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E’ tutta colpa tua! La solitudine con induzione di colpa morale nell’altro – Tracce del tradimento Nr. 34

Alcune persone non desiderano prendersi la responsabilità della separazione e il cercare tracce del tradimento ha lo scopo di indurre la colpa nell'altro

Di Roberto Lorenzini, Sandra Sassaroli

Pubblicato il 04 Dic. 2015

TRACCE DEL TRADIMENTO – XXXIV. È tutta colpa tua! La solitudine con induzione di colpa morale nell’altro

 

Alcune persone non desiderano prendersi la responsabilità della scelta della separazione e il cercare tracce ha lo scopo principale di mettere l’altro nella situazione di colpa morale. Questo fa sì che l’innocente si senta in colpa e il colpevole innocente.

La persona cercatrice di tracce ha chiaro che il suo rapporto potrebbe essere stabile, il marito fedele, il progetto certo, ma dubita di se stessa. Queste persone tradiscono perché poco conoscono e sanno di relazioni affettive di fiducia condivisa. Esse dubitano sostanzialmente del bene in generale e del bene negli altri. Il timore del sentimento di colpa che proverebbe a lasciare il suo uomo e delle incertezze che dovrebbe affrontare da sola, le fa preferire di gran lunga il ruolo di tradita che permetta un abbandono vittimistico e senza colpa e senza rimproveri. La situazione ideale che si può offrire a questa persona è, da parte dell’amante, un gesto che porti al disvelamento, una lettera, una telefonata. Questi cercatori sono molto meticolosi perché la ricerca di tracce ha lo scopo di liberarsi di una relazione che non si sa e non si vuole in fondo portare avanti. E’ come se si mettessero a collezionare ipotesi di tradimento che, anche se confermate in forma minima, possano consentire un allontanamento, in fondo desiderato da sempre.
In questa variante del cercatore la rabbia non è necessaria, l’unico sentimento necessario è la certezza della propria innocenza e la certezza della colpa altrui. Di fronte a una traccia ci si sente finalmente di fronte a qualcosa di certo, di prevedibile e l’analisi delle conseguenza non prevede mai di chiedersi quale sia stata la nostra parte, la nostra responsabilità, la nostra complicità in quello che sta accadendo.

È interessante la modalità univoca e inflessibile di ragionare. Di fronte al problema esiste sempre una e una sola soluzione che non lascia spazio di solito a una messa in discussione personale e privata ma si cercano sempre e soltanto le colpe dell’altro. Finalmente contenta, trionfante, la persona ferita può aspettare il compagno con in mano l’oggetto, la traccia, il segreto disvelato che le porterà la libertà e chiudere in modo impietoso, non nascondendo una certa soddisfazione a osservare lo sconcerto, il dolore, la paura, i vani combattimenti per restare della persona che ha accanto.
Spesso il coniuge non ha o non aveva nessuna intenzione di chiudere, di lasciare andare, non desiderava che la storia si chiudesse, ma di fronte ad un disvelamento di questa portata, a un tale torto, a una tale colpa, ha vergogna, si sente crudele e indegno, rinuncia a combattere e mesto si allontana.

Lo scopo portato avanti da questi cercatori non è riparare un torto subito, ma di essere di nuovo soli senza addossarsi la responsabilità della scelta. In realtà questi cercatori di tracce con lo scopo di rimanere da soli presentano più di altri aspetti relazionali che sono proprio l’addossare la colpa di un desiderio di separazione, all’altro. L’altro cade ingenuamente in una trappola. Fa realmente un tradimento oppure basta che alluda a un tradimento possibile e il coniuge, con grande soddisfazione ha il permesso di sfilarsi dalla relazione. Ma qual è il beneficio? Perché non dichiarare semplicemente che si vuole chiudere un rapporto?

