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CASO CLINICO: FUNZIONI ED ABILITA’ DI BASE IN UNA PRESUNTA ENCEFALOPATIA MITOCONDRIALE

L’obiettivo dello studio è stato osservare le abilità cognitive e le funzioni di base di un caso di encefalopatia mitocondriale in un paziente di 3 anni.

Di Redazione

Pubblicato il 16 Giu. 2015

Questo articolo ha partecipato al Premio State of Mind 2014 Sezione Junior 

Caso clinico: funzioni e abilità di base in una presunta encefalopatia mitocondriale

Autore: Fabiana Giordano

Abstract

Le malattie mitocondriali, note come encefalomiopatie mitocondriali, sono un ampio gruppo di patologie associate a difetti del metabolismo energetico mitocondriale, attribuibili, in particolare, a difetti nella fosforilazione ossidativa (Zeviani e Di Donato, 2004). Tali disordini dipendono da mutazioni che possono intervenire nel genoma mitocondriale e/o in quello nucleare (DiMauro e Shon, 2003). Le malattie mitocondriali presentano notevole variabilità clinica per quanto riguarda l’età d’insorgenza, il tipo di evoluzione e i tessuti coinvolti. Una peculiarità di questo gruppo di patologie, che ne ha reso difficoltoso lo studio nel corso degli anni, è la variabilità delle manifestazioni cliniche; nonostante queste dipendano da un’inadeguata produzione di energia cellulare, la ripercussione a carico degli organi, la velocità di progressione e l’età di insorgenza della malattia variano notevolmente sia da malattia a malattia che da paziente a paziente, anche all’interno di una stessa famiglia. I sistemi più frequentemente interessati sono l’apparato muscolare ed il sistema nervoso centrale e periferico, ma possono essere coinvolti, con variabile gravità di interessamento ed in diverse combinazioni, anche le vie visive ed uditive, il cuore, le ghiandole endocrine. L’obiettivo del presente studio è stato osservare e descrivere le abilità cognitive e le funzioni di base caratterizzanti un quadro di sospetto encefalopatia mitocondriale infantile in un paziente di 3 anni.

Parole chiave: malattie mitocondriali, caso clinico. osservazione, funzioni cognitive, SVFB

