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Autoefficacia: come apprendere (auto)efficacemente

L'autoefficacia si riferisce alla percezione che ognuno possiede rispetto alla propria capacità di organizzare le attività e di raggiungere obiettivi. 

Di Cesare Basilico, Mauro Grillini

Pubblicato il 21 Mar. 2016

Aggiornato il 03 Lug. 2019 12:24

L’autoefficacia si riferisce alla credenza nella propria capacità di organizzare ed eseguire delle serie di azioni atte ad ottenere un certo risultato (Bandura, 1997). Bandura ritiene che le credenze di autoefficacia determinino cosa le persone provano e pensano, come si motivano e quali comportamenti attuano (Bandura, 1994).

Basilico Cesare, Grillini Mauro, OPEN SCHOOL Studi Cognitivi Milano

 

Autoefficacia: introduzione

Questo concetto è stato usato in ricerca secondo due accezioni: come autoefficacia riferita all’abilità percepita di effettuare un particolare comportamento; come autoefficacia riferita all’abilità percepita di controllare, prevenire o gestire le potenziali difficoltà che possono sorgere nell’esecuzione di una particolare prestazione (Kirsh, 1995; Maddux e Gosselin,2003). La ricerca suggerisce che l’autoefficacia funziona come un’organizzazione gerarchica di credenze con diversi livelli di concretezza e complessità dell’azione da compiere, ciascuna delle quali differisce per il livello, per la forza e la generatività; tali credenze influenzano profondamente l’apprendimento ed anche lo sviluppo a lungo termine (Bandura, 2000a; Ehremberg, Cox e Koopman, 1991).

Ciò significa che oltre ad una percezione generale di autoefficacia, ci sono credenze molto specifiche di auto-efficacia riguardanti differenti domini del sé (ad es. forza fisica nel calcio, resistenza alla fatica nel prepararsi ad un difficile test di matematica). Prendendo l’autofficacia nell’utilizzo di una lingua come esempio esplicativo: il livello di auto-efficacia nell’utilizzo di una lingua si riferisce alle variazioni di padronanza percepita per esempio tra una prima ed una seconda lingua; la forza nell’autoefficacia percepita si riferisce al grado di sicurezza nell’usare questa lingua in occasioni formali o sociali, mentre la generatività si riferisce al trasferimento delle credenze di autoefficacia tra differenti compiti legati alla lingua (ad es. esposizioni scritte o orali).

Ciascuna credenza e le sue conseguenze sono sensibili a variazioni di situazione, di contesto e nel compito; queste credenze guidano ed organizzano la performance e l’insieme delle azioni di ciascuna persona, queste ultime a loro volta avranno conseguenze positive o negative a livello fisico, sociale e di autostima. Ogni valutazione successiva alla performance modificherà le credenze di autoefficacia della persona, modificando la probabilità che lo specifico compito venga ripetuto in futuro (Bandura, 1997).

 

Autoefficacia e teorie dell’apprendimento

La formulazione teorica che ha come oggetto l’autoefficacia discende dalla teoria dell’apprendimento, dalla teoria cognitiva e da quella socio-cognitiva; essa è stata capace di mostrare la natura, le fonti e i processi psicologici implicati in questo insieme di credenze.
Le teorie dell’apprendimento, cercando di spiegare la causa del comportamento, si sono focalizzate prima sul condizionamento e poi sulle conseguenze dei comportamenti stessi. Le teorie cognitive dell’apprendimento hanno introdotto le cognizioni all’interno dei processi di generazione dei comportamenti e hanno enfatizzato l’importanza dei guadagni e delle perdite risultanti dal comportamento come un fattore decisivo per la sua attuazione. La teoria Socio-Cognitiva di Bandura concepisce il funzionamento degli esseri umani come la risultante di un gioco dinamico tra influenze personali (cognizioni, affetti ed eventi biologici), comportamentali e ambientali. Tali fattori esercitano la loro influenza attraverso processi di determinismo reciproco (Klassen e Usher, 2010).

