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Advanced training in terapia metacognitiva interpersonale, Firenze, 23 e 24 Maggio – Report (Parte I)

Il 23 e 24 maggio si è tenuta a Firenze la 1° parte dell'Advanced Training in Terapia Metacognitiva Interpersonale organizzato da Scuola Cognitiva Firenze

Di Valentina Davi

Pubblicato il 08 Giu. 2015

L’accesso alle parti sane del sé include non solo la promozione nel paziente di sentimenti di buona autostima, efficacia, cauto e ragionevole ottimismo, attitudine alla curiosità e all’ esplorazione, ma anche una parte di lavoro legata alle sue inclinazioni.

Il 23-24 maggio si è tenuta la prima parte dell’Advanced Training in Terapia Metacognitiva Interpersonale organizzato da Scuola Cognitiva Firenze e anche questa volta noi di State of Mind non potevamo certo mancare.

Se il corso base si era focalizzato principalmente sulla formulazione del caso e sulla promozione della differenziazione, il corso avanzato è occasione per illustrare ulteriori step della TMI, a cominciare dall’accesso alle parti sane del sé e la promozione del cambiamento.

L’accesso alle parti sane del sé include non solo la promozione nel paziente di sentimenti di buona autostima, efficacia, cauto e ragionevole ottimismo, attitudine alla curiosità e all’esplorazione, ma anche una parte di lavoro legata alle sue inclinazioni. Ciò implica che all’interno della relazione terapeutica si dedichi del tempo ad indagare e discutere quelle che sono le inclinazioni e le passioni che animano il paziente e che magari sono sopite. Ci si può così ritrovare a parlare in seduta di libri, di musica, di automobili… di argomenti che fanno sentire il paziente vivo: “Il modo migliore per mostrare ad un paziente con DP che è capace di provare fiducia, competenza, rilassamento, entusiasmo, è coglierlo nell’atto di sperimentare questi sentimenti” (Dimaggio et Al., 2013). Obiettivo è mantenere il paziente il più a lungo possibile in questo stato mentale positivo che favorisce il cambiamento delle cognizioni e un funzionamento più adattivo; inoltre è terreno fertile per esplorare i desideri del paziente e di conseguenza programmare esperimenti comportamentali volti alla promozione del cambiamento.

Quando si parla di promozione del cambiamento bisogna tenere a mente che il solo cambiamento procedurale non è sufficiente; dopo averlo reso cosciente è necessario in primis un lavoro di risperimentazione in seduta attraverso ciò che accade nella relazione terapeutica o nel lavoro terapeutico (esperimento in seduta) e successivamente fare in modo che diventi base per la sperimentazione tra una seduta e l’altra (homework).

Il cambiamento quindi avviene su più livelli: attraverso la differenziazione si osserva un cambiamento del punto di vista, mentre attraverso l’accesso alle parti sane di sé si osserva un cambiamento dell’esperienza, che attiva il sistema esploratorio (attivazione comportamentale).

Una volta individuati col paziente i suoi desideri e concordato con lui gli obiettivi e le modalità con cui raggiungerli, il terapeuta promuove nel paziente il cambiamento attraverso l’attivazione del sistema cooperativo: “Proviamo a fare INSIEME…”. È da notare come la pianificazione degli interventi non sia finalizzata al loro completamento, ma all’attivazione del paziente, che deve PROVARE a fare una determinata cosa; se poi non ci riesce non è un problema perché ciò che conta è creare uno spazio per tenere la mente aperta alla novità, provare a fare qualcosa di diverso, andando contro all’evitamento esperienziale che mantiene invece gli schemi.

Quando si progetta l’esperimento in seduta con il paziente bisogna considerare che, trattandosi di esposizione comportamentale, il paziente sperimenterà un aumento dell’arousal, della tensione, della paura; pertanto è opportuno concordare con lui cosa si sente di fare e cosa no. Una volta progettato l’esperimento sarà compito del paziente provare ad eseguirlo e monitorare cosa succede (compito di auto-osservazione) per poi discuterne in seduta attraverso una lettura condivisa di quanto successo.

La prima parte dell’Advanced Training è stata condotta da Giancarlo Dimaggio, che anche questa volta non si smentisce e imposta una lezione fortemente esperienziale, riducendo all’essenziale le spiegazioni teoriche. Il “format” è ormai collaudato: due partecipanti volontari assumono i panni uno del terapeuta, che conduce la seduta secondo il modello TMI, l’altro del paziente, che invece porta una propria problematica. A supervisionare i 50 minuti di seduta Dimaggio, pronto ad intervenire per dare eventuali suggerimenti fuori stanza al terapeuta. Al termine la classe ripercorre la seduta, discute gli interventi effettuati, analizza la relazione terapeutica, riflette sulla conduzione del colloquio, dibatte su eventuali mancanze o errori commessi dal terapeuta.

Dato il tema trattato nel corso del weekend, ovviamente le sedute sono state occasione per osservare dal vivo alcune tecniche di promozione del cambiamento. Tra le tecniche mostrate, particolarmente interessante e potente la tecnica delle due sedie, direttamente dalla tradizione gestaltica, in cui il paziente interpreta più volte il dialogo fra sé e un altro personaggio (o fra due sfaccettature del proprio sé) modificando di volta in volta il proprio atteggiamento su suggerimento del terapeuta. La tecnica permette al paziente di provare ad uscire dallo schema e di articolare ulteriormente le parti del proprio sé attraverso una vera e propria esposizione in seduta in cui gli schemi emotivamente carichi emergono in tutta la loro intensità.

Indubbiamente la scelta di abbandonare uno stile didattico frontale a favore di un’impostazione fortemente partecipativa si è rivelata ancora una volta vincente e particolarmente apprezzata dai presenti che hanno potuto nuovamente sperimentare dal vivo cosa vuol dire FARE Terapia Metacognitiva Interpersonale.

 

ARTICOLO CONSIGLIATO:

Terapia metacognitiva interpersonale di Dimaggio, Montano, Popolo e Salvatore

BIBLIOGRAFIA:

 

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Valentina Davi
Valentina Davi

Coordinatrice di redazione di State of Mind

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