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L’effetto della povertà sulle credenze e sulle emozioni dei più piccoli

Secondo un nuovo studio, la povertà può porre ostacoli cognitivo- rappresentazionali, e quindi emotivi, al benessere e al buon adattamento della persona.

Di Linda Confalonieri

Pubblicato il 28 Lug. 2015

FLASH NEWS

Una review della University of Massachusetts ha cercato di analizzare come la povertà e le condizioni economiche svantaggiose possano lasciare traccia su rappresentazioni e valutazioni cognitive che i bambini hanno di sé.

Sembra paradossale, ma la maggior parte degli studi si è focalizzata sui fattori esterni correlati alla povertà (ad esempio conflittualità nella coppia o depressione nei genitori) e che possono influire sulle credenze dei figli. Pochi studi hanno invece avuto il coraggio di analizzare gli aspetti interni cognitivo-emotivi dell’esperienza di vivere in situazioni economiche difficili. E di come questi aspetti cognitivi rappresentazionali possano essere mediatori dell’impatto dello svantaggio economico sui comportamenti.

Nella review dunque, la parte più interessante evidenzia due aspetti cognitivo-emotivi che potrebbero avere un ruolo nel mediare gli effetti delle difficoltà economiche sul funzionamento socio-comportamentale del bambino. I due fenomeni sono: una maggiore vulnerabilità all’ansia di stato e una maggiore probabilità di credenze stereotipiche e performances ridotte quando vengono esplicitate la condizione povertà in soggetti in età di sviluppo che vivono in situazioni economiche svantaggiate.

Questi fenomeni innescherebbero circoli viziosi in cui ad esempio, difficoltà scolastiche probabilmente originano e si correlano a credenze negative sul sé e sfiducia nelle proprie capacità.

Dal punto di vista prettamente cognitivo già dall’età di cinque anni i bambini occidentali sono in grado di comprendere e utilizzare le categorie concettuali e gli stereotipi relativi alle disuguaglianze sociali. Ad esempio, si è notato che bambini di classe socio-economica media utilizzano principalmente stereotipi (mediocre, meno bravi a scuola, con minori probabilità di realizzare le proprie ambizioni) per descrivere un bambino povero, mentre i bambini di classe socio-economica svantaggiata descrivono maggiormente le emozioni provate da chi è in difficoltà economica.

Secondo il ragionamento degli autori, crescere da poveri può porre ostacoli non solo materiali ma anche cognitivo- rappresentazionali, e di conseguenza emotivi, al benessere e a un buon adattamento della persona; per questo ancora una volta il lavoro preventivo sulla modificazione delle credenze stereotipiche e disfunzionali con l’obiettivo di interrompere circoli viziosi assume un valore importante a livello individuale e comunitario.

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