da un’accettazione di ciò che è adesso e di cosa sarà in futuro (Kurowecki e Fergus, 2014). Anne, per esempio, parla del profondo senso di perdita di chi era abituata ad essere e della sua lotta per trovare di nuovo se stessa:

“Dopo aver attraversato il mio tumore al seno, ho ritrovato una mia vecchia foto e mi sono chiesta: “Chi è la ragazza in quella foto? Non so chi è lei… perché tu hai perso così tanto? Non sto parlando solo del seno, tu hai perso tutto: ho perso quella ragazza amorevole, divertente e spensierata. Il mio intero essere è davvero molto diverso da ciò che ero. Oggi posso guardare questa foto e dire che sono ok. Quella persona adesso è ben integrata in me, giusto? Questa è la mia vita e il mio percorso”.

Sebbene alcune donne sentano che le loro priorità e i loro valori sono cambiati a causa dell’aver sfiorato la morte, altre sentono di essere capaci di rimanere fedeli a se stesse. Diverse donne riferiscono di aver ottenuto un senso di empowerment, di forza e di indipendenza come risultato dell’aver affrontato il tumore al seno solo con le proprie forze: “Impari quanto puoi prendere e quanto puoi essere forte. È così, non direi che è un processo di costruzione del carattere, bensì di identificazione del carattere perché suppongo di aver avuto questa forza dentro di me per tutto il tempo senza esserne a conoscenza”. Il significato dell’immagine corporea nella vita di una donna è stato messo in risalto nello studio di Pikler e Winterowd: le donne con la migliore percezione della propria immagine corporea, sono le donne che hanno riportato più elevati livelli di fiducia in sé nell’affrontare il cancro al seno e che nel concreto lo hanno fronteggiato in maniera migliore (Pikler & Winterowd, 2003).

 

Salto nel buio: appuntamento e obbligo di svelarsi

Ci sono donne che iniziano una nuova relazione immediatamente dopo aver ricevuto la diagnosi di cancro al seno, altre invece aspettano fino alla conclusione del trattamento. Alcune donne parlano di un periodo durante il quale non hanno preso minimamente in considerazione nemmeno l’idea di avere un appuntamento con un nuovo partner, poiché ancora dovevano fare i conti con la loro diagnosi, con il loro corpo cambiato o addirittura con una precedente rottura. Appena la donna si sente più sicura, inizia a pensare più attivamente ad un appuntamento, valutando i pro e i contro, preparandosi a compiere il salto nel buio e a correre il rischio di aprirsi di nuovo con qualcuno. Parte della sfida include il bisogno di convincersi di essere ancora attraenti e desiderabili:
“Tutti questi dubbi e queste paure esplodono nella tua mente: Perché qualcuno dovrebbe desiderare di stare con me? E poi ti dici: Oh, perché tu sei una bella persona. È una sorta di litigio con te stesso in cui fai avanti e indietro fra pensieri positivi e negativi. Perché è così facile far sentire se stessi come qualcosa che non è più buono ormai…”.

Anche se la maggior parte delle donne ha mantenuto un atteggiamento positivo circa la possibilità di incontrare qualcuno, tutte hanno aspettative precise sul tipo di uomo che si aspettano di incontrare: un uomo che riesce a fronteggiare il cancro, la perdita del seno o le cicatrici, un uomo più anziano, “che ha le priorità al posto giusto”, un uomo che ha avuto passate esperienze con il cancro. Oppure qualcuno che lotta con i propri sentimenti di inferiorità, qualcuno che ha “una sorta di problemi medici” con se stesso o che non si basa su standard fisici convenzionali. Paradossalmente, le donne affermano di essere molto severe sulla personalità e preparate a rifiutare una persona che le tratta eccezionalmente bene. Le donne che hanno scelto di incontrare i loro partner online, hanno provato un più elevato senso di controllo e di sicurezza; al contrario, le donne che hanno incontrato i loro partner spesso non si sono sentite pronte per una nuova relazione; tuttavia, i rapporti che sono inizialmente nati come un’amicizia, hanno creato un ambiente innocuo che ha concesso alla donna il tempo di superare le sue riserve.