Il beneficio di non prendere la responsabilità e lasciare all’altro tutte le colpe è uno scopo di controllo. E di autostima. L’altro è del tutto cattivo e colpevole, è stato ingiusto, noi siamo buoni, giusti e di maggior valore. Servono delle credenze sulla cattiveria e sulla bontà, sulla responsabilità e sull’innocenza, delle sofferenze indotte e delle sofferenze subite dall’altro. Non si ha la capacità di accettare la responsabilità di procurare dolore ad un altro per un proprio desiderio, una propria scelta. Non si vuole pagare la propria libertà con la coscienza di averlo scelto e di fare soffrire l’altro.
Questa posizione è illusoria ma queste persone possono vivere e crederci anche per lunghi periodi se non per sempre. L’illusione di essere vittime di una situazione ingiusta ci mette a credito e mette gli altri in debito, ottima posizione per qualsiasi trattativa, e lo scopo cinico, anche se non sempre consapevolmente cinico è avvantaggiarsi nelle trattative presenti e future. Queste persone si vedono spesso scarsamente amabili e hanno poca fiducia nel genere umano. In realtà sono sole e profondamente danneggiate. Ma aggiungono a questo una certa soddisfazione strategica a mettere gli altri in posizione di debolezza, con lo scopo di aumentare la propria posizione di forza. Questi sono i casi più gravi perché si accompagnano a cinismo nelle relazioni affettive e a comportamenti spesso ostili per il partner, definiti perennemente come esclusivamente difensivi.

Brunello era cresciuto in una famiglia molto danneggiata, il padre era alcolista e scarsamente presente, quando era presente spesso ipercritico. La madre una donna malinconica e assente, affettivamente poco competente e emotivamente assente, perennemente preoccupata soltanto di organizzare canaste con le amiche. Brunello era cresciuto solitario e poco capace di intrattenere relazioni ma molto competente professionalmente. Tutto il suo interesse era per il lavoro di matematico in una azienda informatica. Verso i trenta anni aveva incontrato, si potrebbe dire era stato incontrato da una ragazza allegra e molto carina, segretaria del suo capo, che si era innamorata di lui. Lo trovava misterioso e apprezzava certi suoi modi di fare burberi e chiusi e brontoloni, che le sembravano segni di intelligenza e profondità. Il fidanzamento era stato per lui una esperienza abbastanza preoccupante e piena di pensieri ansiosi, non conosceva questa ragazza, non si fidava molto, e poi l’intimità era preoccupante e lo distraeva dalle sue occupazioni preferite.

Ma lei, ostinata si era avvicinata sempre più fino a convincerlo a tentare una convivenza. Questa situazione era stata da lui vissuta in modo orrorifico. Non aveva idea di cosa significasse l’allegria della condivisione e soprattutto aveva cominciato a dubitare in modo ossessivo della fedeltà di lei. I brontolamenti erano diventati rimproveri e poi aperte e continue accuse. Una volta aveva rubato la password di lei e aveva trovato delle mail che lei si scambiava con un collega e che commentavano in modo ironico certe sue abitudini e la sua solitudine, c’era poi una frase “e con te le cose erano diverse” che lo rese certo di un tradimento passato e così potenzialmente ripetibile da lei. Si arrabbiò in modo feroce e gelido e al ritorno di lei dal lavoro, la accusò di tutto e della sua malafede, della sua posizione di donna poco seria, della sua fondamentale disonestà. La picchiò anche, ma smise a un certo punto perché gli sembrò che le botte fossero una comunicazione esageratamente intima. E così smise. E finalmente lei uscì di casa con la certezza della fine della storia ma anche con la percezione di essersi messa in condizioni pericolose e di aver corso dei rischi. Brunello era rimasto in casa rabbioso verso di lei ma felice di avere riconquistato quella tranquilla solitudine che sola gli permetteva di stare a fare i suoi calcoli e con il progetto chiaro in mente di non permettere più a nessuno in questo mondo di traditori di rompergli le scatole e pretendere di avvicinarsi a lui per poi fregarlo.

 

RUBRICA TRACCE DEL TRADIMENTO

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SCRITTO DA
Sandra Sassaroli
Sandra Sassaroli

Presidente Gruppo Studi Cognitivi, Direttore del Dipartimento di Psicologia e Professore Onorario presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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