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Trauma: un intervento psicologico nel post emergenza del terremoto in Nepal

Per sostenere la popolazione nepalese sconvolta dal terremoto dell'aprile 2015 è stato condotto un intervento psicologico di supporto.

Di Cristina Angelini, Guest

Pubblicato il 07 Mar. 2016

Aggiornato il 04 Lug. 2019 12:30

Da 14 anni andiamo in Nepal per conto di AIDOS, Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo, per fare formazione in un centro di salute rivolto alla popolazione che vive nei piccoli villaggi della zona di Kirtipur, nella valle di Katmandu. Dopo qualche mese dal devastante terremoto siamo chiamati a fare un intervento sulla popolazione, ancora fortemente traumatizzata anche a causa delle forti scosse che continuano e che fanno sembrare il terremoto “infinito”, alimentando fantasie sulla fine del mondo in un paese bellissimo ma ancora medievale e superstizioso.

di Cristina Angelini ed Edoardo Pera

 

Il pulmino del consultorio che ci sta accompagnando al campo delle famiglie sfollate avanza barcollando su strade malmesse. Arriviamo. Il campo è un pugno di semplici capannoni nell’enorme cortile di una scuola. Ci fanno strada tra erba e fango fino ad un capannone dove, dicono, ci stanno aspettando. Entriamo e ci troviamo di fronte una cinquantina di donne di tutte le età, sedute ordinatamente in un quadrato perfetto su delle stuoie. Cinquanta paia di occhi che ci guardano, attenti, curiosi. Hanno perso le loro case e dal terremoto di aprile 2015 vivono lì nel campo con le loro famiglie.
Interi villaggi sono andati distrutti. Alcuni, persi tra valli e montagne, hanno dovuto aspettare giorni prima che giungessero i soccorsi. Dopo la scossa di aprile ce n’è stata un’altra quasi altrettanto forte a maggio. Poi continue scosse di assestamento, dando la sensazione che il terremoto non finisse mai e complicando non poco l’elaborazione emozionale di questo evento traumatico.

 

Lavorare sui sintomi post-terremoto: EMDR e Mindfulness

Insieme all’avvocatessa Shrijana e alla dottoressa Nafisa chiediamo dei sintomi post-terremoto, che è il nostro primo obiettivo di oggi. C’è chi ha difficoltà a dormire e chi dorme troppo; chi ha incubi e memorie intrusive dell’evento, chi è molto irritabile e chi invece è scollegato da tutto; chi non mangia più e chi invece mangia troppo… E ogni volta ci sono mani alzate che rispondono “Sì, a me capita questo…” Cerchiamo di far capire che è tutto normale dopo un evento del genere. E’ un passo importante e rassicurante per loro sapere che queste reazioni sono previste. Solo se si protraggono ancora più a lungo si può parlare di un disturbo che necessita l’intervento mirato degli specialisti.

Useremo l’EMDR, una tecnica basata sulla stimolazione bilaterale emisferica per elaborare le memorie traumatiche, la meditazione Mindfulness per placare la mente e prendere distanza dalla carica emozionale dell’evento, e tecniche di psicoterapia corporea dell’analisi reichiana.
Dopo questi primi interventi di psico-educazione iniziamo a mostrare dei semplici esercizi di stabilizzazione emozionale per ridurre i sintomi, per placare l’ansia e il senso di instabilità. In questo momento non possiamo ridare loro una casa, ma possiamo aiutarle a trovare un “luogo” interiore più stabile. È nell’interiorità, nel corpo e nel sistema nervoso che le paure non elaborate si radicano ed è lì che dobbiamo operare. Facciamo subito il “Posto sicuro”, un esercizio di stabilizzazione emozionale molto usato prima e dopo i trattamenti EMDR.

Chiediamo di ricordare un momento bello, sereno, di pace e sicurezza vissuto nella loro vita; anche un frammento di esperienza va bene. Chiediamo di entrarci in contatto. Dove era? Quando? Con chi? Chiediamo di ritrovare le sensazioni fisiche, le emozioni correlate a quel momento e di trovare una parola che lo definisca. Se non c’è un’esperienza personale può andar bene anche un luogo dove non siamo stati ma che ci ispiri lo stesso senso di sicurezza. O addirittura un luogo immaginario.
Poi tutti insieme facciamo una stimolazione bi-laterale lenta, che stabilizzi il ricordo e le sensazioni trovate.
È toccante vederle tutte insieme, dalla ragazzina sorridente all’anziana che fa fatica anche a sedersi su una sedia in fondo alla sala, mentre ad occhi chiusi cercano il loro “posto sicuro” interiore.

Proponiamo anche la meditazione della montagna, una tecnica di Mindfulness. Le persone sono invitate a identificarsi con una montagna, che rimane stabile e unita alla terra, mentre tutto intorno cambia: il giorno e la notte, le stagioni, le condizioni climatiche. In modo semplice aiuta a stabilizzarsi e a non identificarsi con gli eventi negativi.