Dalla letteratura si evince che le credenze di autoefficacia inerenti la propria capacità di svolgere un compito ed i risultati aspettati predicono fortemente il comportamento effettivo; le credenze di autoefficacia sono state utilizzate con successo per predire la performance accademica ed anche le scelte professionali. Il concetto di autoefficacia è inoltre associato a costrutti motivazionali chiave, quali le attribuzioni causali, il concetto di sè, l’ottimismo, l’achievement goal orientation, la ricerca di aiuto durante il percorso accademico, l’ansia e l’autostima. Tale costrutto è considerato come il più importante elaborato dalla teoria Socio-Cognitiva.

La teorizzazione sull’autoefficacia afferma che le credenze e di conseguenza le performance dipendono dall’interscambio tra quattro processi psicologici.
1)I processi cognitivi: questi includono la valutazione delle proprie capacità, abilità e risorse, la selezione degli obiettivi, la costruzione degli scenari di successo e fallimento nel processo di raggiungimento dell’obiettivo, la generazione e la selezione delle opzioni nel problem solving, il mantenere l’attenzione ed il funzionamento necessari allo svolgimento del compito.
2)I processi motivazionali: le credenze di autoefficacia influenzano l’auto-regolazione della motivazione tramite tre “motivatori cognitivi”, l’attribuzione, il valore dei risultati attesi e la chiarezza ed il valore degli obiettivi.
3)I processi affettivi: la percezione della propria padronanza della situazione influenza l’attivazione emotiva e la tolleranza ad emozioni negative quali l’ansia o la depressione che porta allo scoraggiamento (Ehremberg, Cox e Koopman, 1991).
4)I processi di selezione: la scelta della residenza, di carriera, del tipo di nucleo familiare ed anche l’utilizzo del tempo possono influenzare direttamente il funzionamento di una persona. Le persone con alta autoefficacia, per raggiungere gli obiettivi di loro interesse, sono decisamente proattive nel selezionare e nel crearsi un ambiente fisico e sociale che si accordi alle loro capacità e risorse percepite. In tale processo la possibilità di raggiungimento dei propri obiettivi e di sviluppo personale sono massimizzate.

Le credenze di autoefficacia formatesi tramite i processi appena illustrati non sono statiche, anzi sono costantemente modificate da almeno cinque fonti a loro volta influenzate dalle interpretazioni che le persone danno delle esperienze passate e presenti.

1) Esperienze di mastery: precedenti esperienze di padroneggiamento e successo nello stesso compito aumentano l’autoefficacia percepita, essa a sua volta aumenta la perseveranza nel superare le difficoltà durante l’esecuzione del compito stesso.

2) L’esperienza vicaria: l’osservazione di performance positive compiute da modelli sociali (come genitori ed insegnanti) e da persone le cui capacità sono simili alle proprie (come il gruppo dei pari) può generare un forte senso di autoefficacia. Una buona mastery e la presenza di modelli sociali, come genitori, insegnanti o pari, che affrontano efficacemente delle sfide possono mostrare come stimolare l’apprendimento di nuove abilità e strategie (Schunk e Zimmerman, 2007).

3) La persuasione sociale: una persuasione sociale convincente fornita da altri significativi, come genitori e insegnanti, può aumentare l’autoefficacia di un giovane, sempre che egli possieda almeno un po’ quella capacità (Fan e Williams,2010; Tsang e Leung, 2006). Il fallimento dopo aver intrapreso un compito difficile con false aspettative di successo può essere molto dannoso per le credenze di autoefficacia in quell’ambito. Una persuasione sociale di successo dovrebbe includere la modificazione di tutte le variabili processuali precedentemente considerate: l’espansione del repertorio comportamentale tramite uno skills training ed il controllo ambientale per facilitare una performance di successo, così come il rimarcare la desiderabilità dei risultati.

4) Stati fisiologici ed affettivi: le condizioni fisiologiche ed emozionali attuali e percepite lavorano direttamente attraverso i processi affettivi sopra descritti per influenzare le credenze di autoefficacia di una persona. Queste condizioni includono la prontezza fisica e mentale all’azione, il tasso di affaticamento e influenzano direttamente la decisione di continuare o arrendersi. Profonda importanza rivestono anche le credenze riferite al sé riguardo queste condizioni. I giovani possiedono buone risorse in tal senso derivate dallo sviluppo, come l’energia fisica e l’accessibilità alle proprie emozioni e se apprendono presto ad utilizzarle con criterio ciò porterà loro grande beneficio in futuro.

