expand_lessAPRI WIDGET

REBT: l’influsso dello stoicismo sul pensiero di Albert Ellis

La filosofia stoica ha degli elementi in comune con la REBT di Ellis, in quanto entrambe sottolineano come ci sia un legame tra pensiero ed emozione.

Di Matteo Guidotti

Pubblicato il 09 Dic. 2015

Aggiornato il 26 Set. 2019 15:33

Matteo Guidotti, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI MODENA

 

L’assunto di base della REBT è che pensiero ed emotività siano strettamente associati, agendo l’uno sull’altro in un rapporto circolare di causa ed effetto: i pensieri diventano sovente emozioni e le emozioni, in molte circostanze, diventano a loro volta pensieri, tanto da poter affermare che sotto certi aspetti siano essenzialmente la stessa cosa.

[blockquote style=”1″]Sopprimi la tua opinione ed avrai cancellato il “sono stato insultato”. Sopprimi il “sono stato insultato” ed avrai cancellato l’insulto.[/blockquote]
(Marco Aurelio)

Nel suo libro più conosciuto, Ragione ed emozione in psicoterapia (1962), Albert Ellis, fondatore della Terapia Comportamentale Razionale-Emotiva (REBT), indica l’originalità del suo approccio al disagio psichico nella centralità che le cosiddette “verbalizzazioni interiori” o “autoistruzioni” giocano sul mantenimento di stati emotivi spiacevoli e negativi nel paziente. Si tratta di frasi interiori, pensieri, che, ripetuti in modo automatico nella mente, contribuiscono a generare emozioni negative prolungate.

[blockquote style=”1″]L’individuo è raramente colpito da cose ed eventi esterni; piuttosto è afflitto dalle sue percezioni, atteggiamenti o frasi interiorizzate inerenti a cose ed eventi esterni [/blockquote](Ellis 1962, p. 57).

Ellis afferma di aver dedotto questo fondamentale principio da numerose sedute psicoterapeutiche, ma che l’idea fondamentale gli fu suggerita da alcune letture filosofiche, in particolare dagli antichi filosofi stoici.

 

Epitteto e le origini stoiche della REBT

Ora, il movimento stoico è una corrente di pensiero complessa, che si articola in almeno tre grandi periodi storici differenti, ognuno caratterizzato da un peculiare approccio alle domande filosofiche di fondo e influenzato da fonti differenti. Scorrendo le pagine degli scritti di Ellis si può affermare che, per lui, il termine “stoicismo” coincide per lo più con la cosiddetta “Stoa romana”, cioè il tardo stoicismo sviluppatosi nella cultura romana tra il I e il III secolo d.C. Esponenti di spicco di questa corrente sono Seneca, Epitteto e Marco Aurelio. E’ soprattutto l’assidua lettura del Manuale (Enchiridion) di Epitteto a sollecitare la curiosità di Ellis, il quale pone una citazione dell’antico pensatore come base della sua scoperta in ambito clinico:

[blockquote style=”1″]Non sono i fatti in sé che turbano gli uomini, ma i giudizi che gli uomini formulano sui fatti[/blockquote] (Epitteto, p. 7).

A tal proposito, il filosofo greco porta un esempio che si pone sulla scia della meditatio mortis, quale esercizio (áskesis) per distanziarsi dalle proprie passioni e vedere le cose nella prospettiva dell’universalità e dell’oggettività.

Epitteto, infatti, prende in causa proprio la paura della morte. Già Epicuro vi aveva dedicato una famosa riflessione, volta in primo luogo a dimostrare che a nessuna delle vicende umane va attribuita grande importanza – e che dunque è inutile turbarsi:[blockquote style=”1″] Il male che più ci spaventa, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è lei, e quando c’è lei non ci siamo più noi[/blockquote] (Epicuro, p. 125). Epitteto riprende questo argomento per dimostrare quanto ogni nostro timore o turbamento dipenda da una sottostante valutazione di pensiero:

[blockquote style=”1″]Così la morte non è nulla di terribile, ma il giudizio che la vuole terribile, ecco, questo è terribile. Di conseguenza, quando subiamo un impedimento, siamo turbati o afflitti, non dobbiamo mai accusare nessun altro tranne noi stessi, ossia i nostri giudizi. Incolpare gli altri dei propri mali è tipico di chi non ha educazione filosofica; chi l’ha intrapresa incolpa se stesso; chi l’ha completata non incolpa né gli altri né se stesso[/blockquote] (Epitteto, p. 7).

