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Lo stile di attaccamento materno e la sua influenza sullo sviluppo dei disturbi psichici nel puerperio

Lo stile di attaccamento materno insicuro può essere un fattore di vulnerabilità per lo sviluppo di disturbi depressivi nel post-partum.  

Di Marianna Palermo

Pubblicato il 07 Apr. 2016

Aggiornato il 08 Dic. 2017 16:26

Diversi studi (Murray e al., 1996; Hoffman e al., 1991) sono stati condotti sulla possibile relazione tra la presenza di disturbi psichici nel post-partum e lo stile di attaccamento che il bambino sviluppa nei confronti della figura materna. Pochi invece si sono occupati dell’influenza che lo stile di attaccamento materno può avere rispetto allo sviluppo di disturbi nel puerperio. Questo articolo si propone appunto di riportare studi che hanno indagato se lo stile di attaccamento materno può costituire un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi nel puerperio.

Open school Marianna Palermo, STUDI COGNITIVI MILANO

 

I disturbi psichici del puerperio

Il puerperio, ossia il periodo immediatamente successivo al parto, è una delle fasi più critiche della donna. La letteratura ha evidenziato che soprattutto le primipare appaiono molto vulnerabili e necessitano di un adeguato supporto emotivo da parte del partner, della madre, di altri parenti e di esperti per l’accudimento del piccolo, l’allattamento e il riconoscimento dei segnali di benessere e malessere del bambino (Della Vedova e al., 2008). Il rientro a casa, la precoce relazione col bambino, l’allattamento e l’adattamento ai ritmi biologici del piccolo sono i principali vissuti del puerperio. La neo-mamma può temere di fallire nel suo compito e questo può procurarle ansia o talvolta uno stato depressivo. Per questo è possibile che insorgano disturbi psichici ai quali si presta sempre maggiore attenzione nell’ambito della prevenzione e del trattamento (Bellantuono e al., 2007).

Secondo il DSM-5, i disturbi psichici “con esordio nel peri-partum” insorgono generalmente entro le 4 settimane dal parto. La letteratura classifica questi disturbi in 3 categorie principali: Maternity Blues, Depressione post-partum e Psicosi puerperale (Robinson, Stewart, 1986).
Se si stabilisse un continuum tra questi disturbi emotivi ad un estremo si potrebbe collocare il Maternity Blues e al polo opposto la Psicosi post-partum, disturbo psichiatrico grave e raro (Cooper, Murray, 1998). I sintomi caratteristici della psicosi sono deliri, allucinazioni, brusche oscillazioni dell’umore, disturbi del comportamento (Bellantuono e al., 2007). La madre può manifestare un rifiuto totale nei confronti del piccolo e per la maggior parte del giorno si mostra triste e apatica. Sono molto alti i rischi di suicidio e infanticidio e generalmente è richiesta l’ospedalizzazione e il trattamento psicofarmacologico (Soifer, 1985).

La Depressione post-partum può insorgere anche in gravidanza e varia in base alla gravità e alla durata. I sintomi più frequenti sono: tristezza, sentimenti di colpa o di autosvalutazione eccessivi o inappropriati, ansia, pensieri sulla morte, difficoltà di concentrazione, alterazioni del sonno e dell’appetito e astenia (Cooper, Murray, 1998). In molti casi i sintomi d’ansia possono associarsi per comorbidità ai sintomi depressivi (Bellantuono e al., 2007). La depressione presenta una prevalenza compresa tra il 5 e il 20% (Yonkers e al, 2001). L’esordio è previsto entro i primi 3 mesi dal parto e la durata media del disturbo è di alcuni mesi, ma talvolta i sintomi possono persistere fino ai 2 anni. Le cause della depressione sono molteplici. In molti casi i sintomi si possono ricondurre a fattori di tipo ormonale, ma altre cause possono essere di natura emotiva: il cambiamento fisico e della concezione di sé, la sensazione di perdita della libertà e della propria identità sono aspetti che caratterizzano la donna nel post-partum. Ad essi si aggiungono fattori pratici o di natura sociale, tra cui l’alterazione del ritmo sonno-veglia, la relazione insoddisfacente col coniuge o la mancanza di supporto sociale, la disoccupazione o altri eventuali fattori stressanti. Anche la presenza di depressione o di ansia durante le gravidanza o problematiche presenti nel bambino possono comportare sintomi depressivi nel post-partum.

Il Maternity Blues è invece il disturbo emotivo più lieve e transitorio che ricorre nella prima settimana dopo il parto (Murata e al., 1998). La prevalenza varia dal 50 all’85% ed è caratterizzato da tendenza al pianto, irritabilità, labilità dell’umore, problemi di concentrazione, disturbi del ritmo sonno-veglia e tristezza. Sebbene questo disturbo sia generalmente considerato una conseguenza fisiologica del parto, nel 20% dei casi evolve in un Episodio Depressivo Maggiore.

