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Pubblica o muori! il dilemma fra tradizione scientifica e innovazione nella ricerca

I ricercatori sono sottoposti a una forte pressione rispetto alla pubblicazione di lavori scientifici in cui si cerca di conciliare tradizione e innovazione

Di Redazione

Pubblicato il 27 Ott. 2015

Sabrina Guzzetti

 

‘Publish or perish’ è un modo di dire piuttosto noto in ambito accademico e può essere reso in italiano con l’espressione ‘pubblica o muori’. È stato coniato per indicare la pressione a cui sono sottoposti i ricercatori a pubblicare continuamente i loro lavori scientifici per sostenere le loro carriere. La frequente pubblicazione è infatti uno dei metodi principali attraverso cui gli scienziati possono dimostrare il loro talento, attirando così l’attenzione di possibili finanziatori che possano continuare a sostenerli nel loro lavoro.

Secondo un recente studio, pubblicato sulla rivista American Sociological Review da un gruppo di ricerca della UCLA (University of California, Los Angeles), tale pressione ha il risultato di scoraggiare gli scienziati a battere strade inesplorate e a testare teorie innovative che possano potenzialmente sfidare i paradigmi del sapere tradizionale.

I ricercatori si confrontano da sempre con il dilemma rappresentato da una parte dalla tensione a perseguire coraggiose nuove idee, dall’altra dalla tendenza ad investire le proprie energie in ambiti di ricerca già battuti. Per studiare questo conflitto e le sue conseguenze nel mondo della ricerca, Jacob G. Foster, primo autore del lavoro, ha esaminato con i suoi colleghi un database comprendente più di 6,4 milioni di articoli pubblicati dal 1934 al 2008 nel campo della biomedicina e della chimica. Gli autori erano interessati a valutare come le pubblicazioni considerate, che potevano ricadere in un ambito innovativo o più prettamente tradizionale, venivano premiate dal mondo accademico, in termini di citazioni in ricerche successive o maggiori riconoscimenti da parte degli istituti accademici.

Quello che è emerso è che la maggior parte dei ricercatori, il 60% del totale, si limita a rispondere a domande di ricerca più tradizionali, con maggiori probabilità di giungere alla pubblicazione in tempi anche rapidi, che, nel mondo accademico, è la chiave per l’avanzamento di carriera. Al contrario, i ricercatori che si propongono di rispondere a domande più originali hanno dimostrato di incappare più frequentemente in un percorso tendenzialmente molto più accidentato lungo la strada della pubblicazione, il che, sul lungo periodo, rischia di farli apparire improduttivi ai loro colleghi e agli enti finanziatori.

Quando pubblicati, tuttavia, i loro progetti di ricerca vengono altamente ricompensati dal mondo scientifico, sia con numerose citazioni da parte dei lavori successivi, sia attraverso riconoscimenti e premi, in primis dal premio Nobel. Allora cosa spinge la maggior parte degli scienziati a perseguire la tradizione a svantaggio dell’innovazione? Le evidenze di Foster e colleghi suggeriscono una semplice spiegazione: una ricerca innovativa è una scommessa la cui vincita, in media, non sembra giustificare il rischio. I ricercatori, insomma, devono essere un po’ come dei giocatori d’azzardo per arrischiarsi a puntare su qualcosa di nuovo, rischiando davvero il tutto per tutto.

[blockquote style=”1″]Istituzioni e organizzazioni di raccolta fondi dovrebbero cercare di ridurre le barriere all’innovazione utilizzando sistemi di finanziamento che rendano meno rischioso, per i ricercatori, lanciare una nuova idea e rendano più probabile che questa idea possa essere finanziata[/blockquote] conclude Foster.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • J. G. Foster, A. Rzhetsky, J. A. Evans (2015). Tradition and Innovation in Scientists' Research Strategies. American Sociological Review, 80 (5): 875 DOI: 10.1177/0003122415601618  DOWNLOAD
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