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Sex addiction: il paradosso di una condizione teoricamente invisibile ma praticamente riscontrabile

Il sex addicted è un soggetto dipendente dal sesso che presenta gli stessi correlati fisiologici di attivazione delle altre dipendenze - Psicologia

Di Marina Morgese

Pubblicato il 27 Lug. 2015

Marina Morgese, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI

Cosa si intende con il termine Sex Addiction? Il dibattito è ancora aperto… spesso il sesso è associato a qualcosa di positivo per l’essere umano, basti pensare all’ indispensabile funzione evoluzionistica che riveste, per capire come sia parte fondamentale di ogni specie.

Il sesso è visto come uno degli aspetti principali della vita di coppia e dell’individuo, un collante per i partner, un gioco relazionale in cui trovare intimità e complicità con l’altro.

Cosa ci sarebbe di male dunque nel fare tanto, troppo sesso? E’ proprio questo il punto: parlando di Dipendenza da Sesso, il confronto con altri tipi di dipendenze è inevitabile e la maggior parte degli esperti in tema di dipendenza ha avanzato diversi tipi di attacchi al concetto di Sex Addiction (Goodman, 1992):
– sociologico – il termine dipendenza non è altro che un’etichetta per un comportamento che si discosta dalle norme sociali (Levine & Troiden, 1988);
– convenzionale – la dipendenza è una condizione fisiologica e quindi ogni dipendenza deve essere definita fisiologicamente (Levine & Troiden,1988);
– scientifico – l’uso gratuito della parola dipendenza ha reso il termine senza senso e quindi facilmente utilizzabile per condizioni che non indicano una vera e propria dipendenza (Coleman, 1986);
– morale – vedere il comportamento sessuale come una dipendenza potrebbe minacciare il senso di responsabilità di ciascun individuo verso il proprio comportamento.

E nel DSM come è inquadrata la Sex Addiction?

Il DSM-III-R concettualizzò tale dipendenza come un Disagio dovuto a un pattern di conquiste sessuali ripetute o altre forme di dipendenza sessuale non-parafiliaca, che coinvolgono le altre persone, viste solo come cose da usare. Nel DSM-IV-TR la dipendenza sessuale non è stata inclusa come un disturbo mentale e sé ma è stata fatta rientrare nei Disturbi sessuali non altrimenti specificati, descrivendola come un disagio per un pattern di rapporti sessuali ripetuti che coinvolgono una serie di amanti visti dall’individuo solo come cose da usare. L’inclusione della dipendenza sessuale nel DSM-5 è stata respinta: Darrel Regier, vice-presidente della task force del DSM-5, ha detto che
[blockquote style=”1″]Anche se l’ipersessualità è stata proposta come una nuova dipendenza… non si è arrivati al punto in cui tutti erano pronti a chiamarla dipendenza[/blockquote]

Questo è scaturito soprattutto dalla scarsa ricerca in tema di criteri diagnostici per il comportamento sessuale compulsivo.
Nonostante una posizione accademica piuttosto negativa verso il concetto di dipendenza dal sesso, questo non ha frenato la crescita di ricerche in questo settore.

Uno tra gli studi più importanti, effettuato proprio con l’intento di influenzare la decisione della commissione del DSM-5 sull’ inclusione dell’ ipersessualità tra i disturbi mentali, è stato effettuato da Rory Reid nel 2012. Tale ricerca, effettuata con l’aiuto di altri esperti psicologi su un campione di 207 individui, ha testato la presenza di alcuni criteri utilizzabili per una diagnosi di Dipendenza sessuale, in individui i cui comportamenti sessuali assumevano effettivamente i connotati di una dipendenza.

I criteri definiti dai ricercatori erano: fantasie sessuali ricorrenti; impulsi e comportamenti promiscui per un periodo di sei mesi o più, che non siano causati da altri problemi, come ad esempio l’abuso di sostanze, un’altra condizione medica o episodi maniacali associati al disturbo bipolare. Inoltre deve essere presente uno schema di attività sessuale in risposta a stati d’animo spiacevoli (es. sentirsi depressi) o uno schema ripetitivo di comportamenti che utilizzi il sesso come modalità di risposta allo stress. I comportamenti sessuali devono inoltre essere fonte di disagio per chi li attua, tanto da interferire con le relazioni, il lavoro o ad altri aspetti importanti della vita personale. Per questo motivo tra i criteri sono inclusi i tentativi compiuti dal soggetto al fine di ridurre o interrompere le attività sessuali vissute come problematiche.

