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Il trattamento di Fairburn per la bulimia: la funzione delle abbuffate di cibo

Secondo Fairburn è importante promuovere nei pazienti bulimici un'alimentazione regolare e comprendere la funzione svolta dalle abbuffate di cibo.  

Di Sandra Sassaroli, Giovanni Maria Ruggiero, Francesca Fiore

Pubblicato il 22 Apr. 2016

La funzione dell’abbuffata è espressione di un’infelicità esistenziale da esaminare a fondo, cercando di capire in quali ambiti il paziente si sente insoddisfatto, non realizzato: ambito sociale, affettivo, scolastico, lavorativo. Il paziente si sente socialmente isolato o escluso, affettivamente abbandonato, o non realizzato nelle sue aspirazioni scolastiche o lavorative?

MAGREZZA NON E’ BELLEZZA – I DISTURBI ALIMENTARI: Il trattamento di Fairburn per la bulimia: la funzione delle abbuffate di cibo (Nr. 10)

 

Favorire nei pazienti un’alimentazione regolare

Per capire e affrontare queste situazioni l’analisi cognitiva degli stati d’animo e dei pensieri è preziosissima. Ma al tempo stesso occorre continuare a motivare il paziente a rispettare un’alimentazione regolare, che aiuta a controllare in maniera ragionevole il peso, previene le abbuffate e migliora l’umore. L’alimentazione regolare, naturalmente, va ristabilita facendo visitare il paziente da uno specialista, nutrizionista o dietologo. Nella visita nutrizionale si stabilirà un modello di alimentazione regolare specifico per il paziente. Tra le regole da rispettare, si raccomanderà di non lasciar passare più ore tra pasti e spuntini, non saltare pasti o spuntini, non mangiare tra pasti e spuntini. Un altro intervento da fare durante questa fase è l’esame cognitivo delle eventuali infrazioni all’alimentazione regolata. In tali casi, emerge la tentazione paradossale di reagire abbandonandosi a un’enorme abbuffata.

 

I pensieri disfunzionali alla base dell’abbuffata

Qui il paziente applica al comportamento alimentare il suo stile di pensiero dicotomico: se non sono capace di osservare la tabella dell’alimentazione equilibrata, allora valgo poco. E per gestire la sofferenza e il disagio emotivo legati al valere poco, mi abbuffo. Oppure il paziente può pensare, senza passare per la mediazione dell’autovalutazione: se ho sgarrato, tanto vale abbuffarsi. Invece occorre incoraggiare il paziente a non lasciarsi andare a questi atteggiamenti disfattisti e cercare di comprendere che tollerare un’infrazione parziale senza trasformarla in un’abbuffata può essere altrettanto importante che saper rispettare un diario alimentare, e che anzi saper giudicare se stessi in maniera non dipendente da un’infrazione alimentare può essere ancora più rilevante. L’alimentazione, tuttavia, deve rimanere la priorità.

 

Indicazioni di Fairburn sulla prevenzione delle abbuffate

Fairburn fornisce alcuni suggerimenti da condividere con il paziente, suggerimenti che dovrebbero facilitare l’autocontrollo alimentare. Ecco alcuni esempi: – decidere la sera prima gli orari dei pasti del giorno dopo; – mangiare solo in alcune stanze; – stare concentrati mentre si mangia, non distrarsi; – mantenere limitata la disponibilità di cibo sul tavolo; – posare giù le posate tra un boccone e l’altro; – fare delle pause durante i pasti; – lasciare del cibo nel piatto; – buttare gli avanzi; – se in compagnia, non ascoltare le esortazioni a mangiare; – se al ristorante, prendere tempo tra una portata e l’altra.

 

RUBRICA MAGREZZA NON E’ BELLEZZA – I DISTURBI ALIMENTARI

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Sandra Sassaroli
Sandra Sassaroli

Presidente Gruppo Studi Cognitivi, Direttore del Dipartimento di Psicologia e Professore Onorario presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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