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Le alterazioni del senso di Agency nel Disturbo Narcisistico di Personalità

Il senso dell'Agency, ovvero la sensazione di controllo delle proprie azioni, potrebbe essere più pronunciato in persone con tratti elevati di narcisismo?

Di Giancarlo Dimaggio

Pubblicato il 01 Giu. 2015

I pazienti con disturbi di personalità sembrano soffrire di alterazioni nel senso di agency, ovvero la sensazione di essere in controllo delle azioni prodotte dal Sé e quindi di essere un agente causale capace di generare cambiamenti nell’ambiente.

Forme basiche di disturbi dell’agency si riscontrano in schizofrenia e patologie neurologiche, dove può essere presente la sensazione che i pensieri siano indotti da forze esterne o il braccio non sia mosso grazie ad uno sforzo volontario. Forme più articolate di agency esistenziale riguardano il sentirsi in potere di compiere scelte vs. la sensazione di essere impotenti e vittime di regole sulle quali non abbiamo controllo.  

È plausibile che disturbi del senso di agency siano presenti nei disturbi di personalità (DP), e nel modello alternativo per la classificazione dei DP nel DSM 5 (American Psychiatric Association, 2013) il problema è riconosciuto come un aspetto nodale. Può assumere varie forme: la percezione che regole morali ci impongono le scelte, accompagnata dall’assenza di consapevolezza che aderire ad una regola morale è un processo di scelta autonoma; la percezione che forze oscure comandino le nostre azioni; la sensazione di impossibilità di influenzare l’ambiente.

Esiste anche il suo opposto polare: l’hyperagency, ovvero l’eccesso di fiducia nella nostra capacità di influenzare l’ambiente o la sovrastima degli effetti che hanno le nostre azioni. Finora questo problema non era stato studiato in laboratorio. Hascalovitz e Ohbi (2015) hanno compiuto un primo passo in questa direzione studiando le correlazioni tra tratti di narcisismo non clinico e il senso di agency. Quest’ultimo è stato investigato tramite il paradigma dell’intentional binding. Tale paradigma misura la differenza che esiste tra: l’intervallo di tempo oggettivo tra un’azione e il suo effetto (ad esempio tra il click del mouse e la comparsa di un’immagine sullo schermo) e la percezione soggettiva dell’intervallo trascorso. Tipicamente quando al soggetto dell’esperimento si chiede di compiere attivamente l’azione, invece che di osservare da esterno il tempo che passa tra azione e conseguenza, l’intervallo viene percepito come minore che in realtà. In altre parole, se l’azione la compio io penso che l’effetto arrivi prima. L’intentional binding è storicamente considerato una misura del senso di agency.  

Hascalovitz e Ohbi hanno quindi ipotizzato che persone con tratti più elevati di narcisismo avessero un senso di agency più pronunciato, e quindi un maggiore grado di intentional binding. I risultati dell’esperimento (vedi articolo) confermavano i dati.

Insieme a Paul Lysaker ho commentato l’articolo su Frontiers in Human Neuroscience. Sicuramente lo studio è di grande importanza ma apre la finestra su varie ipotesi su come si caratterizzi l’agency nel narcisismo. Sottolineo che gli autori hanno analizzato soggetti non clinici che nel complesso avevano livelli bassi/medi di narcisismo, nessuno si collocava nella fascia più alta di punteggi al Narcissistic Personality Inventory, che avrebbe davvero qualificato la persona come caratterizzata da tratti narcisistici. Lo strumento stesso poi analizzava il narcisismo non clinico, che non corrisponde al disturbo narcisistico di personalità. Il paradigma sperimentale inoltre analizzava quella che definiamo agency strumentale, ovvero la capacità di agire sugli oggetti del mondo.

Nel nostro commento suggeriamo che il narcisismo sia caratterizzato da un paradosso nell’agency, ovvero hyperagency nel dominio strumentale e carenza di agency nel dominio relazionale, in particolare dopo avere subito rifiuti nel campo sociale e sentimentale. Guidato dal bisogno di conferme e ammirazione, il narcisista, dovendo fronteggiare un fallimento in tale dominio, diventerebbe spento, passivo, devitalizzato e con la sensazione di essere incapace di influenzare gli altri (Kohut, 1971; Dimaggio, 2013).

È anche possibile che sottotipi diversi di narcisismo mostrino forme diverse di problemi nell’agency: il sottotipo grandioso potrebbe mostrare un pattern coerente ai risultati ottenuti da Hascalovitz e Ohbi, mentre il sottotipo vulnerabile o covert potrebbe mostrare una carenza di agency.

Quello che resta di questo studio è che al di là che i risultati vengano replicati o meno, apre la strada per investigare uno degli aspetti più importanti della patologia di personalità, il problema nel senso di agency, che sempre più autori considerano un bersaglio fondamentale del trattamento (Dimaggio et al., 2013; Links, 2015; Ronningstam, 2009).

 

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Giancarlo Dimaggio
Giancarlo Dimaggio

Psichiatra e Psicoterapeuta - Socio Fondatore del Centro di Terapia Metacognitiva-Interpersonale

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