expand_lessAPRI WIDGET

Violenza psicologica sul luogo del lavoro: il triste fenomeno del mobbing e le sue conseguenze

Quando le relazioni tra colleghi sono caratterizzate da frequenti contrasti, e hanno lo scopo di ledere la dignità di un soggetto, si parla di Mobbing.

Di Chiara Carlucci

Pubblicato il 03 Lug. 2015

Una lunga serie di studi e ricerche hanno messo in luce che la condizione che viene a crearsi sul luogo di lavoro non sempre è idilliaca, questo perché sono parecchi i fattori che contribuiscono a generare stress e tensioni lavorative. Quando le relazioni tra colleghi sono caratterizzate da frequenti contrasti, e hanno lo scopo di ledere la dignità di un soggetto, si parla di Mobbing.

Il lavoro e le sue relative mansioni professionali stimolano e concorrono a creare l’identità personale e sociale dell’individuo; così come i rapporti interpersonali che vengono a crearsi nell’ambiente professionale e tra colleghi concorrono a sviluppare la cosiddetta soddisfazione al lavoro.

Però una lunga serie di studi e ricerche hanno messo in luce che la condizione che viene a crearsi sul luogo di lavoro non sempre è idilliaca, questo perché sono parecchi i fattori che contribuiscono a generare stress e tensioni lavorative.

Quando le relazioni tra colleghi sono caratterizzate da frequenti contrasti, e hanno lo scopo di ledere la dignità di un soggetto, si parla di Mobbing. Il vocabolo deriva dal termine inglese To Mob che vuol dire Attaccare, e sta ad indicare un fenomeno che riguarda i rapporti interpersonali sul luogo del lavoro, dove una o più persone vengono fatte oggetto di violenza psicologica con intento persecutorio e lesivo, sistematicamente e con una certa ripetitività nel tempo.

Una definizione condivisa in letteratura di questo fenomeno è questa: Forma di terrore psicologico sul luogo del lavoro esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti da parte di colleghi e/o superiori (Ege, 1996).

Si tratta quindi di un’azione, o una serie di azioni, che si ripetono nel tempo da parte di uno o più prevaricatori al fine di danneggiare qualcuno in modo sistematico e con uno scopo ben preciso. La vittima viene aggredita intenzionalmente con strategie che hanno come fine la sua alienazione psicologica, sociale e professionale. Spesso infatti ne consegue un diradamento dei rapporti sociali della vittima, la quale si relega nell’isolamento e nell’emarginazione.

Secondo un sondaggio condotto nei Paesi d’Europa, l’8% dei lavoratori della Comunità dichiara di essere stato vittima di mobbing sul posto di lavoro (Monaco e all, 2004); si tratta di circa 12 milioni di persone.

Sono numerose le cause per cui si scatena questo triste fenomeno, ma possono essere raggruppate in due insiemi:

  • Ragioni strategiche, dove chi esercita il mobbing prevarica l’altro al fine di averne un suo tornaconto;
  • Ragioni emozionali, dove vi sono conflitti tra personalità, e il prevaricatore può in questi casi contare sull’omertà di alcuni colleghi suoi alleati per danneggiare l’altro.

L’azione prevaricatoria ha solitamente il seguente obiettivo: perseguitare la vittima affinché essa sia indotta a lasciare il lavoro di sua iniziativa.

Vi sono varie tipologie di mobbing:

  • Mobbing Orizzontale: se messo in atto da colleghi che hanno il medesimo livello professionale della vittima.
  • Mobbing Verticale: se attuato da un superiore verso una vittima sua dipendente.
  • Mobbing dal Basso: quando viene messa in discussione l’autorità del superiore da parte di un certo numero di dipendenti.
  • Mobbing Collettivo: se le prepotenze vengono esercitate su un gruppo di lavoratori.
  • Mobbing Sessuale: molestie sessuali senza un necessario contatto fisico, ma con insinuazioni o battutine sgradevoli.

Vi è un’ampia varietà di azioni mobbizzanti, tra le più frequenti vi è l’isolare il lavoratore bloccando i mezzi di comunicazione a sua disposizione o estromettendolo da decisioni e isolandolo da conversazioni; screditarlo umiliandolo e attaccando le sue convinzioni; ridurre la sua autostima affidandogli incarichi poco gratificanti; compromettere il suo stato di salute negandoli giorni di ferie o di malattia.

Anche un comportamento lecito da parte del datore di lavoro verso un dipendente (lettere di richiamo, controllo dell’operato) può divenire mobbing se nasconde in sé un intento persecutorio.

Si tratta di un fenomeno insopportabile per chi lo subisce, non solo perché causa un inevitabile senso di rifiuto nei confronti dell’ambiente lavorativo, ma soprattutto perché porta con sé delle conseguenze non trascurabili, sia sul lavoratore sia sull’azienda – luogo lavorativo.

Per quanto riguarda le conseguenze sul lavoratore viene a determinarsi una riduzione dello stato di benessere complessivo della persona.

Questi gli effetti negativi più frequenti che si verificano nelle vittime di mobbing messe in luce dalle varie ricerche (Ege, 2001):

  • Alterazione del tono dell’umore: depressione, isolamento, calo dell’autostima.
  • Alterazione dell’equilibrio psicofisiologico: disturbi del sonno, calo della memoria e della concentrazione.
  • Disturbi d’Ansia: Disturbo d’Ansia Generalizzato, Disturbo Post Traumatica da Stress, Fobie, Disturbo da Attacco di Panico.
  • Disturbi del Comportamento: Cattiva alimentazione, alcolismo, tabagismo.
  • Burnout: Sindrome complessa, a componente prevalentemente psichica, con caratteristiche ben precise, quali esaurimento emotivo, depersonalizzazione e mancata realizzazione personale.

Non è da trascurare che il mobbing determina una serie di conseguenze negative anche a livello organizzativo e aziendale, in quanto può cagionare maggiore assenteismo, minore efficacia e produttività per tutti i lavoratori che vivono l’ambiente e che inevitabilmente risentono del clima psicosociale negativo presente.

Dati ISPESL mettono in luce che il fenomeno è purtroppo in crescita, e affrontarlo non è semplice (Monaco e all, 2004).

La legislazione presente in merito è abbastanza scarsa e ambigua, inoltre, non trattandosi di un problema medico, bensì di comunicazione all’interno dell’ambiente lavorativo, non ci sono cure o farmaci volti a risolvere il problema del mobbing, ma al massimo utili a curare gli effetti conseguenti (ansia, insonnia, depressione).

Al fine di debellare questa cattiva condotta che sovente si manifesta sul lavoro sarebbe opportuno mettere in atto adeguate strategie preventive, con il principale scopo di instaurare una cultura aziendale caratterizzata da una linea di condotta dei dirigenti e dei dipendenti basata sul rispetto reciproco e sull’interesse collettivo.

Ciò sarà indispensabile al fine di annientare la comparsa di qualsiasi comportamento vessatorio e aggressivo e per garantire il successo economico dell’ambiente lavorativo nel suo complesso.

 

ARTICOLO CONSIGLIATO:

Analisi di un caso di mobbing: la storia di Marco – Psicologia del Lavoro

 

BIBLIOGRAFIA:

Si parla di:
Categorie
ARTICOLI CORRELATI
WordPress Ads
cancel