 

La teoria dell’attaccamento

[blockquote style=”1″]La maggior parte degli esseri umani desidera avere dei bambini e desidera anche che i propri figli crescano sani, felici e fiduciosi di sé[/blockquote] (Bowlby, 1988). Tuttavia essere genitori non è affatto semplice in quanto richiede del tempo e un impegno notevoli: il bambino, soprattutto quando è molto piccolo, necessita di una serie di attenzioni che devono essergli garantite in primis dalla madre con la quale il neonato da subito stabilisce un rapporto privilegiato definito legame di attaccamento. La madre diventa una figura di attaccamento alla quale rivolgersi in caso di necessità e di pericolo e dalla quale il bambino si sente rassicurato e protetto. La neo-mamma infatti dovrà cercare di proporsi come “madre sufficientemente buona” e fornire al piccolo le cure materne necessarie per sopravvivere. Secondo Winnicott (1965) non esiste il bambino in sè ma esso è strettamente legato alla madre e la “preoccupazione materna primaria” è proprio quella di fornire al piccolo un ambiente di sostegno e protezione, il cosiddetto ambiente di “holding”.

Secondo Bowlby, la madre dovrebbe costituire una base sicura, dalla quale il bambino deve poter partire per esplorare il mondo esterno e alla quale tornare per essere nutrito e rassicurato in caso di pericolo, malattia o stanchezza. Una caratteristica che favorisce l’instaurarsi di una relazione di attaccamento è la sensibilità materna, che indica la capacità della madre di cogliere i segnali del piccolo e di rispondervi in maniera adeguata e tempestiva (Cassidy, Shaver, 2002). Questo legame non caratterizza solo l’infanzia ma persiste nell’adolescenza e nell’età adulta e indirettamente influenza anche le successive relazioni dell’individuo. È importante evidenziare che il comportamento genitoriale dipende da schemi comportamentali predefiniti, che tendono ad essere stabili nel tempo e che si sono formati durante l’infanzia: in base alle cure e al sostegno che la neo-mamma ha ricevuto dai suoi genitori durante l’infanzia, sarà portata a proteggere il piccolo e a rispondere sensibilmente ai suoi segnali.

Il legame di attaccamento svolge una funzione sia biologica che psicologica, in quanto garantisce al piccolo sia la sopravvivenza che la protezione e questo ruolo viene ricoperto per l’intero ciclo di vita. È possibile distinguere il “legame di attaccamento” dal “comportamento di attaccamento”, in quanto il primo è un legame affettivo che si instaura con una figura più forte e più saggia, il secondo è un comportamento messo in atto dal bambino o dall’adulto per assicurarsi la prossimità fisica alla figura di attaccamento. I comportamenti di attaccamento vengono poi organizzati in un “sistema comportamentale di attaccamento”: il bambino in base al contesto in cui si trova e ai segnali che riceve dall’esterno, adatta la sua risposta scegliendo il comportamento più adeguato in quella situazione (Cassidy, Shaver, 2002).

Secondo Bowlby, l’individuo, in base alle esperienze vissute durante l’infanzia e al tipo di relazione che ha instaurato con la madre, si costruisce delle rappresentazioni mentali che guidano le sue esperienze e le sue relazioni successive. Questi schemi sono definiti “modelli operativi interni” e consistono in rappresentazioni mentali relative al sé e alle figure di attaccamento, che consentono all’individuo di fare previsioni sulle successive esperienze relazionali vissute in contesti nuovi e con persone nuove (Simonelli, Calvo, 2002). I modelli operativi interni non sono statici ma indicano un processo dinamico. L’individuo durante l’infanzia si costruisce un modello della figura di attaccamento e un modello complementare di se stesso, oltre ad una rappresentazione della relazione vera e propria. Al modello di un genitore responsivo e sensibile, si affianca il modello complementare di sé come persona efficiente e degna di cure e affetto. Questi modelli consentono all’individuo di crearsi delle aspettative sulle esperienze future e sul comportamento proprio e altrui. Gli schemi possono tuttavia subire dei continui aggiornamenti nel caso in cui si verifichino dei cambiamenti nell’ambiente circostante o un processo di maturazione dell’individuo.

Inoltre, è importante ricordare che i “modelli operativi interni” sono alla base della trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento (Cassibba, 2003). Un genitore si relaziona col proprio figlio ricordando le sue esperienze passate e riattualizzandone e questo porta il bambino a sviluppare lo stesso legame di attaccamento del genitore. Le rappresentazioni mentali della madre influiscono sul grado di sensibilità che questa manifesterà nei confronti del figlio. Il bambino, a sua volta, stabilirà con la madre una relazione di attaccamento in base alle cure ricevute e al modo in cui l’adulto narra le proprie esperienze di attaccamento e comunica i propri stati affettivi (Benoit, Parker, 1994; Fonagy, Steele, 1991; Ward, Carlson, 1995).

