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Come vivere le emozioni negative: il ruolo delle credenze e dei significati

Provare in continuazione emozioni negative come rabbia, ansia e tristezza è correlato a una vita sociale più povera e a peggiori condizioni di salute

Di Linda Confalonieri

Pubblicato il 19 Gen. 2016

Essere cronicamente di cattivo umore e provare in continuazione emozioni negative come rabbia, ansia e tristezza è generalmente correlato nel lungo termine a una vita sociale più povera e a peggiori condizioni di salute fisica. Ad ogni modo gli effetti delle emozioni a valenza negativa non sarebbero uniformi.

Secondo un nuovo studio pubblicato su Emotion vi sarebbe una differenza cruciale in quanto le persone attribuiscono valore, significato e persino una quota di soddisfazione agli stati emotivi negativi: coloro che in qualche modo vedono un significato – e dunque in qualche misura apprezzano – le emozioni negative subiscono in misura minore gli impatti negativi a lungo temine di queste stesse emozioni.

 

Atteggiamenti e credenze sulle emozioni negative

I ricercatori hanno intervistato circa 300 soggetti tedeschi riguardo i loro atteggiamenti e credenze sulle emozioni negative e positive, misurando attraverso self-report anche il benessere fisico e mentale. Inoltre è stato monitorato per tre settimane (per tre volte al giorno) il livello dell’umore e la presenza di emozioni dei soggetti attraverso l’uso di smartphone.

Analizzando i dati è risultato che la relazione tra la frequenza di umore / stati emotivi negativi ed esiti peggiori in termini di salute fisica e mentale varia in funzione degli atteggiamenti che le persone hanno nei confronti delle emozioni negative. I soggetti che hanno credenze e atteggiamenti di non accettazione e rifiuto delle emozioni negative ne pagano un prezzo più alto; viceversa coloro che hanno atteggiamenti più positivi verso le emozioni negative mitigano gli effetti di tali emozioni sulla salute e sul benessere.

Leggendo i risultati, possiamo avventurarci in diverse ipotesi esplicative: primo, è possibile che alle emozioni negative e a un livello dell’umore deflesso non si aggiungano, in certe persone, emozioni secondarie altrettanto negative riguardo l’essere arrabbiati, tristi o in ansia. Quindi, riconoscere il valore, il significato e la funzione degli stati negativi potrebbe aiutare a moderare il distress e l’attivazione fisiologica prolungata associata a tali stati.

In tal senso anche la psicologa americana Kelly McGonigal in un simpatico talk su Ted Talk ha rimesso in discussione anni di carriera clinica, esplicitando che solo ora dopo anni, la ricerca empirica ha evidenziato come non sia lo stress dannoso di per sè bensì sono le credenze negative sullo stress ad aumentarne gli effetti nocivi.

Un caveat dello studio risiede nel fatto che i soggetti coinvolti nello studio sono esclusivamente tedeschi: è plausibile ipotizzare dunque anche che vi sia una specificità culturale, tale per cui ad esempio le persone di cultura tedesca sarebbero meno motivate e meno inclini degli americani ad evitare le emozioni negative.

Pur necessitando di altri studi per replicare i risultati possiamo affermare con convinzione l’importanza di lavorare sugli atteggiamenti, sulle credenze e sulle emozioni secondarie che spesso accompagnano i nostri stati emotivi, riflettendo e riconoscendo significati e funzioni di ciò che spesso ci appare soltanto nocivo e inutile.

Emozioni negative: Kelly McGonigal: How to make stress your friend

Fonte: Kelly McGonigal: How to make stress your friend (TED TALK VIDEO) riprodotto su licenza Creative Commons

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Linda Confalonieri
Linda Confalonieri

Redattrice di State of Mind

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