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Il valore dell’Ascolto Riflessivo con i gravi Disturbi di Personalità

L'Ascolto Riflessivo farebbe sperimentare un funzionamento relazionale di attaccamento riparativo, permettendo al paziente di ricostruire la propria storia. %%page%%

Di Barbara Brignoni

Pubblicato il 19 Ott. 2015

Aggiornato il 09 Set. 2019 13:42

Barbara Brignoni – Open school Studi Cognitivi Milano

La gravità di alcuni pazienti, ha costretto numerosi operatori a chiedersi quali potessero essere le tecniche più efficaci per instaurare una relazione di alleanza e di fiducia che potesse portare benefici alla persona e costituire una buona base per un lavoro terapeutico.

 

I percorsi di psicoterapia offerti dai servizi pubblici di Salute Mentale, presentano alcune differenze sostanziali rispetto a quelli che si prospettano nel privato, per svariati motivi: sicuramente per la disponibilità di risorse e per i programmi standardizzati regionali, non è prevedibile una presa in carico strutturata a lungo termine pensata per tutti i pazienti che afferiscono al servizio, i numeri sicuramente non aiutano e non lo consentono; inoltre analizzando le tipologie di utenti, nel bacino del pubblico accedono anche persone con background sociale compromesso, con problematiche strutturate in diverse aree e con prognosi negative.

La gravità di questi pazienti, ha costretto numerosi operatori a chiedersi quali potessero essere le tecniche più efficaci per instaurare una relazione di alleanza e di fiducia che potesse portare benefici alla persona e costituire una buona base per un lavoro terapeutico.

La riflessione si è spostata dunque sulle tecniche preliminari della relazione d’aiuto, quelle incentrate sulla motivazione e sulla creazione di un’alleanza terapeutica, che trovano una dimensione strutturata nell’approccio del Counselling Motivazionale sistematizzato da Miller e Rollnick.

Le problematiche che rendono difficoltoso un percorso di psicoterapia strutturata, nel caso di gravi disturbi di personalità, sono:

  • L’egosintonicità del paziente, che non problematizza alcuni suoi comportamenti e atteggiamenti, tentando paradossalmente di mantenere il proprio equilibrio disfunzionale;
  • La ridotta consapevolezza dell’opportunità di cambiamento;
  • La scarsa motivazione.

La presenza radicata di paure (del rifiuto, di affrontare la verità, del giudizio, delle emozioni, di perdere il controllo, di essere pazzo o malato…), i sentimenti sperimentati come intollerabili, come la colpa o la vergogna, le convinzioni pervasive che impediscono l’espressione personale, ed i pregiudizi interni, sono tutti fattori che rendono ulteriormente difficile la costruzione di un’alleanza terapeutica basata su un rapporto di fiducia reciproca.

Dal paziente con un grave disturbo di personalità, l’Altro è talvolta investito di significati personali appresi nel corso delle proprie esperienze relazionali, spesso fallimentari; l’operatore può essere vissuto come un avversario per cui il paziente lo contrasta, lo interrompe o si estranea dalla relazione, generando a sua volta una reazione nell’Altro. All’interno della relazione terapeutica si attivano cicli interpersonali a cui porre grande attenzione.

Proprio per tutte queste difficoltà, è necessario adottare un approccio relazionale strutturato, strategico e tecnico, che attraverso specifiche abilità tenda:

  • A mantenere la relazione, il contatto con il paziente;
  • A gestire i comportamenti e gli atteggiamenti di resistenza al cambiamento;
  • A verificare e monitorare lo stato della motivazione del paziente;
  • A promuovere la responsabilizzazione e l’orientamento ai vari strumenti di cura, cessando eventuali comportamenti problematici.

In particolare il Counseling Motivazionale si propone come un approccio centrato sul cliente, orientato, per affrontare e risolvere un conflitto di ambivalenza in vista di un cambiamento del comportamento (Miller & Rollnick, 2014).

Questo approccio è fondato su tre principi: collaborazione, autonomia e maieutica; in questa cornice di riferimento, le tecniche sono orientate ad esplorare piuttosto che esortare, a sostenere piuttosto che persuadere, con una costante attenzione alle aspirazioni della persona, che è libera di accettare o rifiutare le indicazioni che le vengono suggerite.

Nell’approccio del Counseling Motivazionale, il colloquio si modula tra il trattenersi dal desiderio di ‘correggere’ il paziente, incoraggiare e promuovere il suo empowerment, comprendendone la sua visione del mondo e le sue motivazioni, ascoltandolo in modo attivo e non giudicante.

A livello terapeutico ci sono dei fattori comuni e trasversali a diversi modelli di trattamento (Dialectical Behavior Therapy, Mentalization Based Therapy, Transference-Focused Psychotherapy ) che incidono nella buona riuscita di un percorso con un paziente con grave disturbo di personalità:

  • Una buona alleanza di lavoro;
  • Un atteggiamento supportivo e orientato al cambiamento;
  • Un’alta strutturazione degli interventi;
  • La presenza di un’equipe multidisciplinare specificatamente formata;
  • Regolari supervisioni d’equipe.

Nello specifico, i diversi modelli di trattamento del Disturbo Borderline di Personalità , identificano con linguaggi teorici differenti, tre difficoltà sintomatologiche sostanziali:

  • Abnorme risposta emotiva alla separazione reale o immaginata, temuta;
  • Non integrata rappresentazione di sé e degli altri;
  • Difficoltà nel gestire le reazioni emotive .

