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Intervista a Joanne Stubley, responsabile dell’Unità Trauma Adulti presso la Tavistock Clinic

E' stato intervistato Joanne Stubley, Psichiatra e Responsabile dell’Unità Trauma Adulti presso la Tavistock and Portman NHS Foundation Trust (Londra).

Di Mara Fantinati

Pubblicato il 01 Lug. 2015

Aggiornato il 13 Lug. 2015 11:06

LEGGI L’INTERVISTA IN INGLESE

Joanne Stubley è Supervisore Psichiatra presso la Scuola di Psicoterapia Psicoanalitica sita presso la Clinica Tavistock di Londra e Responsabile dell’Unità Trauma Adulti presso Tavistock and Portman NHS Foundation Trust (Londra).

Dirige la Sezione Adulti del Tavistock Trauma Service e ha una considerevole esperienza nel lavoro con individui, gruppi e organizzazioni che affrontano questo tema. È direttamente coinvolta nella formazione e nella pratica clinica, con un interesse specifico per iI trauma complesso. Dr. Stubley è membro della Società Psicoanalitica Britannica (BPS) e membro del UK Gruppo Trauma.

1. Come responsabile del Servizio Trauma Adulti presso la Tavistock and Portman NHS Foundation Trust di Londra, potrebbe brevemente descrivere cosa offre il servizio?

Il Servizio Trauma è parte dell’offerta per adulti proposta dalla Tavistock all’interno del sistema sanitario pubblico (NHS). Esso è una piccola unità, nata nel 1986. Inizialmente fondata dalla psicanalista Caroline Garland e principalmente rivolta a pazienti con diagnosi di PTSD. Per queste persone, che soffrivano di singoli episodi traumatici in età adulta, il servizio disponeva di una breve consulenza, 4-6 incontri, sufficiente per alcuni di loro. Per altre persone, dopo la consulenza iniziale, era possibile essere inseriti in un generico servizio per iniziare una psicoterapia, con interventi individuali o di gruppo. Gli incontri potevano durare da un’ora e un quarto a un’ora e mezza, oltre i soliti 50 minuti, per dare alle persone il tempo di esprimere la loro sofferenza durante l’incontro, prima del successivo stabilito circa 15 giorni dopo.
Negli anni, abbiamo incrementato l’offerta del servizio. Attualmente esso dispone di un Approccio Psicoanalitico al trauma accanto a interventi TF-CBT (Trauma Focused Cognitive Behavioural Therapy) e EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing, di cui siamo in fase di formazione): in tal modo disponiamo di una diversificata opportunità terapeutica, per indirizzare al trattamento di traumi singoli, complessi o dello sviluppo.

2. Rispetto al profilo dei pazienti che afferiscono al servizio, quali sono le età, il background, le diagnosi più frequenti?

Questa popolazione può includere rifugiati e persone che necessitano di asilo politico, vittime di violenze domestiche o abusi sessuali, etc.. Il trattamento è ad oggi rivolto principalmente a traumatizzazioni croniche, sebbene ci occupiamo anche di individui con singoli episodi traumatici in età adulta. L’unità dispone di un ottimo collegamento con i servizi per adolescenti, per adulti e con altri servizi all’interno del sistema sanitario.

3. Quali tipi di trattamento offrite? Individuali o di gruppo? Che modelli terapeutici sono adottati?

La mia idea è che per lavorare con pazienti traumatizzati noi abbiamo bisogno di un trattamento flessibile, quindi seguire più di un modello di intervento può essere efficace. Tutti coloro che lavorano nell’Unità Trauma hanno un percorso formativo psicoanalitico: il principale riferimento teorico per noi. Inizialmente, infatti, ai pazienti offriamo una consulenza psicoanalitica, ma successivamente decidiamo il tipo di intervento quindi anche un trattamento TF-CBT è disponibile. È importante la flessibilità fra gli approcci d’intervento terapeutico.

Allo stesso modo, ritengo che molti pazienti necessitino di un adattamento al protocollo di intervento scelto per quanto riguarda i fattori psicosociali, che possono interferire nel trattamento. Così, molto spesso, ci occupiamo anche di cercare una sistemazione abitativa, un sostegno economico, una formazione scolastica e/o professionale, un lavoro, una soluzione alle pratiche burocratiche per i rifugiati e coloro che cercano asilo politico.