Ce ne andiamo, commossi dall’incontro con queste vite, messe a dura prova da lutti e perdite eppure così piene di voglia di ricominciare, di andare avanti. La preside della scuola, gentile e orgogliosa del suo istituto, è felice che siamo stati lì, ad aiutare le “sue famiglie”. Poi, per un attimo, mentre ci dice che alcuni alunni sono morti nel terremoto ha le lacrime agli occhi.

 

La formazione degli operatori locali

Così, nei dieci giorni di questa breve missione alterniamo l’intervento psico-sociale sulla popolazione (insieme allo staff locale) alla formazione degli operatori stessi. Lavoriamo spesso nel consultorio di Kirtipur, un piccolo centro nella valle di Kathmandu. E’ stato creato da AIDOS circa venti anni fa con i finanziamenti di UNFPA ed è ancora attivo sul territorio nonostante i finanziamenti siano finiti da un pezzo. Accanto al consultorio nel tempo è sorto un piccolo ospedale, gestito dall’associazione partner nepalese.
Gli operatori sono vivaci, motivati, intelligenti, ma presto ci rendiamo conto che l’intervento sullo staff deve avere questa volta un taglio particolare, perché gli operatori sono essi stessi vittime del terremoto, alcuni hanno perso la casa o hanno visto morire qualche parente e manifestano le stesse paure e gli stessi sintomi della popolazione.

Oltre alla Mindfulness e alla formazione sui trattamenti individuali concordiamo di adottare il protocollo EMDR sui gruppi con l’intero staff del consultorio: medici, psicologi, counsellor, assistenti sociali, educatrici, l’avvocatessa, l’infermiera, ma anche l’autista e la signora delle pulizie. Il protocollo EMDR di gruppo parte dall’immagine peggiore del terremoto, disegnata sul 1° quadrante di un foglio diviso in quattro parti, misurando il livello di disturbo ancora presente solo a pensarla ora e facendo poi la stimolazione bilaterale veloce. Si vedono i collegamenti e le elaborazioni che ogni persona fa e che vengono mano a mano disegnate sugli altri quadranti. Dopo cinque sessioni lo staff aveva avuto una significativa riduzione del livello di stress, tranne un’educatrice che aveva visto morire il padre sotto le macerie, il cui livello di stress, anche se ridotto, rimane ancora medio-alto.

In questo lavoro di gruppo è fondamentale una prima fase di ricerca di risorse, esterne e interne, che possano aiutare nell’elaborazione dell’evento traumatico. Un’educatrice ha trovato la propria risorsa nel momento in cui, subito dopo il primo, devastante terremoto, nel mezzo del caos totale, è riuscita a coordinare gruppi di persone prese dal panico, orientandole verso i servizi più utili nella comunità. L’avvocatessa invece ha ricordato il momento in cui, nel mezzo della lunghissima scossa, ha visto il marito che rientrava in casa, mentre tutti scappavano, perché era convinto che lei fosse ancora lì; lo racconta tra le lacrime dicendo che non si era mai sentita così tanto amata. O la psicologa monaca buddista che dopo la scossa ha meditato insieme al suo gruppo nel monastero dove vive.

 

La comunità come risorsa nel superare il trauma

Poniamo l’accento sul fatto che anche la comunità è una risorsa importantissima per superare questi momenti difficili. Di fatto in qualche villaggio ci raccontano che prima la comunicazione tra le persone era più scarsa, ci si salutava e poco più, mentre ora si parla, si condivide, ci si aiuta. Ecco, la possibilità di aiutare gli altri diventa fondamentale in queste situazioni. Molti, sia tra gli operatori che nella popolazione, ci hanno confermato che sono usciti dal senso di paralisi che spesso segue gli eventi traumatici proprio impegnandosi nel soccorrere e aiutare le altre persone coinvolte.
Mentre ripartiamo, altre immagini vengono alla mente, tra le tante che portiamo con noi. La studentessa che è troppo timida per parlare nel gruppo e allora è la sua amichetta con le treccine, disinvolta e loquacissima, che racconta al suo posto il suo essere rimasta sepolta sotto le macerie ed estratta con fatica dai soccorritori. Lo studente dodicenne che visualizza il suo posto sicuro interiore su un’isola lontana ma poi sente che nessun posto è veramente in salvo, è la terra stessa ad essere diventata insicura ovunque, dice. A lui Edoardo suggerisce di provare sulla luna o su un altro pianeta e in effetti funziona, perché ci dice sorpreso di sentirsi molto più tranquillo! E aggiunge che se verrà un’altra scossa saprà fronteggiarla meglio!

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Jon Kabat-Zinn, (2004) “Vivere momento per momento: sconfiggere lo stress, il dolore, l’ansia e la malattia con la saggezza di corpo e mente”, Tea
  • Rebecca Crane, (2009) “ La terapia cognitiva basata sulla mindfulness”, Franco Angeli
  • G.Ferri, G. Cimini, ( 2012) “ Psicopatologia e carattere: l’analisi reichiana, la psicoanalisi nel corpo e il corpo in psicoanalisi”, Alpes
  • Marilyn Luber, (2009) “ EMDR Scripted protocols”, Springer Publishing
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