I ricercatori hanno così scoperto che i criteri proposti classificavano accuratamente l’ 88% dei pazienti con una dipendenza sessuale, stessa accuratezza per i risultati negativi, avutasi nel 93% dei casi. In altre parole, i criteri sembravano adatti a discriminare tra i pazienti che soffrono di dipendenza sessuale.

Già nelle ricerche degli anni ’80 veniva suggerito che circa il 3/5% della popolazione adulta stesse lottando contro una qualche forma di dipendenza sessuale. Tuttavia gli individui studiati a quel tempo erano per lo più auto-selezionati e di sesso maschile. Le più recenti analisi sul tema, indicano però che il problema della dipendenza sessuale si stia aggravando, soprattutto tra i più giovani e si mostra equamente distribuita tra uomini e donne. Dalla fine degli anni ’90, la letteratura clinica ha indicato che questo aumento dei comportamenti sessuali è strettamente correlato alla maggiore velocità di accesso a materiali con contenuto pornografico: non solo i numerosi siti internet con video e foto hard, ma anche siti di escort o app in grado di trovare, tramite GPS, i partner più vicini disposti ad avere un incontro sessuale (Weiss, 2012).

In più facciamo una breve riflessione…oltre alla mole di contenuti facilmente accessibili, cosa c’è di diverso rispetto al passato? Ricordo una scena del film “Jack” con Robin Williams, il protagonista è un bambino, Jack appunto, che per una condizione fisica sembra già un uomo, e, sfruttando questo aspetto, i suoi coetanei gli danno il compito di comprare una rivista vietata ai minori: Jack chiede molto velocemente la rivista alla cassiera ma, giratosi, vede una suora in fila dietro di lui. Prontamente Jack, rivolgendosi di nuovo alla cassiera, chiede un poster del Papa. Cosa voglio dire con questo? Prima, quando appunto bisognava comprare riviste o noleggiare videocassette per vedere qualche nudità o delle scene hard, interveniva la vergogna dell’individuo a frenare l’accesso al materiale vietato (Cosa penserà il giornalaio? E il titolare della videoteca?). Ora, protetti da uno schermo e in assoluto anonimato, possiamo sbarazzarci della vergogna e accedere in qualsiasi momento a contenuti pornografici e sessuali.

In Italia la Dipendenza da Sesso è presente e ha una prevalenza del 5,8%; i dati, raccolti da Franco Avenia e Annalisa Pistuddi (Presidente e Segretaria del AIRS – Associazione Italiana per la Ricerca in Sessuologia), non vanno trascurati poiché, come lo stesso Avenia afferma:
[blockquote style=”1″]Il dipendente da sesso reca a se stesso gravi danni economici e relazionali, quanto i soggetti con altre dipendenze (droghe, gioco d’azzardo, ecc.). Ma, aspetto ancor più rilevante, commette frequentemente reati a sfondo sessuale (esibizionismo, pedofilia, stupri). Negli Stati Uniti il 55% dei reati a sfondo sessuale sono commessi da soggetti con Dipendenza da sesso ed è lecito stimare che anche in Italia non ci si discosti da una così allarmante correlazione.[/blockquote]

Che cosa si prova ad essere un Sex Addicted?

Gli individui dipendenti dal sesso sperimentano un’alta attivazione neurochimica autoindotta, nel momento in cui fantasticano e si preparano per un atto sessuale. Questo è un momento intenso in cui la fantasia anticipatoria e il richiamo euforico inducono una scarica di adrenalina, un rilascio di dopamina e una visione-tunnel durante la quale è sempre meno possibile pensare in modo chiaro e prendere lucide decisioni. Questo stato emotivo (che provoca tachicardia, respirazione poco profonda, sudorazione, dilatazione della pupilla, sensazioni di euforia, etc.) rende quasi impossibile l’attivazione del lobo prefrontale e si sperimenta una sensazione simile a quella dei tossicodipendenti poco prima di incontrare il loro pusher, tanto che non si sa se sono già eccitati ancor prima che qualsiasi sostanza entri nel loro corpo.