Introduzione

In quasi tutte le cellule del corpo ci sono delle piccole centrali dette mitocondri. La teoria vuole che 1,5 miliardi di anni fa, i mitocondri fossero cellule indipendenti, probabilmente dei batteri, e che siano stati inglobati in cellule di organismi superiori che necessitavano di una fonte rapida di energia. Quello che i mitocondri fanno per la cellula è una “rapida produzione di energia”, ATP. I mitocondri sono fra gli organuli più cospicui del citoplasma e sono presenti in quasi tutte le cellule eucariotiche. Essi hanno una struttura particolare, osservabile al microscopio elettronico: ciascun mitocondrio si presenta come un corpuscolo dalla caratteristica forma a fagiolo. I mitocondri sono formati da due membrane concentriche: una esterna, liscia, e una interna, ripiegata a formare varie creste. (DiMauro e Schon, 2003). La membrana interna ospita gli enzimi della catena respiratoria mitocondriale e garantisce una barriera per la diffusione ionica, un fattore cruciale per generare il gradiente protonico necessario a produrre ATP; la membrana esterna permette la diffusione passiva tra citosol e spazio intermembrana di sostanze a basso peso molecolare. I mitocondri svolgono numerose funzioni, come l’ossidazione del piruvato, il ciclo di Krebs, il metabolismo degli aminoacidi, degli acidi grassi, degli steroidi, ma la più importante rimane la generazione di energia sotto forma di ATP (adenosine triphosphate) mediante la fosforilazione ossidativa. La fosforilazione ossidativa è il processo biochimico ad alta efficienza tramite il quale viene prodotto ATP, grazie all’energia progressivamente liberata dagli elettroni lungo la “catena di trasporto degli elettroni”. Questo processo di produzione di ATP è essenziale per il normale funzionamento di tutte le cellule eucariotiche, anche se i mitocondri sono particolarmente numerosi nelle cellule ad elevata richiesta metabolica, come i neuroni e i muscoli scheletrici. Tuttavia, i mitocondri, sono anche coinvolti in molti altri differenti processi, quali le vie di trasduzione del segnale, la differenziazione cellulare, l’apoptosi, il controllo del ciclo cellulare e la crescita delle cellule (DiMauro e Schon, 2003). I mitocondri sono gli unici organelli a possedere un proprio genoma, noto come DNA mitocondriale (mtDNA), ed un proprio macchinario per la sintesi dell’RNA e delle proteine (DiMauro e Schon, 2003). Il DNA mitocondriale umano è una piccola molecola circolare a doppio filamento contenente 37 geni; di questi, 24 sono necessari per la trascrizione del mtDNA (2 RNA ribosomiali e 22 RNA transfer), e 13 codificano le subunità della catena respiratoria. Esso viene ereditato, all’atto della fecondazione, dalla cellula uovo che pertanto partecipa, a differenza dello spermatozoo, alla costituzione del patrimonio mitocondriale dello zigote. Proprio per questo motivo molte delle malattie mitocondriali sono ereditate per via matrilineare. I precursori del genoma mitocondriale sono formati e regolati da una rete di enzimi anabolici e catabolici localizzati sia all’interno dei mitocondri che nel citosol. Un malfunzionamento degli enzimi coinvolti nella sintesi del mtDNA o eventuali sbilanciamenti nei pool nucleotidici, necessari alla sintesi, possono indurre un malfunzionamento nella replicazione e nel mantenimento del DNA e provocare, quindi, delle gravi malattie genetiche (Leanza et al., 2008; Pontarin et al., 2003; DiMauro e Schon, 2008).
Le malattie mitocondriali sono un ampio gruppo di patologie associate a difetti del metabolismo energetico mitocondriale, riconducibili in particolare ad anomalie nella fosforilazione ossidativa OXPHOS (Oxidative phosphorylation) (Zeviani e Di Donato, 2004). Poiché gli organi maggiormente affetti sono il cervello e i muscoli scheletrici, le patologie sono spesso conosciute come encefalomiopatie mitocondriali (DiMauro e Schon, 2003). Tuttavia, tutti i tessuti ad elevata richiesta energetica quali, oltre a cervello e muscolo, cuore, pancreas endocrino, rene, fegato ed epiteli neurosensoriali risultano particolarmente colpiti. Le malattie mitocondriali sono più diffuse di quanto comunemente ritenuto, colpiscono circa 10-15 persone ogni 100.000, al pari delle più note malattie neurologiche: sclerosi laterale amiotrofica e distrofie muscolari (Di Mauro e Schon, 2003). Oltre a ciò, si possono presentare a qualsiasi età: precocemente, in giovane età, nei bambini o in età adulta (Di Mauro e Schon, 2003). A volte, le malattie mitocondriali, sono così gravi da risultare incompatibili con la vita, in altri casi danno solo disturbi lievi o impercettibili. Anche se è noto fino dal 1963 che i mitocondri hanno geni propri racchiusi in molecole circolari presenti in molte copie in ogni mitocondrio, solo alla fine degli anni ottanta sono giunte le prime dimostrazioni di un collegamento tra alcune neuro e miopatie ereditarie e un’alterazione di questo particolare DNA. Queste scoperte sono principalmente opera di Douglas Wallace, direttore del Centro di medicina molecolare della Emory University di Atlanta, e di Salvatore Di Mauro, direttore del Dipartimento di malattie neuromuscolari della Columbia University di New York. Molte malattie mitocondriali sono così nuove che esse non sono ancora state inserite nei libri di testo medici o, in alcuni casi, nella letteratura medica. Conseguentemente, in alcuni casi risulta difficile giungere ad una diagnosi definitiva. Perfino medici che lavorano in centri altamente specializzati che vedono dozzine di casi di malattia
mitocondriale ogni anno sono colpiti dalla grande diversità di segni e sintomi di queste malattie. Le manifestazioni cliniche delle malattie mitocondriali sono estremamente eterogenee, in quanto possono coinvolgere tessuti, singole strutture (come nella Neuropatia ottica ereditaria di Leber, LHON, la prima malattia umana che è stata associata ad una mutazione nel DNA mitocondriale), molteplici organi ed apparati (come miopatie, encefalomiopatie e cardiopatie), o causare complesse sindromi multisistemiche (Zeviani e Di Donato, 2004). Per quanto riguarda le principali manifestazioni cliniche delle malattie mitocondriali, bisogna innanzitutto riferirsi a quelle che coinvolgono il Sistema Nervoso Centrale (SNC) che il Sistema Nervoso Periferico (SNP) o possono coinvolgere ad esempio il cervelletto e/o il tronco cerebrale oppure i nuclei della base. In alcuni malattie mitocondriali è preminente il coinvolgimento della sostanza grigia con un arresto dello sviluppo intellettivo, deterioramento mentale e alterazioni comportamentali frequenti, spesso sono precoci le manifestazioni epilettiche e l’atassia. In alcune forme di malattie mitocondriali il decorso è così lentamente progressivo che il quadro clinico di ritardo psicomotorio appare fisso, “statico”, non evolutivo. Nelle forme ad esordio più tardivo, dal 3°-4° anno di vita fino all’adolescenza, inizialmente possono essere coinvolti alcuni sistemi neuronali ad esempio i tratti cortico-spinali, il cervelletto, i nuclei della base, i nervi periferici con sintomatologia correlata: a) paraplegia spastica progressiva; b) emiplegia; c) atassia cerebellare; d) disturbi del movimento; e) epilessia; f) neuropatia progressiva; g) deterioramento cognitivo, modificazioni comportamentali. In alcuni malattie mitocondriali ad esordio tardivo la prima manifestazione che precede altre anche di molti mesi può essere un deterioramento mentale con progressive difficoltà scolastiche, alterazioni della personalità e del comportamento. I due più frequenti pattern di comportamento sono caratterizzati da irritabilità, agitazione, azioni violente, impulsive e irrazionali o al contrario da uno stato di calma e indifferenza. La presenza di un contemporaneo deterioramento cognitivo con riduzione della memoria, errori di sintassi, scarso orientamento temporo-spaziale fino ad arrivare ad uno stato di demenza devono indirizzare ad una attenta valutazione clinica. L’atassia cerebellare può essere la manifestazione principale in alcuni malattie mitocondriali, ma non è mai un fenomeno isolato ed è variabilmente associata ad atassia sensoriale, segni piramidali, polimioclono, epilessia, deterioramento mentale. Le manifestazioni epilettiche possono essere occasionalmente presenti in tutte le encefalopatie solo in alcune malattie mitocondriali rappresentano una frequente o principale e costante manifestazione. I disturbi del movimento, cioè movimenti anormali involontari quali corea, atetosi, distonia, mioclono non epilettico, tremori, tic, ballismo sono manifestazioni frequenti in età pediatrica, solitamente associati ad alterazioni del tono muscolare e della postura (rigidità, ipocinesia, bradicinesia); talvolta diversi tipi di movimento involontario possono coesistere (es. corea ed atetosi). Cause frequentemente ritenute responsabili di disturbi del movimento sono la sofferenza neonatale ipossico-ischemica (paralisi cerebrale extrapiramidale) o le infezioni, ma deve essere anche considerata la possibilità di una eziologia genetica o genetico-metabolica. Le malattie mitocondriali possono infatti determinare disturbi del movimento. Si riscontrano due principali pattern, spesso dissociati: una rigidità parkinsoniana generalizzata con disartria, disfagia, facies amimica, spasmi dolorosi o invece tremori grossolani posturali e intenzionali.