 

Rivelare la storia di tumore al seno

Dopo aver incontrato il nuovo potenziale partner, si pone il problema per la donna di quando e come svelare la sua storia, vincendo la paura e l’aspettativa di essere rifiutata. Molte donne sostengono che la rivelazione verbale deve avvenire preferibilmente prima della rivelazione fisica, una sorta di “avvertimento” scaturito da un obbligo morale nei confronti dell’uomo. Aprirsi completamente è fondamentale per prevenire un dolore più grande ad entrambi, perché l’uomo in questo modo può scegliere di vivere o meno con l’intero “pacchetto” che la donna porta con sé. Prepararsi una lettera scritta per poi leggerla, potrebbe essere una soluzione per diminuire l’ansia al momento della rivelazione. La rivelazione verbale è il primo test che viene fatto al nuovo partner, per stabilire il carattere dell’uomo e il suo grado di accettazione della donna e della sua storia di tumore al seno. Se l’uomo supera questo test, la relazione può andare avanti fino ad arrivare al livello fisico; se fallisce, la relazione termina. Le donne durante queste conversazioni sono ipervigilanti alla reazione dell’uomo: osservano l’espressione facciale, il comportamento verbale e non verbale per dedurre il tipo di carattere che l’uomo ha e per poter testare la sicurezza della relazione. Ogni reazione dell’uomo ad ogni rivelazione detterà l’ulteriore sviluppo della nuova relazione. Quindi è molto importante che l’uomo dimostri interesse verso la storia della donna, ponendole domande sulla sua esperienza e su ciò che ha provato: questo atteggiamento esprime un interesse genuino per la donna come persona e fornisce ad entrambi aiuto e rassicurazione.

 

L’intimità come ultimo test

La maggior parte delle donne è più attenta e protettiva verso il proprio corpo e, di conseguenza, è più selettiva nella scelta della persona a cui mostrare le proprie cicatrici. Le donne riferiscono di aver paura di essere ferite da un uomo che mostra un qualsiasi grado di repulsione nei loro confronti e salvaguardano se stesse da un possibile rifiuto consentendo solo all’uomo che ha superato il test della rivelazione verbale di procedere all’ultimo test: l’intimità. Non solo la rivelazione della storia di tumore al seno dovrebbe avvenire prima della rivelazione fisica, ma la rivelazione verbale dovrebbe includere una descrizione delle cicatrici. Questo è necessario, in parte per lo stesso obbligo morale di cui parlavamo precedentemente, ma soprattutto come modo per costruire la fiducia nel rapporto. La maggior parte delle donne prepara gradualmente l’uomo, spiegandogli ciò che accade durante il trattamento, la ricostruzione del seno, le cicatrici, mostrando le protesi prima delle cicatrici o, in alternativa, rivelando le cicatrici un po’ per volta.

Quando giunge il momento dell’intimità, le donne provano ansia e inizialmente hanno bisogno di nascondere le loro cicatrici, preferendo tenere le luci basse nella stanza e il seno coperto. Molti uomini si sono dimostrati ricettivi e aperti al momento della rivelazione verbale, fisica o di entrambe: hanno mostrato un interesse genuino per la storia di tumore al seno ponendo domande, piuttosto che ritirandosi. Molti uomini inoltre hanno mostrato una sorprendente mancanza di interesse per la storia di cancro, ripetendo più e più volte che non importava: “Che differenza fa? Sei tu la persona, non il tuo seno”. Altre donne hanno riferito di aver “caricato” i loro partner di troppe informazioni sulle loro cicatrici e che, una volta rivelate, “non sono così male come le descrivevi”. Queste donne si sono rese conto di come gli uomini non pensino così tanto ai loro corpi sfigurati, cosa che invece loro fanno. Il tipo di uomo che hanno incontrato è considerato speciale e noncurante del parere degli altri, pertanto se la donna esce senza parrucca a loro non importa: è il prototipo di uomo che descrivevano in precedenza e che si auguravano di incontrare.