 

La REBT come educazione filosofica

Ellis ha dedicato la sua intera vita professionale a promuovere tale “educazione filosofica”, proprio nei termini espressi dallo stoicismo, in quanto disputa razionale sull’irrazionalità di certe nostre convinzioni e la loro ricaduta sullo stato d’animo dell’individuo.
L’assunto di base della REBT è che pensiero ed emotività siano strettamente associati, agendo l’uno sull’altro in un rapporto circolare di causa ed effetto: i pensieri diventano sovente emozioni e le emozioni, in molte circostanze, diventano a loro volta pensieri, tanto da poter affermare che sotto certi aspetti siano essenzialmente la stessa cosa.

A proposito di questo aspetto, in un’altra opera di larga diffusione, L’autoterapia razionale emotiva (1990), Ellis ribadisce la centralità dell’influenza stoica sul suo pensiero:

[blockquote style=”1″]Come sottolineato da Epitteto e Marco Aurelio, antichi filosofi della scuola stoica, negli esseri umani il sentimento coincide per lo più con il pensiero. Non completamente, ma in gran parte. Questo è il messaggio fondamentale che la Terapia Razionale-Emotiva ha cercato di diffondere per più di quarant’anni[/blockquote] (Ellis 1990, p. 24).

 

Il razionalismo nella REBT

Su questo punto è necessaria una breve precisazione, per non cedere all’idea che tanto lo stoicismo quanto la terapia razionale-emotiva siano forme di razionalismo puro. Ellis conia il termine “razionale” ben cosciente del fatto che l’obiettivo primario della terapia è quello di modificare le emozioni, ma poiché queste non esistono come cose in sé, scollegate dall’ideazione, esse possono essere controllate in modo efficace soltanto mediante i processi di pensiero. Questo, del resto, è il grande balzo in avanti rispetto alla pratica psicoanalitica imperante all’epoca, orizzonte culturale in cui il padre della REBT ha mosso i primi passi in ambito clinico.

Il richiamo da parte di Ellis allo stoicismo è pertanto puntuale e affatto casuale. Infatti, la cifra distintiva dell’intera filosofia ellenistica, entro cui ricade a pieno titolo il tardo stoicismo, è l’interpretazione della filosofia come arte di vivere e non pura speculazione, come “esercizio spirituale”. Il fatto è che per Epicuro, come per gli stoici, la filosofia è una terapia:

[blockquote style=”1″]la nostra sola occupazione deve essere la nostra guarigione… l’unico scopo è la tranquillità dell’anima[/blockquote] (Hadot, p. 39).

Razionale è quindi quel modo di pensare che favorisce il conseguimento dello scopo fondamentale, ossia la riduzione delle emozioni negative.

Nell’epoca ellenistica e romana il termine “filosofia” non designa una teoria o una maniera di conoscere, ma una saggezza, una sapienza vissuta, una maniera di vivere secondo ragione (homologouménos). La preminenza nello stoicismo dei processi di pensiero, dell’aspetto razionale, sui moti e gli stati dell’animo, deriva dalla precisa convinzione che la fonte di ogni turbamento interiore risieda nell’“interiore valutazione” o “giudizio” che l’individuo dà degli eventi del mondo.

[blockquote style=”1″]Le cose esteriori non giungono mai a toccare l’animo nostro, ma restano sempre immobili al di fuori, e ogni turbamento dipende dall’interiore valutazione[/blockquote] (Marco Aurelio, p. 3).

E ancora:

[blockquote style=”1″]Le cose per se stesse non riescono a toccare l’anima nemmeno un po’, né vi penetrano né possono mutarla e smuoverla. E’ l’anima che da sola si muta e si muove e gli avvenimenti sono per essa tali, quali i giudizi che essa ne formula[/blockquote] (idem, p. 19).

