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I fattori stressanti di un ambiente di lavoro malato & la demotivazione dei dipendenti

Alcuni fattori stressanti in un'azienda malata possono essere il mobbing e il burnout e questo può generare demotivazione nei dipendenti

Di Ursula Valmori

Pubblicato il 30 Dic. 2015

Aggiornato il 01 Feb. 2016 10:56

 

Oggi le aziende tendono a richiedere sempre maggiori aumenti di produttività; le persone, d’altra parte, tendono ad identificarsi sempre più con la propria attività lavorativa ed il problema della fatica e del rischio di bruciare se stessi nel posto di lavoro diventa particolarmente importante.

Sopraffatti, esauriti, disorientati, scoraggiati, conflittuali, inutili, isolati: così Keith Yamashita e Sandra Spataro (2004) descrivono le persone demotivate sul posto di lavoro. Etimologicamente il termine “motivazione”, che deriva dal latino “movere”, indica un movimento, ovvero una spinta verso uno scopo. La motivazione è collegata alle nostre emozioni; non a caso, infatti, “motivazione” ed “emozione” (dal latino “emovere”, cioè portare fuori, mettere in movimento verso l’esterno) hanno una comune radice etimologica.

In un contesto organizzativo la motivazione rappresenta quell’insieme di [blockquote style=”1″]processi psicologici che provocano la nascita, la direzione e la persistenza di azioni volontarie dirette verso un obiettivo.[/blockquote]
Motivare, prevenire il senso di frustrazione e favorire la promozione del benessere organizzativo sono compiti fondamentali di chi si occupa di gestione delle Risorse Umane.
Molte patologie psichiche (stress, panico, ansia…) hanno origine in un contesto lavorativo “malato”, generano malessere negli individui, interferendo negativamente con le loro possibilità di creare relazioni interpersonali sane.

Secondo una definizione del National Institute for Occupational Safety and Health [blockquote style=”1″]lo stress dovuto al lavoro può essere definito come un insieme di reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifesta quando le richieste poste dal lavoro non sono commisurate alle capacità, risorse o esigenze del lavoratore.[/blockquote]
Quando il luogo di lavoro si trasforma in un ambiente soffocante si rischiano malesseri fisici e psicologici; le sindromi ansiogene da stress lavorativo non vanno mai sottovalutate.

Una delle fonti più insidiose di stress è il mobbing. Nella lingua inglese il verbo “to mob” significa aggredire, assalire tumultuosamente; il termine, mutuato dalla scienza etologica, descrive il comportamento di un branco che assale un singolo. In ambito aziendale, il mobbing può essere definito come quell’insieme di comportamenti graduali e sistematici che mirano all’emarginazione ed all’annichilimento di un lavoratore.
L’esposizione al mobbing è stata classificata come una sorgente di stress sociale sul lavoro e come il problema più paralizzante e devastante per i lavoratori rispetto a tutti gli altri stressor correlati al lavoro messi assieme.

Il mobbing è una pratica subdola e criminale che può portare ad alterazioni dell’equilibrio emotivo, psicofisico e a disturbi comportamentali della vittima; chi subisce il mobbing perde gradualmente il rispetto degli altri, la fiducia in se stesso, la motivazione e l’entusiasmo nel lavoro. In altre parole, si ammala, ma accanto a lui c’è un altro malato, il suo sadico vessatore. Gli effetti del mobbing possono essere devastanti, si ripercuotono sul clima aziendale, sulla motivazione e sulla creatività delle Risorse Umane, provocando spesso un aumento del livello di assenteismo e di turnover e, contemporaneamente, un aumento di costi per malattie del Personale e per cause legali.

Un’altra forma di stress derivante da un ambiente di lavoro “malato” è quella che può essere riscontrata nella cosiddetta “sindrome del burn-out”, una vera e propria forma di esaurimento derivante dalla natura di alcune mansioni professionali. Il termine “burn-out” deriva dall’inglese e letteralmente significa essere bruciati, esauriti, scoppiati. Il termine è stato preso in prestito dal mondo dello sport, dove viene usato per indicare la condizione di un atleta che, dopo vari successi e nonostante la perfetta forma fisica, non riesce più a conseguire buoni risultati.
Herbert Freudenberger – in “Staff Burnout” (1974) – è stato il primo studioso ad utilizzare “burn-out” per indicare un complesso di sintomi, quali logoramento, esaurimento e depressione riscontrati in operatori sociali americani.
Cary Cherniss – in “La sindrome del burn-out” (1983) – definisce tale sindrome come la risposta individuale ad una situazione lavorativa percepita come stressante e nella quale l’individuo non dispone di risorse e di strategie comportamentali o cognitive adeguate a fronteggiarla.
La sindrome del burn-out è una malattia professionale e chi ne soffre può essere definito un “bruciato” dal troppo lavoro.

Il soggetto colpito da burn-out manifesta alcuni sintomi, quali nervosismo, insonnia, depressione, senso di fallimento, bassa stima di sé, indifferenza, isolamento, rabbia e risentimento.
Oggi le aziende tendono a richiedere sempre maggiori aumenti di produttività; le persone, d’altra parte, tendono ad identificarsi sempre più con la propria attività lavorativa ed il problema della fatica e del rischio di bruciare se stessi nel posto di lavoro diventa particolarmente importante.
Per aumentare la produttività le aziende dovrebbero prima di tutto custodire la salute fisica e mentale dei propri dipendenti, creare un ambiente di lavoro sano, creare benessere organizzativo, promuovendo la motivazione, la collaborazione, il coinvolgimento e la corretta circolazione delle informazioni.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Yamashita K., Spataro S. (2004). On Off. Contro stress e monotonia riaccendi le idee e riparti alla grande. Sperling & Kupfer Editore, Segrate, Milano.
  • Mitchell T.R. (1982). Motivation: New Direction for Theory, Research and Practice. Academy of Management Review.
  • Einarsen S., Mikkelsen E.G., Mattiessen S.B. (2003). The Psychology of bullying at work. Explaining the detrimental effects on Victims.
  • Freudenberge H. (1974). Staff Burnout in Journal of Social Issues, volume 30.
  • Cherniss C. (1983). La sindrome del burn-out: lo stress lavorativo degli operatori dei servizi socio-sanitari. Centro Scientifico Torinese, Torino.
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