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La tocofobia: la paura del parto

La tocofobia consiste in un'ansia intensa legata al parto e può essere primaria se esiste già prima del concepimento o secondaria ad un evento traumatico

Di Giada Costantini

Pubblicato il 16 Lug. 2015

Aggiornato il 16 Ott. 2018 12:57

Quando una specifica ansia, o terrore della morte durante il parto, predomina sull’intera gravidanza ed è così intensa da indurre “evitamento” del parto (tokos) si tratta di uno specifico stato fobico chiamato tocofobia (Margaria e Gollo, 2001).

È noto come la gravidanza, in quanto momento di molteplici cambiamenti, possa essere, nella vita di una donna, un periodo in cui si verifica l’emergere di ansie ed angosce: la donna in gravidanza deve confrontarsi contemporaneamente con le modificazioni corporee in atto e con l’assunzione del ruolo materno, processo che implica responsabilità e timori. Dal punto di vista intrapsichico c’è una forte mobilitazione cognitiva ed emotiva dovuta al riaffiorare delle esperienze infantili e dei conflitti irrisolti che riportano al confronto con i modelli genitoriali.

Quando una specifica ansia, o terrore della morte durante il parto, predomina sull’intera gravidanza ed è così intensa da indurre “evitamento” del parto (tokos) si tratta di uno specifico stato fobico chiamato tocofobia (Margaria e Gollo, 2001).

La tocofobia può essere considerato un disturbo psicologico, che si associa ad ansia e depressione, e che in letteratura può essere distinto in tocofobia primaria e secondaria. La prima si contraddistingue per un terrore intenso per il parto ancor prima del concepimento.

La seconda condizione è rilevabile, nella maggior parte dei casi, a seguito di una precedente esperienza di parto traumatico: le pazienti maggiormente a rischio sono coloro che hanno avuto esperienze di parto negative, soprattutto se ci sono state manovre ostetriche invasive, un travaglio particolarmente prolungato e difficile, oppure ancora un taglio cesareo di emergenza in condizioni drammatiche (ad esempio per distacco di placenta); in altri casi, il parto è stato regolare, ma percepito dalla donna come una violenza al suo corpo, tanto da portare ad un disturbo da stress post-traumatico, con conseguenze di depressione post-partum.

Sjögren (1997) intervista donne che presentano tocofobia, primaria e non: l’ansietà legata al parto appare in relazione con la mancanza di fiducia nello staff ostetrico, con la paura della propria incompetenza, con il dolore e la sensazione di perdita di controllo associati all’evento, con la paura che il bambino muoia e con quella di perdere la vita loro stesse. La relazione riscontrata come più significativa è quella tra le precedenti complicazioni ostetriche e la paura di morire. Goldbeck-Wood (1996) riferisce che alcune donne possono ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza per paura del parto, dopo che hanno vissuto una precedente nascita traumatica.

In base alle conoscenze accumulate è possibile pensare a interventi di prevenzione primaria, con attenzione all’ individuazione dei soggetti a rischio, e di prevenzione secondaria, con intervento precoce sui sintomi.

Gli interventi di prevenzione primaria dovrebbero interessare, durante la gravidanza, gli operatori ostetrici alle visite di controllo e nei corsi preparto, con la raccolta anamnestica di informazioni circa disturbi psicologici precedenti, abusi fisici e sessuali e con messaggi puntuali alla gravida sulle procedure del parto in ospedale: un gap esagerato tra aspettative e reali condizioni del parto è connesso con una percezione molto negativa della situazione da parte delle donne.

Durante l’evento è importante che il personale medico provveda ad assicurare una buona comunicazione, aiutando la donna a mantenere il senso di controllo, offrendole la possibilità di scegliere tra varie procedure e posizioni, considerando sempre le conseguenze fisiche e psichiche degli interventi che pensa di mettere in atto. Dopo la nascita è importante incoraggiare la discussione con gli operatori per chiarire come si è svolto il parto, dare spiegazioni circa il perché sono state fatte certe scelte, enfatizzare ciò che di positivo c’è e minimizzare il rischio di potenziali sintomi da stress postraumatico.

Nel post-partum le spiegazioni da parte di un’ostetrica sono fondamentali per chiarire nella memoria della puerpera l’evento: ciò facilita l’integrazione dell’esperienza nella transizione alla maternità (Ward e Hofberg, 2004) favorendo inoltre la possibilità di stabilire un attaccamento sicuro: è noto come un trauma non risolto della madre possa interferire gravemente sull’attaccamento madre-bambino, predisponendo a sviluppare un attaccamento disfunzionale con rischi psicopatologici per il bambino stesso (Main e Solomon, 1986).

Reynolds (1997) riporta lo studio di alcuni casi da lui affrontati, in cui le donne lamentano uno stress che sembra essere radicato nella propria esperienza di travaglio e parto, tanto da influenzarne negativamente la capacità di allattare al seno, di creare un legame col bambino, di riprendere i rapporti sessuali, con pesanti ripercussioni sull’autostima. Oltretutto esse ricordano la nascita dei loro figli solo con paura, dolore, rabbia o tristezza; alcune invece non ricordano nulla, facendo ipotizzare un’amnesia traumatica per quell’evento.

 

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