Altri organi e apparati

Nell’ambito del cuore, possono essere colpiti sia il tessuto muscolare cardiaco che il sistema di conduzione, con conseguenti alterazioni del ritmo e cardiomiopatie. In alcuni pazienti le malattie cardiache possono essere il primo segno della malattia mitocondriale. Per quanto riguarda il fegato, in alcuni pazienti con difetti della catena respiratoria si può avere un difetto secondario della gluconeogenesi (formazione di glucosio a partire da altre sostanze diverse dai carboidrati. A livello del rene, spesso si può avere perdita di aminoacidi ed elettroliti nelle urine. Nei casi ad esordio infantile si possono verificare aminoaciduria, acidosi tubulare renale o sindrome di Fanconi. Il pancreas, invece, è coinvolto nelle malattie mitocondriali con forme di diabete spesso riscontrabili tardivamente, specie nella sindrome MELAS. Infine l’apparato visivo e quello uditivo. Riguardo al primo, si possono osservare atrofia ottica e retinite pigmentosa. Certo, non tutti i pazienti con questi quadri hanno necessariamente una malattia mitocondriale, ma questa dev’essere sospettata se è presente una familiarità o il coinvolgimento di altri organi. Riguardo al secondo, va detto che in alcuni pazienti è presente un’ipoacusia che inizia come perdita di udito per le alte frequenze, con progressione fino alla sordità totale. Il processo diagnostico ha inizio con l’anamnesi personale e familiare e con l’esame obiettivo neurologico (DiMauro et al 2004). Le “red flags” che inducono a prendere in considerazione una diagnosi di malattia mitocondriale sono bassa statura, ipoacusia neurosensoriale, ptosi palpebrale, oftalmoplegia, neuropatia assonale, diabete mellito, miopatia, cardiomiopatia ipertrofica, emicrania. Queste manifestazioni devono essere ricercate nel paziente e nei familiari (DiMauro et al 2004). Abbiamo già fatto cenno al controllo genetico duale della catena di trasporto degli elettroni. Un’ereditarietà di tipo materno suggerisce mutazioni del mtDNA, mentre una di tipo mendeliano suggerisce alterazioni delle proteine codificate dal nDNA (DiMauro et al 2004). Attualmente, la diagnosi richiede un complesso approccio: misurazioni ematiche del lattato, elettromiografia, risonanza magnetica spettroscopica (MRS), biopsia muscolare con studi istologici e biochimici, e analisi genetiche . La creatina chinasi (CK) ematica, comune marcatore di patologia muscolare, è quasi sempre normale. Un sintomo comune delle malattie mitocondriali è l’intolleranza all’esercizio con algie muscolari, dovuta alla deficitaria produzione di energia nel muscolo scheletrico. Questo porta ad un’aumentata produzione di lattato, deplezione di fosfocreatina (PCr), aumentata generazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS). Per questi motivi, i test da sforzo rimangono uno strumento particolarmente utile nella diagnostica delle MM (Siciliano et al 2007).

