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La fase dell’adolescenza nell’era moderna e i comportamenti a rischio

L'adolescenza costituisce un periodo di transizione e di destabilizzazione in cui emergono spesso comportamenti rischiosi per sé o per gli altri. 

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 26 Feb. 2016

Adolescenza: Lo studio dei comportamenti a rischio adolescenziali è recente e ha acquisito maturità scientifica solo dagli anni ottanta del secolo scorso, quando si è compreso come la maggior parte delle cause di malattia e di morte in quell’ età dipendano da comportamenti a rischio. Comportamenti pericolosi per la salute come l’uso di sostanze, il comportamento sessuale precoce o rischioso, la guida pericolosa, il comportamento suicida e omicida, i disordini alimentari e la delinquenza. 

Questo articolo è stato pubblicato da Giovanni Maria Ruggiero su Linkiesta il 20/02/2016

L’adolescenza nell’era moderna

Un tempo, a quindici anni non si era adolescenti ma già giovani adulti. L’adolescenza è un’invenzione moderna, questa età inquieta in cui si è ancora economicamente dipendenti dalle figure familiari e s’intraprende un lungo percorso di preparazione scolastica al mondo del lavoro; e al tempo stesso si è già fisicamente cresciuti e psicologicamente pieni di aspirazioni, sogni e progetti che non sono più quelli infantili, il desiderio di esplorare il mondo è li, davanti a noi. E infine, e questo è il terzo ingrediente che fa saltare tutto, la dipendenza economica si unisce però a una disponibilità, a un benessere sconosciuti alle età passate della sussistenza economica. Si è nell’epoca del consumismo, e tra lavoretti part time e paghette passate dai genitori l’adolescente, pur dipendente, ha anche una sua indipendenza che lo rende già soggetto economico, cliente e consumatore. Soprattutto consumatore di cultura: musica prima di ogni cosa, e poi cinema, serie TV, informatica, insomma ogni genere di media.

Questo adolescente è quindi uno strano soggetto, un individuo e un cittadino a metà, dipendente e indipendente, oggetto e agente, attore e comparsa. Promuove e sostiene una cultura che è dominante soprattutto nel campo musicale, almeno dai tempi di Presley, mentre in altri campi è assente per oggettiva immaturità. Questa sua instabilità destabilizzante si prolunga in una giovinezza infinita che è poi un’infinita adolescenza, negli studi universitari e nella ricerca del primo impiego. E anche in quei casi in cui non si studia all’università e ci si inserisce prima nel mondo del lavoro, permane questa sensazione di eterna attesa e di eterna adolescenza.

L’adolescenza è quindi destabilizzazione per eccellenza. Lo fu in maniera divertente e musicale negli anni ’50, psichedelica e idealista nei ’60, cupamente utopica nei ’70, e poi si è quasi paradossalmente stabilizzata nella sua labilità e nella sua natura di età imperfetta negli anni successivi.
Eppure la letteratura psicologica ha abbandonato la rappresentazione dell’adolescenza come condizione di disagio e sofferenze. La crisi adolescenziale non è l’unica e forse nemmeno la più importante nella vita di una persona. Il cambiamento e lo sviluppo –e quindi la destabilizzazione– non sono limitati al periodo iniziale della vita, ma riguardano tutta l’esistenza, dal momento che tutte le funzioni psichiche subiscono mutamenti incessanti lungo l’intero corso della vita.

È vero che l’allargarsi delle libertà individuali e delle possibilità di realizzazione personale rende più problematica quest’età sospesa nella quale non si realizza ancora una vera e completa partecipazione sociale e gli scopi personali non sono ancora chiari e ben definiti. Accade quindi che per un adolescente l’impegno nello studio possa essere messo in atto per compiacere i genitori in una relazione di dipendenza, o possa essere lo strumento per raggiungere una maggiore autonomia attraverso il successo scolastico. Oppure che l’affermazione di sé possa realizzarsi attraverso comportamenti pericolosi e ad alto rischio, come l’uso di droghe, o con comportamenti socialmente utili, come l’impegno a favore degli altri.

 

I comportamenti a rischio nell’adolescenza

Lo studio dei comportamenti a rischio adolescenziali è recente e ha acquisito maturità scientifica solo dagli anni ottanta del secolo scorso, quando si è compreso come la maggior parte delle cause di malattia e di morte in quell’età dipendano da comportamenti a rischio. Comportamenti pericolosi per la salute come l’uso di sostanze, il comportamento sessuale precoce o rischioso, la guida pericolosa, il comportamento suicida e omicida, i disordini alimentari e la delinquenza. Questi comportamenti mettono in pericolo il benessere psicologico, sociale e fisico: l’attività sessuale precoce e non protetta che può portare a una gravidanza precoce, la guida pericolosa e il fumo di sigaretta.

Tuttavia, questi comportamenti a rischio hanno un senso e una funzione. Questi comportamenti consentono al ragazzo o alla ragazza di mettere alla prova le proprie abilità e competenze, di mettere alla prova i livelli di autonomia e controllo raggiunti e di sperimentare nuovi stili di comportamento. L’assunzione del rischio e la sperimentazione aiutano gli adolescenti a raggiungere indipendenza, maturità e a costruire una propria identità. Tuttavia, tale assunzione di rischio può portare a mettere in atto comportamenti estremamente dannosi per la salute propria e altrui.

Accanto alla necessità di mettersi alla prova, di saggiare le proprie forze, vi sono altri due fattori alla base dei comportamenti destabilizzanti dell’adolescenza: l’ottimismo irrealistico e la ricerca di sensazioni (sensation seeking). Il primo è una distorsione cognitiva che fa sottostimare all’adolescente il rischio che corre. Questa distorsione ha il suo senso, perché concorre a incoraggiare l’adolescente a mettersi alla prova.

Naturalmente però concorre anche alla devianza e alla destabilizzazione. La ricerca di sensazioni è il desiderio e la ricerca attiva di novità e di intensità nelle esperienze. Che però si correla con comportamenti sessuali precoci e non protetti, l’uso di droga e alcol e altri comportamenti a rischio.

Insomma, l’adolescente è catapultato in una condizione nuova, sospeso tra i due estremi di una condizione perduta di certezza, l’infanzia, e una nuova di affascinante e terrificante incertezza, l’età adulta; tra gli agi e le sicurezze di quando era fanciullo, accudito dai genitori e dalle figure di riferimento, e la libertà e le nuove responsabilità della condizione adulta. I comportamenti, rischiosi e normali, messi in atto dai soggetti durante l’adolescenza hanno lo scopo di fornire una soluzione ai diversi compiti di sviluppo, che appaiono spesso indefiniti. Tra i comportamenti a rischio messi più frequentemente in atto oggi vi è l’utilizzo di stupefacenti, e in particolare di cannabis, che è la sostanza psicoattiva illegale maggiormente diffusa nel mondo. Uno dei luoghi comuni tra gli adolescenti è che la cannabis sia un prodotto pressoché innocuo, anche se ormai la sua pericolosità sia a breve che a lungo termine è stata accertata. Una destabilizzazione chimica, che ingannevolmente aiuta l’adolescente a sopportare la lunga attesa, la lunga anticamera che deve affrontare. Aiuto ingannevole, che anzi toglie armi mentali che saranno preziose nell’agognata età adulta successiva.

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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