Le più recenti evoluzioni degli studi sulla clinica dei Disturbi di Personalità e del Disturbo Borderline in particolare, si rifanno alla Teoria dell’Attaccamento proposta originariamente da Bowlby negli anni ’70 per spiegare a livello eziopatogenetico, le manifestazioni di queste condizioni patologiche.

La Teoria dell’Attaccamento postula l’esistenza nell’Uomo, di una tendenza innata a ricercare per tutto l’arco di vita la vicinanza protettiva di una figura ben conosciuta ogni volta che si costituiscano situazioni di pericolo, dolore, fatica, solitudine, offrendo all’individuo un vantaggio in termini di sopravvivenza e adattamento.

Il corretto sviluppo di un sistema di attaccamento tra madre e bambino, teso a garantire a quest’ultimo protezione e vicinanza, gli permetterà di strutturare un’idea coerente di Sé e degli altri influenzando anche le sue future relazioni. L’esperienza di relazioni primarie stabili e sicure, diviene il prerequisito indispensabile per lo sviluppo armonico di tutte le altre competenze personali e sociali. La figura di attaccamento, generalmente il caregiver, dovrebbe costituire per il bambino, una base sicura che gli permetta di sviluppare fiducia in se stesso, consentendogli di muoversi nell’ambiente circostante con sufficiente e progressiva autonomia.

Dagli studi sui vari esiti dei legami di attaccamento, ne sono emerse quattro tipologie: sicuro, insicuro evitante, insicuro ambivalente, disorganizzato. In pazienti con gravi disturbi di personalità, negli anni si è sempre più frequentemente riscontrato un attaccamento fortemente problematico di tipo disorganizzato: in questi casi, la figura di attaccamento è rappresentata come incoerente ed ostile, a causa di traumi irrisolti e maltrattamenti subiti, causando nel paziente una mancata integrazione del proprio senso identitario. Il paradosso è legato al fatto che la figura di attaccamento è nello stesso tempo fonte di minaccia e soluzione di questo stato emotivo, con conseguente disorganizzazione del comportamento.

Nella letteratura scientifica clinica, tutti i riferimenti raccomandano l’importanza dell’accoglienza, dell’atteggiamento supportivo e della motivazione nella pratica di trattamento. Anche nella clinica dei gravi disturbi di personalità, i vari modelli di psicoterapia sottolineano l’importanza dell’accettazione e dell’empatia ed il monitoraggio dei cicli interpersonali.

Nella pratica clinica rivestono particolare importanza alcuni elementi di base trasversali ai vari modelli di cura:

  • La centratura sul paziente: l’accettazione e la comprensione del suo mondo e del suo modo di sentire e pensare, che facilitano la collaborazione ad un progetto di cura condiviso;
  • La relazione come base sicura: sentirsi compresi e riconosciuti contribuisce alla costruzione del “posto sicuro” dove poter esprimere e condividere esperienze e sentimenti anche pesanti e dolorosi senza timore;
  • L’essere con: l’empatia e la centratura garantiscono al paziente che non sarà solo, perché l’operatore comprende cosa dice, come si può muovere, accetta i suoi limiti e lo accompagna e non lo prende strattonandolo né lo lascia solo, deluso.

La tecnica dell’Ascolto Riflessivo riassume in sé tutte le caratteristiche della relazione empatica e di accoglienza, con il vantaggio di essere riproducibile, codificata e strutturata; è la comunicazione di una ragionevole supposizione sul significato delle parole del paziente, restituita dall’operatore sotto forma di una affermazione. Consiste nel proporre un’ipotesi su ciò che il paziente vuole dire ed è un buon modo per verificarla.

Questa tecnica rimanda al paziente l’attenzione dell’operatore, che fornisce così un feedback controllato; comunica accettazione e comprensione. L’Ascolto Riflessivo può essere un potente strumento a valenza psicoterapeutica, consente infatti di sperimentare un funzionamento relazionale di attaccamento riparativo, permettendo al paziente di ricostruire in modo coerente la propria storia, anche imparando strategie di modulazione emotiva.

L’Ascolto Riflessivo si propone dunque come strumento relazionale comunicativo di validazione dell’intenzionalità del paziente, favorendo la funzione riflessiva, di mentalizzazione e di ricostruzione.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bowlby, J. (1989). Una Base Sicura. Applicazioni Cliniche della Teoria dell'Attaccamento - ed. Raffaello Cortina.
  • DiMaggio, G., Semerari, A. (2003). I Disturbi di Personalità. Modelli e trattamento. Stati mentali, metarappresentazione, cicli interpersonali - ed. Laterza.
  • Liotti, G., Cortina, M., Farina, B. (2008) Attachment Theory and Multiple Integrated Treatments of Borderline Patients - Journal of the American Academy of psychoanalysis and Dynamic Psychiatry.
  • Miller, W.R., Rollnick, S. (2014) Il Colloquio Motivazionale - ed. Erickson.
  • Rosengren, D. B. (2009). Guida pratica al Counselling Motivazionale - ed. Erickson.
  • The NICE Guidelines on treatment and Management (2009) Borderline Personality Disorders - British Psychological Society and the Royal College of Psychiatrists.
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