Tecniche di imaging

Soggetti con differenti malattie mitocondriali presentano reperti di risonanza magnetica caratteristici. Ad esempio, nella sindrome di Leigh si osserva bilateralmente una iperintensità di segnale nei nuclei della base e nel tronco encefalico. Nella MELAS sono presenti lesioni simili a ictus, soprattutto nel lobo occipitale. Diffuse anomalie di segnale della sostanza bianca centrale sono caratteristiche della sindrome di Kearns-Sayre (KSS), e calcificazioni dei nuclei della base si ritrovano nella KSS e nella MELAS (DiMauro et al 2004; Bianchi et al 2007). La 1H MRS gioca un ruolo nel dimostrare l’alterazione del metabolismo ossidativo nell’encefalo, mostrando l’accumulo del lattato nel SNC (Bianchi et al2007). Ad oggi non esiste una strategia razionale di trattamento nel campo delle malattie mitocondriali. Supplementi vitaminici, agenti farmacologici, modificazioni dietetiche ed esercizio fisico sono stati usati in casi isolati e in piccoli studi clinici, ma l’efficacia di questi interventi rimane incerta. In particolare sono stati utilizzati agenti antiossidanti (CoQ10, idebenone, vitamina C, vitamina E,
menadione), agenti che agiscono sulla lattico acidosi (dicloroacetato e dimetilglicina), agenti che correggono deficit biochimici secondari (carnitina, creatina), cofattori della catena respiratoria (nicotinamide, tiamina, riboflavina, succinato, CoQ10), ormoni (ormone della crescita e corticosteroidi) (Chinnery et al 2006). La maggior parte delle evidenze a favore dell’uso di specifici trattamenti deriva da singoli case reports. Le opzioni terapeutiche sono state globalmente rivisitate da Chinnery et al (2006). Al momento attuale non sembra esserci una chiara evidenza a favore o contro i trattamenti comunemente utilizzati nelle malattie mitocondriali (Chinnery et al 2006). Sono necessari ulteriori studi al fine di chiarire il ruolo dei diversi approcci terapeutici nel trattamento delle malattie mitocondriali.