 

Recupero del Sé attraverso una nuova relazione

Attraverso le varie fasi del processo di costruzione di una nuova relazione, queste donne sono giunte ad avere una relazione migliore, più forte e più profonda con i loro nuovi partners: “Siamo connessi ad un livello più profondo, un livello più profondo del semplice amore… comprende il rispetto per tutto, per ciò che dici, per ciò che non dici, per ciò che senti e per ciò che desideri per il futuro”. Il successo delle nuove relazioni instaurate da queste donne è dato anche dal fatto che i loro uomini sono stati capaci di accettare incondizionatamente il ruolo del cancro come una parte inevitabile della loro vita di coppia. Sebbene con il tempo il tumore al seno diventi parte del background della coppia, ci sono dei momenti nella relazione in cui si torna a parlarne, ovvero quando la donna deve fare le visite di controllo. L’ansia e la paura di una recidiva influenzano la vita di coppia: se la relazione è percepita come poco sicura, la donna non condividerà questi sentimenti, mentre se la relazione è solida non avrà problemi a farlo.

 

L’accettazione di lui è un ponte per l’auto-accettazione di lei

“Lui è semplicemente perfetto. Non perfetto, lui è perfetto per me… mi offre ciò di cui ho bisogno e mi accetta per chi sono, mi accetta per il passato che ho attraversato e mi accetta per il futuro che abbiamo insieme (anche se) non sappiamo come andranno le cose” (Julia, 34)
Piuttosto che mostrare pietà per la donna a causa di ciò che ha passato, l’uomo generalmente la ammira per il suo spirito combattivo. Anzi, diversi uomini hanno dimostrato un amore per la loro donna non malgrado il tumore al seno ma in virtù di esso:
“Mi accompagnò alla macchina e mi disse che aveva visto il nastro rosa e che aveva pensato che questa ragazza o 1) aveva avuto il cancro al seno 2) qualcuno di molto vicino a lei aveva avuto il cancro al seno. Non appena pensò a queste cose, gli piacqui ancora di più” (Julia,34)
Sebbene esistano alcune eccezioni, la maggior parte dei partners ha abbracciato amorevolmente il lato del corpo segnato dalle cicatrici, proprio come hanno fatto con il lato non sfregiato.

“Lui ha tracciato con la sua mano il contorno della cicatrice più estesa, quella più profonda… non lo preoccupa affatto. È così amorevole e premuroso”.
Queste dimostrazioni, sia verbali sia fisiche, di totale e piena accettazione della parte segnata dal tumore al seno, è una sorpresa abbastanza inaspettata ma piacevole che aiuta la donna a ristabilire e rinnovare la fiducia e l’auto-accettazione:
“Il modo in cui pensavo e il modo in cui vedevo me stessa sono cambiati… tu non ti senti bella e vuoi nascondere il tuo corpo… con la reazione del mio uomo tutto è totalmente cambiato e… tu inizi a sentire di non essere poi così male. E se a lui non importa come io appaio sotto i miei vestiti, allora io non devo preoccuparmi. Perché lui mi ama per ciò che sono, non per ciò che appaio” (Alice, 42)

Nei casi in cui l’uomo, per varie ragioni, non ha mostrato una piena e incondizionata accettazione, la donna è stata di conseguenza meno in grado di accettare se stessa. Questo senso di conforto e sicurezza all’interno del rapporto è legato anche alla capacità della donna di fidarsi del fatto che il suo uomo abbia realmente capito le implicazioni della storia di cancro, che lui sappia in che situazione è entrato e che lui non sia cieco dinanzi alla possibilità di una recidiva.

Stabilire una nuova relazione intima dopo il tumore al seno ha quindi il potere di creare un ambiente psicologicamente terapeutico per la donna. L’esperienza vissuta dalle donne dello studio di Kurowecki e Fergus ha avuto la capacità di accelerare il processo di recupero dell’autostima, persa a causa delle cicatrici fisiche ed emotive lasciate dal cancro al seno. Il processo di coping individuale della donna è iniziato con un attacco all’immagine corporea e all’autostima: gradualmente, attraverso una serie di test a cui ha sottoposto il nuovo partner, è diventato un processo condiviso della nuova coppia. Questo processo ha consentito alla donna di integrare nel proprio Sé l’esperienza traumatica, favorendo l’auto-accettazione.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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