 

Attaccamento materno e disturbi psichici del puerperio

Per quanto concerne l’ attaccamento materno invece finora si annoverano pochi studi, tra cui quello di Nagata e al. (2000). Nella ricerca è stata attestata una correlazione tra l’insicurezza dell’attaccamento materno nel post-partum e lo sviluppo del Maternity Blues. La scala utilizzata in questo studio consta di 2 sottoscale, una che valuta l’attaccamento materno verso il bambino e l’altra che misura l’ansia esperita dalla madre nei confronti del bambino. Sono state riscontrate significative correlazioni tra le 2 subscale e il Maternity Blues.

La ricerca inoltre ha valutato le correlazioni esistenti tra i sintomi depressivi e l’attaccamento adulto. Pesonen e al. nel 2004 hanno condotto uno studio per testare le associazioni tra i sintomi depressivi dei genitori, lo stile di attaccamento adulto e la percezione del temperamento del bambino. I risultati hanno evidenziato che i sintomi depressivi e un attaccamento insicuro distanziante o preoccupato si associano ad una percezione del temperamento del bambino meno positiva. Altri studi hanno confermato che le madri depresse rispetto al gruppo di controllo giudicano i loro figli più vulnerabili (Field e al., 1996) e stressati (Frankel e Harmon, 1996). Lo stile di attaccamento adulto, dunque, è un costrutto psicologico che correla sia con la sintomatologia depressiva (Bifulco, Moran, Ball, Bernazzani, 2002; Carnelley, Pietromonaco, Jaffe, 1994; Reinecke, Rogers, 2001) sia con la percezione negativa del temperamento del bambino (Pesonen, Raikkonnen, Keltikangas-Jarvinen, Strandberg, Jarvenpaa, 2003; Priel, Besser, 2000; Scher, Mayseless, 1997). Dunque l’attaccamento insicuro può essere un fattore di vulnerabilità per l’insorgenza e la persistenza di sintomi depressivi (Carnelley e al., 1994; Whiffen, Kallos-Lilly e MacDonald, 2001).

La ricerca ha inoltre messo in evidenza gli effetti che la sicurezza dell’attaccamento ha invece sulla qualità e sulla stabilità delle relazioni (Feeney, 1999): uno stile di attaccamento sicuro predice un buon funzionamento individuale e di coppia e un maggiore adattamento dei partner alla genitorialità.

Rholes e al. (2001) in uno studio longitudinale si sono soffermati sulle implicazioni che può avere lo stile di attaccamento materno di tipo preoccupato e hanno rilevato un declino della soddisfazione coniugale soprattutto nei casi in cui le neo-mamme percepiscono i loro partner come inadeguati e insufficienti nel fornire aiuto e sostegno emotivo. Correlazioni significative tra l’attaccamento insicuro e la depressione post-natale sono state riscontrate anche in uno studio di Meredith e Noller (2003). Le donne che esperivano sintomi depressivi presentavano più frequentemente un attaccamento preoccupato rispetto alle altre madri. Tuttavia questo studio presenta numerosi limiti: hanno partecipato alla ricerca solo le neo-mamme e non i partner e non sono state effettuate delle comparazioni con un gruppo di donne sposate senza figli.

Feeney e al. (2003) invece hanno valutato le relazioni esistenti tra attaccamento insicuro, depressione e grado di soddisfazione coniugale ipotizzando uno studio più preciso che comprendeva nel campione coppie senza figli, entrambi i partner e tutte le coppie hanno partecipato alla ricerca nel secondo trimestre di gravidanza, 6 settimane prima e 6 mesi dopo il parto. I risultati hanno messo in rilievo una maggiore instabilità dell’attaccamento nel periodo di transizione alla genitorialità e soprattutto hanno evidenziato che l’attaccamento insicuro può innescare la depressione in donne che non presentano sintomi depressivi nel periodo prenatale. Ulteriori analisi hanno palesato che la relazione tra attaccamento e depressione è influenzata dal sostegno emotivo offerto dal partner.

Infine è stata attestata l’influenza che la depressione materna ha sulla soddisfazione coniugale: i sintomi depressivi spesso si associano ad un isolamento sociale che ha un impatto negativo sulla qualità della relazione di coppia (Mauthner, 1998).

 

Conclusioni: l’attaccamento materno insicuro come fattore di vulnerabilità

In conclusione, dalla letteratura risulta come lo stile di attaccamento materno insicuro nelle neo-mamme possa costituire un fattore di vulnerabilità per l’esordio di disturbi psichici in gravidanza e specialmente nel post-partum. La presenza di sintomi depressivi e dell’attaccamento materno insicuro può inoltre avere degli effetti rispetto alla percezione del temperamento del bambino e alla soddisfazione coniugale.

Questo dimostra come raccogliere informazioni anche sulla storia di vita e sulle relazioni di attaccamento delle mamme durante la gravidanza o nel post-partum può essere un importante passo per prevenire o riconoscere tempestivamente eventuali rischi rispetto allo sviluppo di sintomi depressivi e di relazioni insicure tra madri e bambini.

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Marianna Palermo
Marianna Palermo

Dottoressa in Psicologia Clinica

Tutti gli articoli
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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