Secondo la visione stoica, l’uomo non è un essere in preda alle emozioni e alle passioni, ma possiede una specifica capacità intellettiva, la cosiddetta proàiresis, che consiste nel decidere volontariamente se seguire o meno un certo moto o desiderio dell’animo. Non per nulla il Manuale di Epitteto si apre con la seguente enunciazione:

[blockquote style=”1″]Tra le cose che esistono, le une dipendono da noi, le altre non dipendono da noi. Dipendono da noi: giudizio di valore, impulso ad agire, desiderio, avversione, e in una parola, tutti quelli che sono propriamente fatti nostri. Non dipendono da noi: il corpo, i nostri possedimenti, le opinioni che gli altri hanno di noi, le cariche pubbliche e, in una parola, tutti quelli che non sono propriamente fatti nostri[/blockquote] (Epitteto, p. 3).

 

REBT: i concetti fondamentali

Per ottenere la felicità occorrerà dunque raggiungere questa sorta di autarchia interiore, ovvero saper identificare – con l’uso della ragione – ciò che serve per raggiungere una condizione felice, saper distinguere quanto, di quello che serve, è in nostro esclusivo potere e quanto non lo è e, infine, impegnarsi concretamente nel tener fede alla decisione presa e resistere a moti contrari o irrazionali. Ecco enunciati alcuni concetti fondamentali della REBT:

(1) la disputa delle convinzioni irrazionali tramite la prova della veridicità e della consistenza logico-empirica dei pensieri disfunzionali;

(2) la ristrutturazione cognitiva, con particolare attenzione all’accettazione di ciò che non possiamo cambiare di noi stessi e del mondo esterno;

(3) la pratica quotidiana di rieducazione per fissare in nuove abitudini quanto è stato appreso.

 

Accettazione nella REBT

Rispetto al tema dell’accettazione, Ellis difende la REBT da facili accuse di superficialità, prendendo in causa ancora una volta la dottrina stoica – e in certo senso distanziandosene, almeno rispetto all’immagine distorta che il senso comune ha del saggio stoico, chiuso nella sua inattaccabile imperturbabilità.

[blockquote style=”1″]Si afferma che la terapia razionale-emotiva adatta fin troppo bene il paziente alla sua infelice situazione e lo induce a sopportare rassegnato condizioni che possono essere decisamente intollerabili. Questa obiezione è un’interpretazione erronea dello stoicismo e presume che la psicoterapia razionale-emotiva aderisca rigidamente agli insegnamenti di tale filosofia, il che non è vero. Epitteto, uno dei maggiori seguaci dello stoicismo, non asserì né lasciò intendere che si dovrebbero accettare serenamente tutti i mali del mondo e adattarsi ad essi con spirito di rassegnazione. Pensava che l’uomo dovrebbe anzitutto cercare di cambiare le situazioni negative e, quando non vi riesce, accettarle senza lamentarsene[/blockquote] (Ellis 1962, p. 201).

Allo stesso modo Ellis mette in guardia dal definire la REBT come una terapia grossolanamente edonistica, volta ad insegnare alle persone a divertirsi a scapito dei loro impegni più profondi e gratificanti. Lo scopo di “cambiare le situazioni negative”, perseguendo il compito di ridurre le emozioni negative e massimizzare quelle positive, è comune a tutte le scuole di psicoterapia. Non per questo si deve parlare di mero edonismo.

[blockquote style=”1″]Uno dei princìpi fondamentali della psicoterapia razionale-emotiva è il principio stoico dell’edonismo a lungo anziché a breve termine[/blockquote] (idem, p. 202).

Secondo la REBT, gli schemi di comportamento disfunzionali derivano da concezioni irriflessive e sono mantenuti da indottrinamenti verbali e radicate abitudini motorie di risposta dell’individuo. Ora, poiché è proprio la consuetudine a rendere imperfetti i nostri schemi comportamentali e le nostre convinzioni irrazionali, soltanto una notevole dose di “contropratica” può eliminare tali inefficienze – non basta un semplice insight. Pertanto, continua Ellis, [blockquote style=”1″]la terapia razionale è una forma di trattamento estremamente attiva e laboriosa, sia per il terapeuta che per il paziente, il quale riceve da quest’ultimo meno gratificazioni immediate, affetto, incoraggiamento a conservare i suoi puerili impulsi edonistici a breve termine di quanto non accada nelle altre psicoterapie [/blockquote](idem, 203).