Il lavoro riporta il caso clinico di una encefalopatia di ndd

Anamnesi familiare Il paziente è unicogenito. Genitori non consanguinei. Non viene riferità familiarità per patologie NPI. Anamnesi fisiologica e di sviluppo Nato da madre primogravida primipara. Gravidanza normodecorsa. Parto distocito alla 40° settimana con applicazione di ventosa e rischio anossico. A causa di distress respiratorio insorto alla nascita, viene ricoverato in terapia intensiava neonatale (TIN) dove effettua ossigenoterapia, antibioticoterapia rx del torace, ecocerebrale (nella norma).
Anamnesi patologica Episodio di bronchiolite al 29° giorno di vita. Un episodio di convulsione in corso di febbre (T 41°C) all’età di 2.4 anni, a causa di una infezione delle alte vie aeree da streptococco; EEG negativo per anomalie parossistiche specifiche. All’età di 13 mesi esegue una visita fisioterapica poiché non presentava la reazione di paracadute, non stava in ginocchio né seguiva alcun passaggio posturale; una prima RM encefalo, eseguita presso Ospedale Federico II di Napoli, mostra “una tenue e diffusa iperintensità del segnale nel nucleo pallido di sx”. All’età di 16 mesi (giugno 2010) durante un ricovero diagnostico il bambino effettua: esami chimico–metabolici (tutti nella norma), genetici (sospetto sindrome di Prader-willi tutti nella norma), strumentali (EEG nella norma) e valutazione di sviluppo (Brunet-Lezine: EC 16mesi, età di sviluppo emersa 16 mesi). A marzo u.s. ripete all’ Ospedale di Salerno RM encefalo che evidenzia: “ aree di alterato segnale, tenue iperintensità a sx nel braccio posteriore della capsula interna, nel nucleo lenticolare, specie nel pallido, nel nucleo posteriore del talamo, in paratrigonale al corno occipitale. A dx si evidenzia area di alterato segnale al braccio posteriore della capsula interna e bilateralmente alla corteccia ippocampale. Tenue iperintensità in sede mesencefalica intorno all’acquedotto di Silvio. In fossa cranica posteriore iperintensità dei peduncoli cerebellari medi e del lemnisco mediale”. Nel sospetto di deficit di GAMT viene ricoverato presso il Policlinico Umberto
I di Roma, per eseguire l’indagine genetica specifica (negativa). In data 24/07 u.s. esegue RM encefalo con spettroscopia c/o O. Stella Maris, che evidenzia una evoluzione del quadro precedente, caratterizzato da una maggiore alterazione del segnale che coinvolge il globo pallido interno di sx, che appare tumefatto, e dalla comparsa di una alterazione di segnale a carico del globo pallido di dx e in sede sottotentoriale, a livello del nucleo dentato di sx e della sostanza bianca perilare cerebellare e perivermiana bilaterale; alla spettroscopia a livello della sostanza grigia interemisferica, in regione pallidare sx e in sede emisferica cerebellare sx, mostra una riduzione di Naa e la presenza di picchi nella frequenza di risonanza del lattato-lipidi. Nel sospetto di un’encefalopatia mitocondriale, il bimbo viene ricoverato presso il Policlinico Umberto I di Roma (sett. 2012). Nell’esame neurologico, qui effettuato, si legge: Quadro di ritardo psicomotorio. Facies lunare, collo tozzo, mani piccole e sottili. Stereotipie a tipo sfregamento delle mani e della dita, handclapping. Trisma. Pupille isocoriche, isocicliche e normoreagenti alla luce. Fissazione ed inseguimento visivo incostanti; non aggancia lo sguardo. Si gira verso la fonte sonora, non sempre se viene chiamato per nome. Restanti nervi cranici indenni per quanto esplorabili. Ipotonia generalizzata ed iperlassità legamentosa. No deficit di forza e trofismo muscolare. Buon controllo del capo e del tronco; reazione di paracadute LL ad AP presenti. Manitiene stazione eretta e deambula autonomamente con base d’appoggio allargata. Passaggi posturale: della posizione supina a quella seduto e da seduto a quella in piedi con sostegno monolaterale. In posizione prona solleva tronco e capo. Laterizzazione :sx. Non è presente gioco funzionale. Non si evoca sorriso sociale. Vocalizza. Durante il ricovero, nel settembre 2012, effettua: -fondo dell’occhio; -analisi GENE FORL1; -esami ematochimici; -esame urine 24H; -urine 24H; -RX esofago-stomaco-duodeno; -biopsia muscolo-cutanea; -consulenza gastroenterologica; -ecografia addome; -consulenza nefrologica; -ecografia vescicale pre e post-minzionale; Nel ricovero successivo marzo 2013, presso la medesima struttura, effettua: -esami ematochimici: tutti i parametri nella norma eccetto: globuli rossi, HGB, RDW, GB, eosinofili; -esame urine; -dosaggio ematico ammonico e lattato: lattato nella norma -dosaggio purine e pirimidine su raccolta di urine e plasma; -calciuria, fosfaturia, creatinuria, glicosuria, sodiuria, potassiuria, cloruria, microalbuminuria e proteinuria sulle urine 24H; -acidi organici urinari. Il bambino di 3anni e 8 mesi giunge alla mia osservazione alla fine di ottobre ’12. Frequenta il Centro di Riabilitazione Psicosomatica di
Castellammare di Stabia dove esegue psicomotricità (3ore/sett) e fisioterapia (3ore/sett). Mi viene data la possibilità di osservare il bambino durante le ore di psicomotricità eseguite dalla Dott.ssa Loredana Todisco. Le condizioni del paziente, se pur molto complesse, hanno consentito un iter diagnostico quasi completo. Gli elementi clinici, ematochimici, strumentali ed orientano verso una possibile diagnosi di encefalopatia mitocondriale “atipica”. Il caso riportato sembra interessante e meritevole di segnalazione, non solo perché richiama l’attenzione su una patologia rara , ma per la particolare modalità di manifestazione clinica determinata dal maggiore coinvolgimento del SNC.

 

 

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