Questo arousal permette all’individuo di staccarsi emotivamente da depressione, ansia e sensazioni di disagio legate a traumi passati o ad altri fattori di stress. In realtà l’orgasmo non è l’obiettivo primario, il meta-obiettivo è perdersi il più a lungo possibile in questo stato di dissociazione (Weiss, 2012). Dopo l’atto sessuale le alterazioni neurochimiche ritornano alla baseline, e insieme al loro riassetto generale si torna all’ansia, allo stress e alla depressione, il tutto aggravato dal senso di colpa di aver commesso un atto impulsivo e a volte minatorio per una sana percezione di Sé e una sana vita relazionale con il proprio partner (quasi sempre all’oscuro di tutto questo).

Chi è un Sex Addicted?

Essere dipendente dal sesso non è correlato positivamente con l’essere maschio o femmina, gay o etero, ricco o povero, o qualsiasi altra cosa.
Robert Weiss, direttore del Sexual Recovery Institute e direttore del Sexual Disorders Services for Elements Behavioral Health, ci aiuta nel capire come si presentano le persone dipendenti dal sesso.

Essi non riescono a frenare la loro dipendenza, nemmeno se instaurano un rapporto serio e duraturo con un partner (per lo meno non ci riescono a lungo), né riescono a fermarsi se diventano genitori. Un tipico esempio di pensiero da Sex Addiction è “Questa è l’ultima volta che ho intenzione di andare in quel sex shop/ scaricare le app sex-finder/ vedere il mio compagno di letto o perdere tempo su quel sito porno”.

Ma in definitiva la loro scarsa capacità di controllo, li riporta alle stesse situazioni sessuali, nonostante le conseguenze negative sulla vita, che allora si sdoppia, mantenendo la dipendenza fuori da una vita normale, fatta di amici e famiglia. Come tutte le persone tossicodipendenti, si crea così una rete di continue bugie, segreti, manipolazione, e negazione. Questo stile di vita disintegrato porta spesso a disturbi dell’umore, problemi relazionali e crisi esistenziali.

Sempre Weiss offre una serie di comportamenti tipici di chi mette in atto comportamenti connotati da iper-sessualità:
– Molteplici rapporti occasionali e poche o brevi relazioni serie;
– Ore interminabili passate su Internet e su siti pornografici;
– Masturbazione compulsiva, con o senza la pornografia;
– Partecipazione ricorrente (e di nascosto) in strip club, librerie per adulti, incontri con prostitute o operatori di massaggi sensuali;
– Rapporti di sesso anonimo o casuale con persone incontrate on-line o tramite applicazioni per smartphones;
– Pratiche sessuali non sicure e/o fisicamente pericolose;
– Coinvolgimento in ambienti connessi a determinate pratiche sessuali (sex club, club scambisti, stabilimenti balneari, ecc).

La ricerca di sesso avviene indipendentemente dalle potenziali conseguenze immediate o a lungo termine per sé o per altri.
Tra le conseguenze più frequenti ci sono:
– Perdita di controllo sulle crescenti fantasie e comportamenti sessuali
– Aumento di frequenza e intensità di pensieri e comportamenti sessuali nel corso del tempo (escalation)
– Impoverimento della creatività, l’intimità e /o il tempo libero
– Irritabilità e rabbia quando si cerca di smettere con i comportamenti sessuali
– Isolamento sociale ed emotivo
– Disturbi dell’umore
– Conseguenze negative più ampie a livello relazionale, emotivo, fisico, finanziario, legale, ecc. , legate ai comportamenti sessuali

Un modello di terapia

Patrick J. Carnes, nel 2000, pubblica un articolo in cui viene delineato un protocollo di intervento per i casi di dipendenza sessuale, esso prevede tre fasi: intervento, trattamento iniziale e terapia estesa.

La prima fase prevede un intervento del ciclo compulsivo di mantenimento del disturbo. Il terapeuta deve indagare la storia sessuale del paziente per conoscere tutti gli aspetti del comportamento problematico. Questa indagine è importante sia perché paziente e terapeuta prendono consapevolezza della portata del problema, sia per evitare al terapeuta infelici sorprese nel corso della terapia (molto frequenti, qualunque siano gli obiettivi accordati). Questa prima fase è soprattutto psico-educazionale: si informa il paziente sul disturbo, in modo tale da avere una visione più obiettiva del problema.

