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Madri pentite e coppie “childfree”: la nuova corrente dell’ anti-genitorialità!

Diventare genitori implica l'adattarsi ad una nuova condizione di vita che comporta cambiamenti, gioie e fatiche e talvolta emerge un vissuto di pentimento.

Di Patrizia Vaccaro

Pubblicato il 30 Mar. 2016

Aggiornato il 01 Lug. 2019 14:42

Il conflitto tra l’amare immensamente i propri figli ma volere la vita di prima, rivela la difficoltà ad accettare una nuova condizione di vita in cui i figli rappresentano una linea di confine tra il prima e il dopo.

 

Diventare genitori. Oppure no. Essere genitori o non poterlo essere. Essere genitori “diversi” (arcobaleno, single,ecc..)
Il tema della maternità e della genitorialità viene ormai affrontato in tutte le sue sfaccettature. Così mentre si infiamma il dibattito sul diritto di essere genitori e sui mezzi per poter realizzare questo desiderio, si sta rinforzando l’idea che ci sia un altro diritto: quello di non esserlo. E addirittura scegliere di non esserlo senza sentirsi in colpa o diversi. Ma ancora di più nelle ultime settimane si è acceso un dibattito intorno a un libro che racconta del “pentimento” di alcune madri.

Pentirsi di essere madri

Qualche anno fa era uscito un libro di una psicanalista francese, Corinne Maier, madre di due figli che aveva scritto “No kids. Quaranta ragioni per non avere figli”. Il libro avevo suscitato scalpore e polemiche perché demonizzava le “gioie” della maternità, nel tentativo di essere più realista su quello che effettivamente comporta la maternità. Dall’America è arrivata la moda di creare spazi no kids nei locali pubblici o di limitare l’accesso ai bambini dopo una certa ora o, ancora, offerte di compagnie aeree per chi non viaggia coi bambini.

La sociologa israeliana Orna Donath lo scorso anno ha pubblicato un saggio “Regretting motherhood”. L’autrice ha intervistato 23 donne, mamme di uno/due/tre figli, che avevano in comune la caratteristica di essersi pentite di aver avuto dei figli. Nel libro si mettono in risalto le pressioni culturali e sociali che possono contribuire alla scelta della genitorialità, ma soprattutto ne emerge un atteggiamento ambivalente nei confronti dei loro figli: [blockquote style=”1″]Se tornassi indietro non metterei al mondo dei figli, ma li amo immensamente. [/blockquote]

Il conflitto tra le gioie e i dolori della genitorialità

Il conflitto tra l’amare immensamente i propri figli ma volere la vita di prima, rivela la difficoltà ad accettare una nuova condizione di vita in cui i figli rappresentano una linea di confine tra il prima e il dopo. Un aspetto che però viene messo in luce da Donath è l’elemento culturale: in Israele avere i figli è un atto dovuto da parte della donna e averne solo uno non rende una famiglia degna di tale nome. Soprattutto, fatto il primo se ne possono fare anche altri “tanto la vita è rovinata lo stesso”.

Uno studio del 2011 aveva già dimostrato che avere figli non aumenta la felicità, anzi. Soprattutto chi ha bambini piccoli ha un decremento nella qualità di vita da cui si riprende con la crescita dei figli. Solo quando i figli escono di casa si ha un maggiore senso di benessere rispetto a chi non ha avuto figli.

In questi dibattiti c’è il tentativo di portare la genitorialità e la maternità dall’essere una condizione mitizzata (la sofferenza e lo stigma sociale con cui vivono persone e coppie che non possono avere figli ha alimentato in parte il mito della maternità/genitorialità) a una condizione di vita con i pro e i contro. Come tutte le scelte allora ci si può pentire, ma a differenza di un acquisto o di un lavoro o di una relazione, non si può sciogliere o rimandare al mittente.

Il principio di base è errato: essere genitori non equivale a felicità. Equivale a una condizione di vita diversa in cui sono contemplati fatica, dolore, tristezza, rabbia, gioia, sorpresa…ovvero tutto ciò che la vita può offrire. Avere un figlio cambia completamente la prospettiva di vita: c’è un prima e c’è un dopo. Ciò non significa che sia stato meglio prima o sarà meglio dopo. E’ diverso.
Non è, dunque, la condizione di essere o non essere genitore a fornirci la garanzia di una vita migliore ma il modo in cui comunque la si vive.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • R. Margolis, M.Myrskylä, A Global Perspective on Happiness and Fertility, Issue Population and Development Review, Volume 37, Issue 1, pages 29–56, March 2011. DOWNLOAD
  • Orna Donath, Regretting Motherhood, 2015.
  • Corinne Maier e A. D'Elia, No kid. Quaranta ragioni per non avere figli, Bompiani, 2008.
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