La questione della flessibilità: ogni paziente segue un intervento individuale e come tutti i pazienti ha ricevuto un’iniziale consulenza psicoanalitica. Da qui, possiamo offrire interventi TF-CBT, EMDR o diverse opzioni psicoanalitiche. Esse possono consistere in terapie di gruppo (1-2v/sett), occasionalmente un percorso intensivo (3v/sett), ma la maggior parte dei pazienti segue ciò che noi chiamiamo ‘un trattamento intermittente’(ha cioè una frequenza di meno di una volta a settimana). In questo modo è offerta la possibilità di gestire il tempo, per lo sviluppo di una relazione; alcuni pazienti frequentano ogni 2 settimane, alcuni ogni 3 o 4 settimane. Noi possiamo negoziare, in modo da disporre di una flessibilità che permetta di osservare ciò di cui hanno bisogno. Infatti, dopo un certo periodo di tempo il trattamento potrebbe evolvere in modo diverso.

Può dire qualcosa rispetto al termine del trattamento? Noi non abbiamo una definizione formale dal dipartimento, rispetto a quando terminare un trattamento. Noi utilizziamo i nostri incontri regolari (un trauma meeting 1v/15 giorni e un incontro di intervisione 1v/mese) per riflettere sul progresso dei pazienti. Ogni tanto la domanda è se il paziente è pronto o no a muoversi verso un altro intervento terapeutico. Noi, inoltre, cerchiamo di creare collegamenti tra organizzazioni esterne al servizio sanitario (es. organizzazioni di volontariato). Il termine del trattamento è una questione difficile, poichè questi tipi di pazienti spesso hanno bisogno di un percorso a lungo termine, ai fini della costruzione di una relazione.

Può dire qualcosa rispetto ai fondi? La Tavistock ha contratti con commitenti locali. Noi siamo pagati in blocco (il lavoro sul trauma è parte di tale blocco). Noi non siamo pagati a singolo paziente, ma per il lavoro psicoterapeutico generale che offriamo.

4. Come è organizzato il team, in termini di professionalità presenti e numero di operatori nel servizio?

Tutto il lavoro dello staff è part-time, presso il Trauma Unit, e il resto del tempo è dedicato ad altre responsabilità nel servizio sanitario. Ci sono 4 senior: io, Joanne Stubley (Psichiatra), dirigo l’Unità Trauma e anche una Unità Generica nel Dipartimento; Linda Young (Psicologo) dirige un team nel Dipartimento per Adolescenti; Maxine Dennis (Psicologo) dirige la Terapia di Gruppo nel Dipartimento per Adulti; Birgit Kleeberg (Medico) conduce l’Unità Fitzjohn. Noi disponiamo di esperti diversi in campi differenti. Disponiamo anche di un Patient Advice and Liaison (PALS), un ufficiale che frequenta il servizio trauma per aiutare i pazienti nelle difficoltà pratiche. Noi non abbiamo un numero definito di pazienti nè di personale sanitario.

5. Cosa prevedi per il futuro del servizio che conduci?

La mia preoccupazione sul futuro è relativa allo sforzo da mettere in campo, con le risorse che arrivano principalmente dalla Tavistock, in relazione ai problemi (n.d. tagli dei fondi) presenti nel servizio pubblico. C’è anche un problema esterno: un servizio pubblico psichiatrico frammentario, che rende difficile per i pazienti ricevere un supporto in rete. Inoltre, sono da tenere in considerazione le politiche sulla salute, che impattano questa tipologia di pazienti (es. fattori sociali).

 

L’intervista con Joanne Stubley ha evidenziato il valore della flessibilità nell’utilizzo di modelli teorici, ai fini dell’organizzazione di un piano di lavoro con pazienti che soffrono di traumi complessi, nella pratica clinica. Inoltre, mi ha permesso di riflettere sulla necessità di organizzare servizi simili al Trauma Unit, al fine di facilitare e rendere più efficace il lavoro dei colleghi in dipartimenti di salute pubblica differenti. Integrazione e flessibilità teorica risultano quindi le parole chiave per descrivere un’efficiente pratica, con effetti diretti sulla salute della comunità!

 

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Mara Fantinati
Mara Fantinati

Psicoterapeuta Sessuologo Cognitivo-Comportamentale, Studi Cognitivi, Modena

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