Quando il paziente inizia a fidarsi del terapeuta e acquista più familiarità con il disturbo, è il momento di iniziare a confrontarsi con le aree più problematiche del paziente, sarebbe auspicabile iniziare con la più frequente e la più pericolosa, ad es. il sesso non protetto con le prostitute: il terapeuta sviluppa un contratto comportamentale con il paziente che si asterrà da alcuni comportamenti durante la terapia. Ad esempio, se il rivolgersi a prostitute si verifica in una determinata zona della città, il paziente si impegna non solo ad astenersi da questi comportamenti, ma ad evitare di andare da solo in questi luoghi. Il paziente si impegna inoltre a segnalare eventuali problemi riscontrati in questa gestione del comportamento.

Quando questo punto è raggiunto, ha inizio la seconda fase di trattamento, in cui vengono impiegate alcune strategie:
Partecipazione a un gruppo terapeutico con persone che condividono lo stesso problema
Accordo scritto di astinenza, in tre parti: i comportamenti distruttivi da cui il paziente si impegna ad astenersi; cosa è necessario fare per evitare quei comportamenti; una dichiarazione completa dei comportamenti sessuali che il paziente desidera coltivare (discussi poi nella terapia e nei gruppi di sostegno).
Piano di prevenzione delle ricadute. Con l’aiuto del terapeuta, il paziente si prepara un piano globale per prevenire le ricadute, tra cui la comprensione dei trigger (Oggetti /eventi specifici che attivano le compulsioni sessuali del paziente), un elenco degli eventi attivanti (ad esempio stress estremo, una lite con il coniuge, ecc), nonché l’esecuzione di “esercitazioni antincendio” (vale a dire risposte automatiche per prevenire le ricadute).
Periodo di astinenza, che comprende anche la masturbazione, dalle 8 alle 12 settimane. Se la persona ha un partner, anch’egli deve impegnarsi in questo processo. Questo periodo è progettato per ridurre il “caos sessuale” e per esplorare ciò che concettualmente costituisce la salute sessuale (spesso, durante questo periodo, al paziente riaffiorano ricordi della prima infanzia come abusi sessuali e fisici).
• Al termine del periodo di astinenza, terapeuta e paziente creano un piano di sesso, che sottolinea ulteriormente la differenza tra sessualità sana e distruttiva.
Coinvolgimento della famiglia. I partner e membri della famiglia hanno bisogno di essere ascoltati in terapia per un lavoro su se stessi e per non screditare le piccole conquiste terapeutiche del paziente.
Riduzione della vergogna. Il terapeuta lavora con il paziente utilizzando diverse strategie per ridurre sia la vergogna sessuale che la vergogna per il comportamento passato.

Dopo la seconda fase, e se un periodo libero da ricadute è stato mantenuto, si passa alla terza fase del trattamento. Questa fase si concentra su questioni legate allo sviluppo e alla famiglia d’origine, e a quei problemi qui sorti che si sono poi riflessi nella sfera sessuale del paziente. In questa fase si potrebbe venire a contatto con dolori non risolti e questo richiederà particolare tatto e attenzione, poiché si potrebbe avere una ricaduta.
Nonostante la ricerca continui e, come abbiamo visto, alcuni esperti abbiano avanzato proposte di trattamento per la dipendenza da sesso, questa è ben lontana dall’essere riconosciuta ufficialmente tra i disturbi mentali. Tutto ciò crea non pochi problemi a terapeuti, psicologi e psichiatri che hanno in carico pazienti con comportamenti di ipersessualità molto simili a una dipendenza. Si spera dunque che il panorama scientifico possa lasciare uno spazio sempre maggiore alle ricerche in tema di sex addiction: una condizione che, seppure legata a uno degli aspetti più naturali e piacevoli della vita, potrebbe, a lungo andare, trasformare tale piacere in vera e propria patologia.

 

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BIBLIOGRAFIA:

 

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Marina Morgese
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Caporedattrice di State of Mind

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