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Schema di sé, confronto sociale e prestazioni cognitive: i paradigmi sociali del processo di insegnamento – apprendimento

Affinché ogni alunno possa apprendere nel miglior modo possibile, non deve sentire minacciato lo schema di sé dalla maggiore competenza dell’insegnante.

Di Vincenzo Amendolagine

Pubblicato il 12 Mag. 2015

L’insegnamento e l’apprendimento sono influenzati dalle variabili sociali che si creano fra docente e discente. Affinché ogni alunno possa apprendere nella maniera ottimale, non deve sentire minacciato lo schema di sé dall’alta competenza dell’insegnante.

Abstract

L’insegnamento e l’apprendimento sono influenzati dalle variabili sociali che si creano fra docente e discente. Affinché ogni alunno possa apprendere nella maniera ottimale, non deve sentire minacciato lo schema di sé dall’alta competenza dell’insegnante. È compito, quindi, di chi insegna far sentire il discente portatore di una ricchezza culturale, derivante dai precedenti apprendimenti, dai processi biografici e dalle esperienze di vita.

Keywords: psicologia sociale, insegnamento, apprendimento, psicologia dell’educazione

La dinamica insegnamento – apprendimento

Nell’ambito della dinamica insegnamento – apprendimento esistono una serie di variabili psico-sociali che possono influenzare entrambi i processi, come sottolineato da Monteil e Huguet (2002), citati in Carugati (2011, pag. 44).

Importante a questo riguardo è lo schema di sé che ciascun alunno costruisce nel corso della propria storia sociale. Tale percezione è alimentata anche dalle esperienze scolastiche che il bambino compie nell’ambito della sua scolarizzazione (Carugati, op. cit., pag. 44). Paradigmatico, in questo campo, è il confronto sociale che il minore effettua, paragonando se stesso agli altri scolari della classe che frequenta (Carugati, op. cit., pag. 47).

La valutazione

Un posto di rilievo nella vita quotidiana dei contesti scolastici lo occupa la valutazione che ogni scolaro riceve per le sue prestazioni. Questo giudizio è una variabile sociale che concorre alla costruzione dello schema di sé. In altri termini, il voto che ciascun alunno riceve assume significato non in rapporto al suo valore assoluto, ma in funzione di un relativismo sociale endemico alla classe. In pratica, avere la sufficienza in un ambiente dove tutti gli altri sono stati valutati con giudizi ottimi ha un significato sociale particolare per il soggetto, che trascende la votazione in sé.

L’autovalutazione

Il confronto sociale è alla base di un processo caratteristico di ogni persona che è l’autovalutazione, come messo in evidenza da Festinger (1954) a partire dalla metà del secolo scorso. Secondo lo psicologo sociale, citato in Carugati (op. cit., pag. 50), l’autovalutazione è un bisogno fondamentale dell’essere umano che ha la finalità di agevolare l’adattamento all’ambiente, dirigendo le azioni dell’individuo. Il confronto sociale, alla base dell’autovalutazione, avviene con persone che si sentono vicine a sé per estrazione sociale, storia personale, ma che raggiungono delle prestazioni migliori. Una ricerca fatta agli inizi del ventunesimo secolo (Huguet, Dumas, Monteil e Genestoux, 2001) in una scuola media francese dimostra che gli alunni tendono a confrontarsi …con compagni dello stesso livello sociale, ma con dei voti leggermente superiori ai propri… (Carugati, op. cit., pag. 51).

L’influenza sociale dell’insegnante

Nell’ambito delle dinamiche sociali, che si creano negli ambienti scolastici, il binomio insegnamento – apprendimento è anche frutto dell’influenza sociale che l’insegnante (fonte d’influenza) esercita sull’alunno (bersaglio) (Carugati, op. cit., pag. 52).

Affinché tale processo sia il più proficuo possibile, il bersaglio non deve sentire minacciato lo schema di sé e questo avviene nella misura in cui percepisce come non pericolosa per la sua autostima l’alta competenza della fonte d’influenza. Infatti, come sostiene Carugati ( op. cit., pag. 53)

una minaccia per il sé del bersaglio fa sì che il suo funzionamento cognitivo sia focalizzato sul confronto sociale, lasciando poche risorse socio-cognitive per la comprensione e l’elaborazione del compito…In altre parole, se due partner non riescono a riconoscere la reciproca complementarietà e si focalizzano sulla minaccia che per ciascuno rappresenta la competenza dell’altro, producono un rendimento cognitivo inferiore al potenziale di ciascuno, malgrado la loro competenza individuale…

L’alunno come portatore di una ricchezza individuale

Alla luce di queste considerazioni, il docente deve far sentire l’alunno portatore di una sua competenza individuale, frutto dei suoi apprendimenti, dei processi biografici e delle esperienze di vita. In pratica, latore di una perizia che si adatta in maniera complementare a quella dell’insegnante e che insieme ad essa concorre a formare un’unità globale. Questa sintesi è frutto di un processo cooperativo che lascia ad entrambi una certa libertà d’azione, che diventa la base della cultura dell’impegno. Con il termine di impegno si intendono …le condizioni in cui la realizzazione di una condotta può essere imputata soltanto a colui che la mette in atto… (Carugati, op. cit., pag. 59).

 

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Vincenzo Amendolagine
Vincenzo Amendolagine

Medico, psicoterapeuta psicopedagogista. Insegna come Professore a contratto presso la Facoltà/Scuola di Medicina dell’Università di Bari Aldo Moro.

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