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Le distorsioni cognitive nei processi di valutazione: conoscerle per esserne consapevoli

Tutti attivano delle distorsioni cognitive quando si relazionano con gli altri e conoscere quali sono può aiutare ad esserne consapevoli. 

Di Ursula Valmori

Pubblicato il 10 Mar. 2016

Nessuno di noi è immune dalle distorsioni cognitive, tuttavia, essere consapevoli della loro esistenza può aiutare; una generica componente delle distorsioni cognitive è presente infatti in qualsiasi giudizio, in quanto esso è legato ad un fattore percettivo e dunque ad una visione della realtà filtrata soggettivamente da chi valuta.

 

Le distorsioni cognitive: introduzione

All’interno di un’organizzazione, il processo di valutazione delle prestazioni ha un significato gestionale ben preciso, ovvero serve per analizzare il contributo fornito da ciascuna risorsa al raggiungimento degli obiettivi aziendali. E’ anche uno dei doveri più delicati di ogni manager che, in quanto essere umano, utilizza le proprie abilità cognitive per stabilire quale sia la valutazione più idonea da attribuire alla prestazione di un collaboratore. Per quanto cerchi di essere il più obiettivo possibile, chi valuta è un essere umano che, inevitabilmente, risente delle influenze dei precedenti modelli esperienziali, del contesto culturale in cui opera, delle proprie credenze e convinzioni, quindi può commettere degli errori di giudizio che danno origine a quelli che in psicologia vengono definiti biases della valutazione.

Poiché alla base della valutazione c’è un processo cognitivo di osservazione ed interpretazione della realtà, possono esserci delle distorsioni cognitive (biases valutativi), indotte da un pregiudizio del soggetto che valuta.
Così come avviene per la nostra percezione visiva, anche la nostra ragione può essere ingannata. Nessuno di noi è immune dalle distorsioni cognitive, tuttavia, essere consapevoli della loro esistenza può aiutare; una generica componente delle distorsioni cognitive è presente infatti in qualsiasi giudizio, in quanto esso è legato ad un fattore percettivo e dunque ad una visione della realtà filtrata soggettivamente da chi valuta.
Chi valuta è, come tutti, soggetto a pregiudizi, ossia atteggiamenti favorevoli o sfavorevoli verso l’oggetto del giudizio; conoscere le principali tipologie di biases cognitivi, però, può aiutare a limitare i danni di una valutazione inappropriata.

 

Le distorsioni cognitive: quali sono?

Consideriamo innanzitutto il cosiddetto bias di conferma: a ciascuno di noi piace essere d’accordo con le persone che sono d’accordo con noi e ciascuno di noi tende ad evitare individui o gruppi che ci fanno sentire a disagio: questo è ciò che lo psicologo B.F. Skinner (1953) ha definito “dissonanza cognitiva”. Si tratta di una modalità di comportamento preferenziale che porta al bias di conferma, ovvero l’atto di riferimento alle sole prospettive che alimentano i nostri punti di vista preesistenti. Molto simile al bias di conferma è il bias di gruppo, che ci induce a sopravvalutare le capacità ed il valore del nostro gruppo, a considerare i successi del nostro gruppo come risultato delle qualità dello stesso, mentre si tende ad attribuire i successi di un gruppo estraneo a fattori esterni non insiti nelle qualità delle persone che lo compongono. Le valutazioni affette da queste tipologie di distorsioni cognitive possono risultare poco chiare a chi viene valutato, che spesso non comprende le basi sulle quali la valutazione si fonda e che invece nota, d’altra parte, un’eccessiva intransigenza di pensiero.

Un altro bias frequente è la cosiddetta fallacia di Gabler, ovvero la tendenza a dare rilevanza a ciò che è accaduto in passato e che i risultati di oggi siano del tutto influenzati da tali eventi. Quindi, i collaboratori valutati sempre positivamente nel corso della loro carriera tenderanno ad essere valutati ancora positivamente anche se a volte le loro prestazioni non risulteranno così positive.

L’errore per somiglianza, invece, è un bias legato alla tendenza di un manager con forte autostima a sopravvalutare i collaboratori che hanno delle caratteristiche analoghe alle sue, mentre l’errore per contrasto è un bias di un manager con bassa autostima che tende a premiare i collaboratori che presentano delle caratteristiche in lui carenti o assenti.
Altamente nocivo risulta essere anche il cosiddetto bias della negatività, ovvero un’eccessiva attenzione rivolta verso elementi negativi, che vengono considerati come i più importanti. A causa di questa distorsione, si tende a dare maggior peso agli errori, sottovalutando i successi e le competenze acquisite ed attribuendo così una valutazione negativa alla prestazione.

Infine, il bias dello status quo è una distorsione valutativa dovuta alla resistenza al cambiamento. Il cambiamento spaventa, si ama la propria routine e si tenta, quindi, di mantenere le cose così come stanno. La parte più dannosa di questo pregiudizio è l’ingiustificata supposizione che una scelta diversa potrà far peggiorare le cose.

Una riflessione sulle diverse tipologie di distorsioni cognitive può certamente contribuire a ridurne alcuni effetti e spingere chi valuta ad agire come gli scrittori naturalisti, che assegnavano all’opera narrativa il compito di attenersi ad una descrizione impersonale ed oggettiva della materia rappresentata. L’opera narrativa era per i naturalisti un laboratorio per l’osservazione fredda e distaccata della realtà, di cui lo scrittore, al pari di uno scienziato, doveva registrare impassibilmente i fenomeni. Applicando cioè all’arte i metodi ed i risultati della scienza, gli scrittori naturalisti si prefiggevano di riprodurre la realtà con perfetta obiettività. Il metodo scientifico galileiano venne assorbito a tal punto dalla letteratura naturalista che gli autori, ancor prima di scrivere i loro romanzi, si dedicavano all’osservazione ravvicinata del fenomeno da descrivere in modo da essere i più oggettivi possibile; analogamente, in azienda, chi ricopre ruoli di responsabilità ed è chiamato a valutare i propri collaboratori dovrebbe innanzitutto osservare i fatti e poi valutarli con il giusto distacco ed oggettività.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Skinner B.F. (1953). Science and human behavior. The Macmillan Company. New York.
  • Tversky A., Kahneman D. (1974). Judgment under Uncertainty: Heuristics and Biases. Science, New Series, Vol. 185, No. 4157.
  • Haselton M.G. , Galperin A. (2011). Error Management and the Evolution of Cognitive Bias.
  • Baumeister R. F., Bratslavsky, E., Finkenauer, C., & Vohs, K. D. (2001). Bad is stronger than good. Review of General Psychology, 5, 323-370.
  • Piattelli Palmarini M. (1995). L’illusione di sapere. Mondadori Editore. Milano.
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