 

REBT: prospettiva e addestramento

Per concludere, l’influenza dello stoicismo sul pensiero e la pratica psicoterapeutica di Ellis consiste principalmente nell’intendere la terapia da una parte come un esercizio intellettuale culminante nella trasformazione della visione del mondo (epitrophé), dall’altra come un esercizio pratico di educazione di sé culminante nel cambiamento di abitudini apprese e rigide (paideía). Non si tratta di trovare la soluzione più rapida e frettolosa, ma di esercitarsi nella maniera più efficace possibile nell’applicazione concreta di un metodo di pensiero maggiormente funzionale. Allo stesso modo, alla base della pratica filosofica stoica sta

[blockquote style=”1″]il parallelismo tra esercizio fisico ed esercizio spirituale: come, con esercizi fisici ripetuti, l’atleta dà al suo corpo una forma e una forza nuove, così, con gli esercizi spirituali, il filosofo sviluppa la sua forza d’animo, trasforma la sua atmosfera interiore, cambia la sua visione del mondo e infine il suo intero essere[/blockquote] (Hadot, p. 59).

Nello stoicismo il filosofare è un atto continuo, permanente, che occorre rinnovare a ogni istante. Marco Aurelio lo declina soprattutto come un orientamento costante dell’attenzione. La prosoké, infatti, è l’atteggiamento spirituale fondamentale del saggio stoico e consiste in una vigilanza e una presenza di spirito continue. Contenuto di questi atti attentivi sono prescrizioni “a se stessi”, meditazioni che assomigliano molto a dei veri e propri homework:

[blockquote style=”1″]Non dire a te stesso più di quel che ti riferiscono le rappresentazioni. Se ti riferiscono che un certo individuo ti diffama, non per questo ti si dice che tu ne sia danneggiato. Vedo mio figlio ammalato: questo vedo, ma non che sia in pericolo di vita. Procura quindi di attenerti sempre alle prime rappresentazioni e non aggiungervi del tuo; in questo modo, non ti succederà nulla[/blockquote] (Marco Aurelio, p. 49).

Su questo “aggiungere del proprio” alla rappresentazione oggettiva di uno stato o evento del mondo, Ellis lavorerà una vita intera, arrivando – attraverso una lunga serie di sedute psicoterapeutiche e la raccolta di molto materiale empirico – ad elencare le diverse categorie fondamentali di pensiero irrazionale sulle quali paziente e terapeuta sono chiamati a lavorare assiduamente in seduta. Da notare che l’attenzione al momento presente è in qualche modo il segreto e la cifra degli esercizi filosofici degli stoici. Essa [blockquote style=”1″]libera dalla passione che è sempre provocata dal passato o dal futuro, da eventi che non dipendono da noi; facilita la vigilanza concentrandola sul minuscolo momento presente, sempre padroneggiabile, sempre sopportabile, nella sua esiguità; infine apre la nostra coscienza alla coscienza cosmica, rendendoci attenti al valore infinito di ogni istante, facendoci accettare ogni momento dell’esistenza nella prospettiva della legge universale del cosmo[/blockquote] (Hadot, p. 35).

Parole che anticipano in modo sorprendente la pratica della mindfulness e meriterebbero un discorso a parte: qui infatti si va ben oltre Ellis.

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Ellis, A. (1962). Ragione ed emozione in psicoterapia. Astrolabio: Roma.
  • Ellis, A. (1990). L’autoterapia razionale emotiva. Erickson: Trento.
  • Epicuro (1992). Opere, frammenti, testimonianze sulla vita. Laterza: Roma-Bari.
  • Epitteto (2000). Manuale. Garzanti: Milano.
  • Hadot, P. (2002). Esercizi spirituali e filosofia antica. Einaudi: Torino.
  • Marco Aurelio (2003). I ricordi. Einaudi: Torino.
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Manuale di terapia razionale emotiva comportamentale
Manuale REBT di Psicoterapia Razionale Emotiva Comportamentale (2014) – Recensione

Il libro di DiGiuseppe costituisce una guida per l'utilizzo di strategie cognitive, emotive e comportamentali attraverso delle esemplificazioni - Recensione

ARTICOLI CORRELATI
WordPress Ads
cancel