5) Esperienze immaginative: ripetizioni immaginative di performance positive o negative, cercate deliberatamente oppure frutto di un’abilità rimuginativa, possono migliorare le capacità di coping e l’autoefficacia (tecniche cognitivo-comportamentali che usano le esperienze immaginative sono ad esempio la desensibilizzazione sistematica e il covert modeling) (Klassen e Usher, 2010; Williams, 1995).

 

Autoefficacia in ambito scolastico

L’autoefficacia può trovare una vasta applicazione anche nel contesto scolastico, nella definizione e nell’organizzazione delle modalità di apprendimento dello studente e nel mantenere un livello adeguato di motivazione nello svolgimento delle attività proposte (Tsang, Hui e Law, 2012).
Bandura suggerisce ad esempio di favorire in classe insegnamenti personalizzati su ciascun allievo, elemento che ridurrebbe drasticamente confronti sociali demoralizzanti e massimizza valutazioni personali sui propri standard interni e maggiore competenza personale percepita (Bandura, 2000b).
In secondo luogo potrebbe essere utile strutturare attività didattiche su base cooperativa e favorire pratiche di tutoring attivo tra studenti, in modo che i più svantaggiati possano contare su un sostegno sociale e su modelli efficaci rappresentati dagli studenti più abili che a loro volta, assumendo temporaneamente il ruolo attivo di insegnamento, perfezionino e affinino la padronanza della materia, le proprie abilità comunicative e la propria autoefficacia scolastica.

Suddividere attività complesse in sotto-obiettivi relativamente semplici da conseguire, al fine di ottenere periodici feedback positivi circa le proprie abilità costituisce un’ulteriore modalità di potenziamento della propria autoefficacia, assieme all’invito agli studenti ad auto-istruirsi verbalmente per trovare le soluzioni più appropriate per ciascun compito.

Cruciale, da parte dell’insegnante, il fornire feedback appropriati tanto sulla buona qualità del lavoro svolto quanto sui risultati ottenuti dagli studenti, promuovendo quindi un locus of control prevalentemente interno

Infine Bandura sottolinea la necessità, da parte degli insegnanti, di potenziare a propria volta la propria autoefficacia e a stringere proficue collaborazioni con le famiglie degli alunni (Bandura, 2000b).

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Mauro Grillini
Mauro Grillini

Psicologo e Psicoterapeuta in formazione presso la Scuola di Specializzazione "Psicoterapia Cognitiva e Ricerca", Milano

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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  • Bandura A., Autoefficacia: teoria e applicazioni (1997, ed. it. 2000b) , Erickson Ed.
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  • Fan W. and Williams C. M. , “The effects of parental involvement on students’ academic self-efficacy, engagement and intrinsic motivation,” Educational Psychology, vol. 30, no. 1, pp. 53–74, 2010.
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  • Klassen R. M. and Usher E. L. , “Self-efficacy in educational settings: recent research and emerging directions,” in Advances in Motivation and Achievement Vol. 16A: The Decade Ahead: Theoretical Perspectives on Motivation and Achievement, S. Karabenick and T. C. Urdan, Eds., vol. 16, pp. 1–33, Emerald Books, Bingley, UK, 2010.
  • Maddux J. E. and Gosselin J. T., “Self-efficacy,” in Handbook of Self and Identity, M. R. Leary and J. P. Tangney, Eds., pp. 218– 237, Guilford Press, New York, NY, USA, 2003.
  • Schunk D. H. and Zimmerman B. J., “Influencing children’s self-efficacy and self-regulation of reading and writing through modeling,” Reading and Writing Quarterly, vol. 23, no. 1, pp. 7–25, 2007.
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  • Tsang S. K. M. , Hui E. K. P. and Law B. C. M., “Self-Efficacy as a Positive Youth Development Construct: A Conceptual Review” The ScientificWorld Journal Volume 2012, Article ID 452327, 7 pages
  • Williams S. L., “Self-efficacy, anxiety, and phobic disorders,” in Self-Efficacy, Adaptation, and Adjustment: Theory, Research and Application, J. E. Maddux, Ed., pp. 69–107, Plenum, New York, NY, USA, 1995.
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